Condono edilizio: la Cassazione sul concetto di "ultimazione lavori"
di Redazione tecnica - 20/09/2024
La nozione di "ultimazione" dell'immobile, ai fini dell'applicazione della sanatoria edilizia, va tratta dalla formulazione dell'art. 31 della Legge n. 47/1985 (c.d. “Primo Condono Edilizio”), che considera tali gli edifici dei quali sia completato il rustico ed eseguita la copertura.
Questa normativa è espressamente richiamata dalla legge n. 724/1994 (c.d. “Secondo Condono Edilizio”) e va quindi applicata anche alle istanze di sanatoria che vi fanno riferimento, ovvero gli immobili ultimato al rustico entro il 31 dicembre 1993.
Secondo Condono Edilizio: il concetto di ultimazione lavori
Sulla base di questo presupposti, la Corte di Cassazione, con la sentenza del 18 settembre 2024, n. 35006, ha ritenuto inammissibile un ricorso contro il rigetto dell’istanza di revoca dell’ordine di demolizione di un edificio su due piani e per il quale il proprietario era stato condannato per il reato di cui all'art. 44, lett. c), d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), e per altre violazioni della normativa in materia di edilizia in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico.
Il ricorrente ha fatto presente che:
- l'opera era già completa di tutte le strutture portanti, compresa la copertura, alla data del 31 marzo 1992;
- il giudice dell'esecuzione ha erroneamente applicato l'art. 43 della legge n. 47/1985 considerato che l'opera non è stata ultimata entro il 31 dicembre 1993 in conseguenza del sequestro intervenuto il 31 marzo 1992, quando essa era già individuabile nella sua consistenza planovolumetrica e il successivo tamponamento costituiva mero completamento, senza alcuna modifica dei parametri già regolarmente individuati nel 1992.
Di diverso avviso gli ermellini che, nel ricostruire la “storia” dell’immobile, hanno specificato che al 30 marzo 1992 era stata accertata la abusiva realizzazione di un manufatto su due livelli, con piano quasi completamente interrato costituito da mura di pietra tufacea e solaio in cemento armato, primo piano costituito da due mura parallele in celloblok e solaio in cemento armato, senza massello di pendenza sul solaio e che solo nel 1994, dopo il dissequestro e comunque senza titolo abilitativo era stata realizzata la definitiva tamponatura dell’edificio.
Non solo: sebbene una prima domanda di condono fosse stata presentata (e ottenuta) ai sensi della legge n. 724 del 1994, i lavori non erano stati ultimati alla data del 31 dicembre 1993; la seconda domanda di condono, accolta, ai sensi della legge n. 326/2003 riguardava invece opere di sistemazione esterna estranee a quelle oggetto di sequestro e dell’ordine di demolizione.
Ultimazione lavori: bisogna avere completato rustico e copertura
Per motivare la propria decisione, la Corte ha ricordato che l'art. 39, comma 1, legge n. 724 del 1994 (c.d. Secondo Condono Edilizio) ha esteso la applicazione delle disposizioni di Cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, come ulteriormente dallo stesso art. 39, alle opere abusive ultimate entro il 31 dicembre 1993 non superiori alle volumetrie in essa indicate.
Inoltre l'art. 31, comma 2, legge n. 47 del 1985, specifica che «si intendono ultimati gli edifici nei quali sia stato eseguito il rustico e completata la copertura». Sul punto, la Corte di Cassazione ha affermato il principio secondo il quale deve essere esclusa l'ultimazione del rustico in assenza delle tamponature perimetrali, perché per costruzione al rustico va inteso l'insieme delle strutture portanti e di tamponamento di un edificio, tale da rendere individuabile il volume agli effetti dell'art. 31.
Con riferimento al c.d. Secondo Condono, la Corte ha ribadito che la nozione di "ultimazione" dell'immobile ai fini dell'applicazione della sanatoria edilizia deve essere in caso tratta dalla formulazione dell'art. 31 della l. 28 febbraio 1985 n. 47, che considera tali gli edifici i quali sia completato il rustico ed eseguita la copertura (ovvero, quanto alle opere interne , agli edifici già esistenti e a quelle non destinate alla residenza, quando esse siano state completate funzionalmente) essendo la normativa del 1985 espressamente richiamata dalla l. 23 dicembre 1994 n. 724.
Anche le tamponature dei muri rientrano perciò sicuramente nel concetto di "rustico” di cui si richiede l'ultimazione indipendentemente dal fatto che siano o debbano essere eseguite in muratura o con pannelli prefabbricati, né può trovare applicazione qualunque altra regolamentazione che modifichi il contenuto del precetto penale.
