Condono edilizio: no al silenzio assenso senza la documentazione completa

di Redazione tecnica - 18/03/2024

Non può formarsi il silenzio assenso in relazione ad una domanda di condono di opere abusive per la quale il procedimento sia stato sospeso, né tanto meno è ammissibile il ricorso senza che sia stato impugnato l’atto che ne ha determinato la sospensione.

Non solo: il condono non potrebbe comunque essere concesso in assenza di autorizzazione paesaggistica per la realizzazione di nuovi locali dotati di autonomia funzionale, all’interno di un’area sottoposta a vincoli.

Condono edilizio in area vincolata: impossibile senza autorizzazione paesaggistica 

A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 21 febbraio 2024,  n. 1733, che ha stabilito l’inammissibilità dei ricorsi presentati dal titolare di un immobile oggetto di opere abusive, per le quali era stata presentata domanda di condono ai sensi della legge n. 724/1994.

In particolare, il ricorso non è risultato ammissibile per la mancata impugnazione dell’atto della Soprintendenza a causa del quale il Comune non aveva potuto definire il procedimento di condono, impedendo la formazione del silenzio assenso. Con tale atto, una nota con cui si specificava la necessità di un’istruttoria aggiuntiva per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, era stato sospeso il procedimento di condono. L’impugnazione in questo caso sarebbe stata indispensabile per consentire il riavvio delle procedure.

Non solo: i giudici anche hanno specificato che affinché l’impugnazione di un atto plurimotivato possa essere valida, è necessario che vengano contestate tutte le motivazioni dedotte, in quanto la mancata impugnazione anche di una sola di queste è sufficiente a sorreggere la validità dell’atto.

Realizzazione opere non pertinenziali: ci vuole il permesso di costruire

Nel dettaglio, non sono state contestate dal proprietario le ulteriori motivazioni per le quali le opere realizzate sono state dichiarate abusive e sottoposte ad ordinanza di demolizione, tra cui:

  • la realizzazione di tettoie senza il permesso di costruire in area sottoposta a vincoli paesaggistici;
  • la mancata corrispondenza tra lo stato attuale dell’immobile e quello rappresentato nella domanda di condono;
  • l’assenza di autorizzazione paesaggistica e di documentazioni utili a definire la pratica in senso positivo.

Secondo il ricorrente, si sarebbe trattato di opere pertinenziali, quindi seguibili senza permesso di costruire. Di diverso avviso il Consiglio di Stato, secondo cui in materia edilizia possono essere considerate :

  • pertinenziali esclusivamente le opere di modesta entità, che risultino del tutto accessorie rispetto all’immobile principale;
  • non pertinenziali invece le opere che, dal punto di vista delle dimensioni e della funzione, godano di una propria autonomia, e quindi non siano coessenziali al fabbricato principale.

Nel caso in esame, le opere comprendevano la realizzazione di tettoie e verande in legno chiuse ai lati, di una baracca con copertura in legno e di una piscina di 7x4 metri.

Si tratta di interventi che necessitano del permesso di costruire e che, essendo conseguiti in area vincolata, avrebbero richiesto anche l’autorizzazione paesaggistica, non potendo in ogni caso risultare come opere pertinenziali all’immobile principale perché dotate di autonomia funzionale, e risultando peraltro del tutto irrilevante il fatto che il fabbricato principale fosse ante ’67.

Abusi edilizi: anche se sanabili va presentata apposita istanza

Non è rilevante neanche la tesi secondo cui l’intervento repressivo dell’Amministrazione sarebbe stato conseguito, comunque, su opere sanabili; difatti risulta sempre necessario presentare un’istanza, perché l’astratta sanabilità dell’opera non è una ragione valida che possa annullare l’intervento, e comunque il Comune non è tenuto a verificare l’eventuale sanabilità dell’abuso.

Infine, Palazzo Spada ha ribadito che l’ordinanza di demolizione è un atto dovuto e vincolato, che non necessita di essere motivato, in quanto risulta già sufficiente la finalità di ripristino della legalità violata.

Ne consegue che l’ordine demolitorio si considera valido anche a prescindere dalle ipotesi in cui:

  • siano trascorsi molti anni dalla realizzazione dell’abuso all’emissione dell’ordinanza;
  • il titolare attuale non sia lo stesso soggetto che ha realizzato le opere abusive;
  • il trasferimento non denoti intenti elusivi dell’onere di ripristino.

 



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