Condono edilizio: il Consiglio di Stato sul vincolo di inedificabilità
di Redazione tecnica - 24/04/2024
Le opere abusive realizzate in aree sottoposte a vincoli paesaggistici nelle quali sussista il divieto di edificabilità, imposto prima della consecuzione degli illeciti, non sono mai suscettibili di condono edilizio.
Lo stabilisce espressamente la stessa normativa che disciplina la concessione della sanatoria, che dispone l’assoluta incompatibilità del condono in riferimento a tutti gli abusi che insistono all’interno delle zone tutelate ai sensi del d.Lgs. 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio), come le aree costiere entro 300 metri dal mare.
Abusi in aree vincolate: quando non sono condonabili?
A ribadire nuovamente il concetto è il Consiglio di Stato con la sentenza del 4 marzo 2024, n. 2085, con cui ha rigettato il ricorso proposto per l’annullamento del diniego dell’istanza di condono - nonché dei diversi pareri negativi al rilascio espressi dagli Enti competenti statali e regionali preposti alla tutela dei vincoli - per opere di sopraelevazione ed ampliamento realizzate entro 300 metri dal mare.
Gli abusi in particolare sono consistiti nell’ampliamento planovolumetrico di un immobile ante ’67, ubicato appunto su area litoranea, sulla quale, sussiste specifico vincolo paesaggistico e l’assoluto divieto di edificabilità, in quanto appartenente alle “Aree tutelate per legge” di cui all’art. 142 del Codice dei beni culturali, che include, alla lettera a): “i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare”.
L’art. 33 della Legge n. 47/1985 (Primo Condono Edilizio) prevede espressamente che non siano suscettibili di sanatoria le opere in contrasto con i vincoli di tutela che comportano inedificabilità e che siano stati imposti prima della realizzazione degli abusi. La disposizione si riferisce in particolare a:
- vincoli imposti da leggi statali e regionali, nonché dagli strumenti urbanistici a tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, idrogeologici;
- vincoli imposti da norme statali e regionali a difesa delle coste marine, lacuali e fluviali;
- vincoli imposti a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza interna;
- ogni altro vincolo che comporti la inedificabilità delle aree.
Fascia entro 300 metri dal mare: vincolo di inedificabilità assoluto
Nel caso in esame il diniego della sanatoria è stato disposto, in particolare, per via del fatto che le opere abusive - ultimate nel 1983 - sono risultate in contrasto con quanto previsto dall’art. 51, lettera f), della L.R. Puglia n. 56/1980 (Tutela ed uso del territorio), che trova coerenza con la normativa statale di cui all’art. 142 del Codice citato nell’imporre il divieto assoluto di qualsiasi opera di edificazione entro la fascia di 300 metri dal confine del demanio marittimo.
Tale disposizione non imponeva un vincolo temporaneo oggi decaduto, come sosteneva il ricorrente, ma introduceva l’efficacia del divieto fino all’entrata in vigore dei piani paesistico-territoriali, come poi ribadito anche dalle norme transitorie di tutela di cui alla L.R. Puglia n. 30/1990, in cui si chiariva che, fino all’approvazione del relativo PUTT (Piano Urbanistico Territoriale Tematico), si vietava ogni modificazione dell’assetto del territorio, nonché qualsiasi opera edilizia, per ciò che qui concerne, nei territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dal confine del demanio marittimo o da ciglio più elevato sul mare.
In sostanza, la legge regionale del 1980 predisponeva l’avvio delle procedure relative alla pianificazione territoriale e del programma di definizione dei relativi metodi, strumenti e obiettivi, in virtù della successiva redazione del PUTT, approvato poi con Deliberazione n. 1748/2000.
Il vincolo di inedificabilità assoluta imposto allora è, pertanto, vigente a tutti gli effetti e, peraltro, conferma quanto già previsto dalle disposizioni nazionali in materia di tutela delle aree vincolate e in relazione all’impossibilità di condonare gli abusi insistenti all’interno delle stesse. Il ricorso è quindi respinto.
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