Condono edilizio: no al frazionamento anche in caso di autonomia funzionale
di Redazione tecnica - 23/01/2024
Una delle modifiche al d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) più interessanti arrivate negli ultimi anni riguarda l’inserimento all’art. 9-bis del comma 1-bis che per la prima volta ha definito lo “stato legittimo” dell’immobile o dell’unità immobiliare.
Indice degli argomenti
Edilizia e stato legittimo
Un vuoto normativo colmato con l’art. 10, comma 1, lettera d) del Decreto Legge n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni) mediante il quale il legislatore ha apportato l’ultimo grosso pacchetto di modifiche al Testo Unico Edilizia (successivamente sono arrivate altre correzioni e inserimenti più puntuali).
Con il citato comma 1-bis, adesso è chiaro che per la verifica di conformità edilizia e urbanistica, ovvero per definire lo stato legittimo dell’immobile o dell’unità immobiliare occorre verificare la corrispondenza dello stato dei fatti (mediante attento sopralluogo) e l’ultimo stato di progetto desumibile prendendo:
- il titolo abilitativo che ha previsto la costruzione o che ne ha legittimato la stessa;
- i titoli che hanno disciplinato l’ultimo intervento edilizio che ha interessato l’intero immobile o unità immobiliare, integrati con gli eventuali titoli successivi che hanno abilitato interventi parziali.
Nella verifica dello stato legittimo va, quindi, preso in considerazione anche (ovviamente) l’eventuale titolo edilizio rilasciato in sanatoria ai sensi della normativa ordinaria o delle tre leggi speciali arrivate negli ultimi quasi 40 anni, che hanno disciplinato il “condono edilizio”, ovvero:
- la Legge 28 febbraio 1985, n. 47 (primo condono edilizio);
- le successive Leggi n. 724/1994 e n. 326/2003 (secondo e terzo condono edilizio), che hanno riaperto i termini per la sanatoria straordinaria fissando alcuni limiti applicativi.
Il secondo e terzo condono edilizio
Mentre il primo condono edilizio ha concesso la sanatoria di eventuali abusi senza particolari restrizioni, con i due successivi sono stati imposti alcuni limiti quantitativi che, come spesso accade quando si parla di edilizia, hanno messo al lavoro soprattutto i tribunali che hanno dovuto smussare qualche spigolo e definire dei principi che col tempo si sono ormai consolidati.
Tra questi, certamente, quello relativo ai limiti volumetrici imposti prima con l’art. 39, comma 1 della Legge n. 724/1994 e poi ribaditi nell’art. 32, comma 25 del Decreto-Legge 30 settembre 2003, n. 269 (convertito in Legge n. 326/2003).
Mentre l’art. 31 (Sanatoria delle opere abusive), comma 1, della Legge n. 47/1985 prevedeva solo:
“Possono, su loro richiesta, conseguire la concessione o la
autorizzazione in sanatoria i proprietari di costruzioni e di altre
opere che risultino essere state ultimate entro la data del 1°
ottobre 1983 ed eseguite:
a) senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a
costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in
difformità dalle stesse;
b) in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione
annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui
confronti sia in corso procedimento di annullamento o di
declaratoria di decadenza in sede giudiziaria o
amministrativa”.