Tali principi sono stati ribaditi anche in relazione al "condono" del 2003: “in tema di condono edilizio. la nozione di ultimazione dell’opera cui fare riferimento ai fini dell'applicabilità della relativa disciplina è quella dettata dall'art. 31, comma secondo, L. 20 febbraio 1985, n. 47 cui rinvia l’art. 32, comma venticinquesimo, D.L. 30 settembre 2003, n, 269 - conv. con modd. in L. 24 novembre 2003, n, 326 sicché era necessario che entro il termine del 31 marzo 2003 fosse stato eseguito rustico e completata la copertura”.
E ancora più di recente, è stato ribadito il principio secondo il quale la realizzazione al rustico del manufatto, rilevante ai fini dell'assoggettabilità temporale dello stesso al condono, comporta il necessario completamento della copertura e il tamponamento dei muri perimetrali.
Si tratta di concetti consolidati anche nella giurisprudenza amministrativa, ritenendo che il concetto di "rustico" è necessariamente comprensivo delle tompagnature esterne che realizzino in concreto i volumi rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili: “per edificio al rustico s'intenda un'opera mancante solo delle finiture (infissi, pavimentazioni, tramezzature interne), ma necessariamente comprensiva delle tamponature esterne, che realizzano in concreto i volumi, rendendoli individuabili ed esattamente calcolabili".
Niente condono per edifici non ultimati
Nel caso di specie, a marzo 1992 il manufatto era ancora incompleto non essendo stato chiuso in tutti i suoi lati il primo piano, tamponato completamente tra maggio e giugno 1994.
Né si può richiamare l'art. 43, comma quinto, legge n. 47 del 1985 che ha inteso esclusivamente affermare la condonabilità delle opere non potute ultimare (anche) causa del sequestro penale limitando tale possibilità alle sole strutture già realizzate prima dell'intervento penale e ai lavori strettamente necessari alla funzionalità di queste ultime, non dell'opera da ultimare.
In sede di condono straordinario è consentito il completamento delle sole opere già funzionalmente definite alla data ultima del 31 dicembre 1993, fatto che si realizza quando si è in di uno stato di avanzamento del manufatto tale da consentirne potenzialmente, e salve le sole finiture, la fruizione; in altri termini, l'organismo edilizio deve aver assunto una: sua forma stabile una adeguata consistenza plano volumetrica, come per gli edifici, per i quali è richiesta la c.d. ultimazione al rustico, ossia intelaiatura, copertura e muri di tompagno.
Ed invero, continuano gli ermellini, l'art. 43, comma 5, legge n, 47 del 1985 va inteso nel senso che le "Strutture realizzate", necessitanti lavori di completamento funzionale devono consistere in manufatti che abbiano acquistata una fisionomia tale da renderne riconoscibile il disegno e la destinazione e debbano solo essere completati ai fini della loro funzionalità.
Nuovi interventi su opere abusive sono altrettanto illeciti
lnfine, in presenza di manufatti abusivi non sanati né condonati, gli ulteriori interventi, pur se riconducibili, nella loro oggettività, alle categorie della manutenzione della ristrutturazione o della costruzione di opere costituenti pertinenze urbanistiche, ripetono le caratteristiche d'illiceità dell'opera abusiva cui ineriscono strutturalmente, giacché la presentazione della domanda di condono non autorizza l’interessato a completare ad libitum e men che mai a trasformare o ampliare i manufatti oggetto della richiesta, stante la permanenza dell'illecito fino alla sanatoria.
Ne consegue che la realizzazione dei lavori di completamento di un manufatto abusivo prima della presentazione di sanatoria, determina la radicale abusività dell'intero fabbricato, non solo della parte oggetto dei nuovi lavori; ne consegue che, allorché l'opera abusiva perisca in tutto o in parte o necessiti di attività manutentive, il proprietario non acquista il diritto di ricostruirla o di ristrutturarla o manutenerla senza titolo abilitativo, giacché anche gli interventi di manutenzione ordinaria presuppongono che l'edificio sul quale si interviene sia stato costruito legittimamente.
Infine, va ribadito che l'ordine di demolizione del manufatto abusivo, previsto dall'art. 31, comma nono, del d.P.R. n. 380/2001 riguarda l'edificio nel suo complesso, comprensivo di eventuali aggiunte o modifiche successive all'esercizio dell'azione penale e/o alla condanna, atteso che l'obbligo di demolizione si configura come un dovere di “restitutio in integrum” dello stato dei luoghi e, come tale, non può non avere ad oggetto sia il manufatto abusivo originariamente contestato, sia le opere accessorie e complementari nonché le superfetazioni successive, sulle quali si riversa il carattere abusivo dell'originaria costruzione.
Peraltro, conclude la Corte, nel caso di specie la condanna è espressamente intervenuta per la realizzazione lavori di completamento dell'unico manufatto riconducibile ad un unico centro di interesse, con conseguente unicità materiale della condotta e della natura abusiva del manufatto stesso nella sua interezza.
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