Demolizione abusi edilizi: interviene la Corte di Cassazione
di Redazione tecnica - 04/01/2023
Tra i temi (apparentemente) più complicati quando si parla di normativa edilizia vi è la demolizione degli abusi sul quale occorre contemplare tanti vincoli legati alle copiose modifiche normative e alla presenza di diverse norme speciali intervenute nel corso degli anni.
Demolizione abusi edilizi: nuova sentenza della Cassazione
Su alcuni punti, però, la giurisprudenza ha evidenziato alcuni orientamenti pacifici sui quali torna la sentenza della Corte di Cassazione n. 49499 del 29 dicembre 2022 che ci consente di consolidare alcuni concetti legati alla possibilità di ottenere la sanatoria di un abuso a seguito di istanza presentata solo dopo l'ordine di demolizione.
Nel caso di specie viene presentata dinanzi alla Cassazione istanza di revoca di un ordine di demolizione lamentando:
- il travisamento dei fatti del giudice dell'esecuzione che non avrebbe considerato la sospensiva dell'ordinanza per l'acquisizione delle opere realizzate in parziale difformità;
- l'errata valutazione in ordine ad una avvenuta sentenza del TAR che avrebbe annullato il provvedimento di acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'immobile e dell'area di sedime emessi dal Comune di Caserta;
- la violazione di legge e la carenza di motivazione in relazione all'obbligo di valutazione della proporzionalità della sanzione, considerato che il ricorrente verserebbe in gravi condizioni di salute e socio-economiche e che l'immobile oggetto dell'ordine di demolizione costituisce casa familiare ed unico immobile in sua proprietà.
Annullamento dell'ordine di demolizione
La nuova sentenza della Cassazione ha ricordato un principio chiave a mente del quale l'ordine di demolizione delle opere abusive emesso con la sentenza penale passata in giudicato può essere revocato esclusivamente se risulta assolutamente incompatibile con atti amministrativi o giurisdizionali resi dalla autorità competente, e che abbiano conferito all'immobile altra destinazione o abbiano provveduto alla sua sanatoria.
Il Giudice dell'esecuzione ha il potere-dovere di verificare la legittimità dell'atto concessorio sotto il duplice profilo della sussistenza dei presupposti per la sua emanazione e dei requisiti di forma e di sostanza richiesti dalla legge per il corretto esercizio del potere di rilascio.
Nel caso di specie, il Giudice dell'esecuzione avrebbe correttamente disatteso le doglianze difensive, ritenendo illegittimo il permesso di costruire in sanatoria, in quanto rilasciato in favore di un soggetto che, già all'epoca dell'istanza, era privo di legittimazione, essendo ampiamente decorso il termine perentorio di novanta giorni dalla notifica all'interessata dell'ordine di demolizione comunale.
Entrando nel dettaglio, il Giudice dell'esecuzione dava atto che una prima ingiunzione di demolizione veniva emessa dal Comune il 13.12.1994 (notificata in data 10.02.1995) ed una seconda ingiunzione in data 17.5.1996 (notificata in data 10/07/1996), entrambe in epoca antecedente all'inoltro da parte dell'istante della istanza di accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.
Una volta decorso il termine di 90 giorni previsto dall'art. 31, comma 3 del d.P.R. n. 380/2001, si determinava l'effetto disposto dal successivo comma 4, ovverosia l'acquisizione del bene, così come della relativa area di sedime, al patrimonio dell'ente locale con la conseguenza che deve, da allora, doveva ritenersi venuto meno ogni potere di disposizione, nonché ogni diritto reale sull'immobile in capo al ricorrente.
L'acquisizione del bene al patrimonio comunale
L'ingiustificata inottemperanza all'ordine di demolizione dell'opera abusiva ed alla rimessione in pristino dello stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notifica dell'ingiunzione a demolire emessa dall'Autorità amministrativa determina l'automatica acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell'opera e dell'area pertinente, che si verifica ope legis e cioè indipendentemente dalla notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza, il quale costituisce titolo necessario solo all'immissione in possesso dell'ente locale ed alla trascrizione nei registri immobiliari ai fini della necessaria pubblicità.