Nei due commi citati della Legge n. 724/1994 e del Decreto Legge n. 269/2003 veniva disposto:
Art. 39, comma 1, Legge n. 724/1994 |
Art. 32, comma 25, Decreto-Legge n. 269/2003 |
1. Le disposizioni di cui ai capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47, e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dal presente articolo, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni non superiori ai 750 metri cubi per singola richiesta di concessione edilizia in sanatoria. I termini contenuti nelle disposizioni richiamate al presente comma e decorrenti dalla data di entrata in vigore della legge 28 febbraio 1985, n. 47, o delle leggi di successiva modificazione o integrazione, sono da intendersi come riferiti alla data di entrata in vigore del presente articolo. I predetti limiti di cubatura non trovano applicazione nel caso di annullamento della concessione edilizia. La sanatoria degli abusi edilizi posti in essere da soggetti indagati per il reato di cui all'articolo 416-bis del codice penale o per i reati di riciclaggio di denaro, o da terzi per loro conto, è sospesa fino all'esito del procedimento penale ed è esclusa in caso di condanna definitiva. |
Le disposizioni di cui ai Capi IV e V della legge 28 febbraio 1985, n. 47 e successive modificazioni e integrazioni, come ulteriormente modificate dall'articolo 39 della legge 23 dicembre 1994, n. 724 e successive modificazioni e integrazioni, nonché dalla presente normativa, si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 marzo 2003 e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria o, in alternativa, un ampliamento superiore a 750 metri cubi. Le suddette disposizioni trovano altresì applicazione alle opere abusive realizzate nel termine di cui sopra relative a nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 metri cubi per singola richiesta di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi complessivamente i 3.000 metri cubi. |
Condono edilizio e limiti volumetrici
Sui limiti volumetrici imposti con i due successivi condoni edilizi sono intervenute pronunce da parte di Tribunali di ogni ordine e grado, tra cui ricordiamo la recentissima sentenza del Consiglio di Stato 22 gennaio 2024, n. 691 che ci consente di ribadire alcuni concetti relativi in particolare all’applicazione e ai vincoli della Legge n. 724/1994.
Nel caso di specie viene appellata una sentenza del TAR che aveva respinto il ricorso avverso il provvedimento dirigenziale di rigetto dell’istanza di condono edilizio ai sensi dell’art. 39, della Legge. 724/1994.
All’esito del giudizio di prime cure il Tar, tra le altre cose, aveva respinto il ricorso ritenendo:
- che erano state contemporaneamente presentate distinte istanze di condono edilizio per interventi realizzati sullo stesso stabile, comportanti un incremento complessivo pari a 1.468,80 metri cubi; in materia di condono edilizio disciplinato dalla legge n. 724 del 1994, ai fini dell’individuazione dei limiti stabiliti per l’assentibilità della sanatoria, ogni edificio va inteso quale complesso unitario che fa capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che, onde evitare l’elusione del limite di 750 metri cubi posto dal legislatore, le singole istanze presentate in relazione alle diverse parti che compongono tale edificio devono riferirsi ad una concessione in sanatoria unica;
- che non è condivisibile la tesi secondo cui il limite di 750 metri cubi varrebbe solamente per le nuove costruzioni, non potendo trovare applicazione nel caso di ampliamento di edifici preesistenti in quanto la ratio della norma è quella di consentire solamente la sanabilità degli abusi edilizi di modesta entità, sicché non vi è ragione per distinguere tra le due ipotesi;
- che non è stata dimostrata la pretesa autonomia degli abusi oggetto delle istanze di condono che il Comune ha correttamente trattato in modo unitario, siccome presentate dalla Società che, all’epoca, era l’unica proprietaria dell’immobile e concernenti, in concreto, la realizzazione di nuovi vani abitabili mediante copertura di porticati e terrazzi;
- che sull’istanza di condono edilizio non si era formato il silenzio assenso per decorso del termine di 24 mesi previsto dall’art. 39, comma 4, della legge n. 724/1994, in quanto, ai fini della formazione del silenzio assenso sull’istanza di condono edilizio, non è sufficiente che sia avvenuto il pagamento dell’oblazione dovuta, ma è anche necessario che si sia provveduto al deposito di tutta la documentazione prevista, non potendo altrimenti determinarsi l’effetto sanante per il decorso del termine.
Il Consiglio di Stato sul limite volumetrico
I giudici di secondo grado, ribadendo un principio consolidato, ha ricordato che la normativa in questione va intesa nel senso che, laddove l’abuso riguardi un fabbricato suddiviso in più unità immobiliari, ancorché dotate di autonomia funzionale, il limite volumetrico va riferito all’edificio nel suo complesso e non alle singole unità immobiliari di cui il medesimo si compone, costituendo la previsione di una cubatura massima (pari a 750 mc) un limite assoluto e inderogabile che risulterebbe, in caso contrario, facilmente aggirabile.
