Correttivo Codice Appalti: occorre una seria indagine conoscitiva sui RUP

di Daniele Ricciardi - 28/08/2024

Dopo le dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, con l'apertura di un tavolo tecnico, la presa di posizione dell'Autorità Nazionale Anticorruzione e le audizioni alla Camera sulle risoluzioni presentate in Commissione, si è definitivamente aperta la stagione del decreto correttivo al Codice dei contratti pubblici.

È curioso notare come il nostro Paese abbia un codice civile che regge il sistema da oltre ottant'anni, ma un Codice degli appalti che richiede necessariamente un "tagliando" a meno di un anno dalla sua piena applicazione. Una revisione prevista direttamente dalla legge delega, secondo la quale entro due anni dalla data di entrata in vigore del Codice, il Governo può apportare le correzioni e le integrazioni che l'applicazione pratica renda necessarie o opportune, con la stessa procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi della delega. Il decreto correttivo può essere un intervento decisivo, come accadde nel 2017, quando furono apportate modifiche a 121 dei 220 articoli del decreto legislativo n. 50 del 2016, arrivando persino a sostituire il titolo dell’atto legislativo, che originariamente si riferiva alla necessità di attuare le direttive comunitarie.

L’analisi e la valutazione d’impatto della regolamentazione

Anche se talvolta, specialmente in sede di emendamenti, le modifiche sono dettate prevalentemente dalle buone intenzioni di alcuni parlamentari a sostegno di interessi diffusi o particolari, le revisioni alla normativa dovrebbero avvenire sulla base di un'analisi e una valutazione dell’impatto.

La disciplina è dettata dall’articolo 14 della Legge 28 novembre 2005, n. 246 "Semplificazione e riassetto normativo per l’anno 2005" e dal DPCM 15 settembre 2017, n. 169 "Regolamento recante disciplina sull’analisi dell’impatto della regolamentazione, la verifica dell’impatto della regolamentazione e la consultazione". In sintesi, le norme hanno uno scopo ben preciso e se non lo raggiungono, perdono la loro essenza.

Per fare un esempio sul tema, consideriamo le direttive europee in materia di appalti. Lo scopo, dichiarato da sempre, è il mercato unico, la concorrenza, con l’obiettivo di realizzare appalti transfrontalieri che consentano agli operatori di aggiudicarsi appalti affidati da stazioni appaltanti di altri Paesi membri dell'Unione.

Esiste una valutazione d’impatto che dimostri che le direttive abbiano raggiunto questo scopo? L’esperienza sul campo suggerirebbe che le norme europee sono superflue, dato che l’appalto transfrontaliero è un fenomeno molto residuale. Eppure, il dibattito sul correttivo al Codice arriva proprio nel decennale dall’approvazione del pacchetto unitario di direttive e, probabilmente, in un contesto di confronto aperto a livello europeo sull’aggiornamento comunitario. È davvero il caso di un “correttivo” di portata nazionale?

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