Un concetto ribadito da costante giurisprudenza riguarda il fatto che la notifica (art. 31, comma 4, d.P.R. n. 380/2001) costituisce soltanto titolo necessario per l'immissione in possesso e per la trascrizione nei registri immobiliari, e che l'acquisizione gratuita del bene al patrimonio comunale opera indipendentemente dalla notifica all'interessato dell'accertamento formale dell'inottemperanza.
Il diritto a richiedere l'accertamento di conformità
La legittimazione a richiedere l'accertamento di conformità ai sensi dell'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (estesa non solo al proprietario dell'immobile ma anche al responsabile dell'abuso) è più ampia rispetto a quella a richiedere il preventivo permesso di costruire ai sensi dell'art. 11 del Testo Unico Edilizia (limitata al solo proprietario). Ciò in ragione della scelta legislativa di accordare ai responsabili delle opere abusive la possibilità di utilizzare uno strumento giudiziario utile al fine di evitare le conseguenze penali dell'illecito commesso, ferma restando la salvezza dei diritti di terzi.
Tuttavia, la disposizione di cui all'art. 31 d.P.R. pone dei limiti temporali all'esercizio della predetta facoltà, che, con particolare riguardo al caso di specie, si identificano nella scadenza del termine ex art. 31 comma 3 del DPR 380/01, ossia nel momento della acquisizione dell'abuso al patrimonio comunale decorsi 90 giorni dalla notifica all'interessato dell'ordine di demolizione comunale.
Il Giudice dell'esecuzione dava, poi, atto che in ordine all'istanza condono ex art. 39 I n. 724/1994, accolta con provvedimento n 1215/97, vi era già stata precedente istanza di revoca dell'ordine di demolizione, parzialmente accolta con provvedimento, poi annullato, nella quale si evidenziava che la ricorrente aveva continuato negli anni alla realizzazione dell'opera sprovvista del titolo edilizio, completando la fabbrica a concessione scaduta, ultimandola come da verbale d'accesso della polizia giudiziaria in data 22.11.1994, e che, sulla base di tale circostanza il condono non poteva essere rilasciato, difettando le condizioni oggettive per la condonabilità delle opere abusive, che avrebbero dovuto essere ultimate entro il 31.12.1993.
La Cassazione ricorda pure che al giudice penale è preclusa la valutazione della legittimità dei provvedimenti amministrativi solo qualora sul tema sia intervenuta una sentenza irrevocabile del giudice amministrativo, ma tale preclusione non si estende, comunque, ai profili di illegittimità, fatti valere in sede penale, che non siano stati dedotti ed effettivamente decisi in quella amministrativa.
La sanatoria degli abusi edilizi idonea ad estinguere il reato di cui all'art. 44 del Testo Unico Edilizia, a precludere l'irrogazione dell'ordine di demolizione dell'opera abusiva previsto dall'art. 31, comma 9, del medesimo d.P.R. e a determinare, se eventualmente emanata successivamente al passaggio in giudicato della sentenza, la revoca di detto ordine, può essere solo quella rispondente alle condizioni espressamente indicate dall'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 stesso, che richiede anche la doppia conformità delle opere alla disciplina urbanistica vigente sia al momento della realizzazione del manufatto, sia al momento della presentazione della domanda di permesso in sanatoria.
Il principio di proporzionalità
Relativamente alla violazione dell'art 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), è decisiva la mancata produzione di documentazione afferente alle condizioni socioeconomiche e di salute del ricorrente da valutarsi ai fini del rispetto del principio di proporzionalità dell'ordine di demolizione, reiterando anche in sede di legittimazione deduzioni del tutto generiche.
In definitiva, ricorso rigettato e ordine di demolizione confermato.
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