Nel caso di specie erano state presentate diverse istanze di condono relative alle singole unità immobiliari di un unico edificio riconducibile ad un unico proprietario. Proprio per questo motivo, secondo il Consiglio di Stato non può non valere il principio secondo cui “l'opera edilizia abusiva va [da] identificata con riferimento all'unitarietà dell'edificio realizzato (o del complesso immobiliare) ove sia stato compiuto dal costruttore in esecuzione di un disegno unitario".
Secondo la legge 23 dicembre 1994, n. 724, ai fini della individuazione dei limiti stabiliti per la concedibilità della sanatoria, “ogni edificio va inteso quale complesso unitario che faccia capo ad unico soggetto legittimato alla proposizione della domanda di condono, con la conseguenza che le eventuali singole istanze presentate in relazione alle singole unità che compongono tale edificio devono riferirsi ad una unica concessione in sanatoria, onde evitare la elusione del limite di 750 mc. attraverso la considerazione delle singole parti in luogo dell'intero complesso”.
L’intervento della Corte Costituzionale
L’argomento è stato oggetto di intervento della Corte Costituzionale che con la sentenza 23 luglio 1996, n. 302 ha ribadito che “uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite di volumetria previsto dall'art.39, comma 1, L. n.724 del 1994, dovendosi, in tal caso, necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima nuova costruzione da considerarsi in senso unitario. Ai sensi della previsione mirata dal legislatore potranno aversi una serie di istanze quanti sono i proprietari o i soggetti aventi titolo al momento della domanda, relative per ciascun richiedente alle porzioni di appartenenza anche se comprese in una unica costruzione unitaria: la volumetria dovrà essere calcolata rispetto a ciascuna separata domanda di sanatoria, riunificando, tuttavia, le porzioni dello stesso titolare”.
Contrariamente alla tesi degli appellanti, il Consiglio di Stato ha ribadito che ai fini della decisione non ha alcun rilievo la circostanza che le singole unità immobiliari siano state acquistate, in un momento successivo, dagli odierni appellanti e da altri soggetti in buona fede in quanto la soglia massima dei 750 mc prevista dall’art. 39, comma 1, della L. n. 724/1994, ai fini della sanabilità degli abusi ivi contemplati, costituisce un limite insuperabile di natura oggettiva riguardante il bene, per cui risulta del tutto irrilevante sia la divaricazione soggettiva tra colui che chiede il condono (o gli subentra) e l’autore dell’illecito, sia lo stato di buona fede e di affidamento di chi ambisce a ottenere la sanatoria.
Silenzio assenso
Altro aspetto riguarda il silenzio dell’amministrazione sull’istanza di condono edilizio. Anche in questo caso, benché il Comune abbia omesso per 20 anni di adottare un provvedimento definitivo sulle istanze, non può ritenersi che l'istanza di condono sia stata accolta per silentium.
Il termine di 24 mesi, decorso il quale si forma il silenzio assenso su una domanda di condono edilizio, previsto dall'art. 39, comma 4, della Legge n. 724/1994, presuppone che la domanda stessa sia completa di tutta la documentazione necessaria a valutarla. La fattispecie del "silenzio assenso" non si perfeziona per il mero decorso del tempo, ove non sia accompagnato dalla completezza della documentazione allegata all'istanza, e comunque ove difetti uno dei presupposti tipici della fattispecie, costituito nel caso specifico non solo dal rispetto del limite volumetrico ma anche dal rispetto del termine di ultimazione dei lavori e dalla veridicità di quanto dichiarato al riguardo.
In tema di condono edilizio, stante quanto previsto dall'art. 35 della Legge n. 47/1985, deve rilevarsi come solo nel caso in cui la domanda di sanatoria edilizia presentata sia connotata dai requisiti soggettivi e oggettivi per essere accolta, può applicarsi la disciplina del silenzio-assenso.
In definitiva il ricorso è stato respinto e la decisione del TAR oltre che del provvedimento comunale confermati.
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