Direttiva Green in vigore: cosa succede adesso?

di Redazione tecnica - 30/05/2024

La Direttiva (UE) 2024/1275 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024, comunemente chiamata in Italia “Direttiva Green”, è finalmente in vigore.

Se il percorso che ha portato alla redazione del testo finale è quindi ufficialmente concluso, quello degli Stati membri verso il raggiungimento degli obiettivi posti dalla Energy Performance of Buildings Directive (EPBD) è appena cominciato: adesso ci saranno due anni di tempo per il recepimento delle indicazioni e per presentare il piano strategico sulla riduzione dei consumi e delle emissioni.

Direttiva Green in vigore: le prossime tappe

Ricordiamo che la Direttiva fornisce una “cornice” di riferimento entro cui i Paesi devono muoversi, con un quadro comune generale della metodologia per il calcolo della prestazione energetica degli edifici e per la definizione dei requisiti minimi di prestazione energetica di edifici e unità immobiliari, sia di nuova costruzione che esistenti.

L’obiettivo finale è la decarbonizzazione del patrimonio edilizio entro il 2050, con delle tappe intermedie da tenere in considerazione e che riguardano sia edifici di nuova costruzione che esistenti, distinguendo anche tra quelli residenziali e quelli pubblici.

In generale, si prevedono:

  • per gli edifici residenziali, la riduzione del consumo di energia primaria del 16% entro il 2030 e del 20-22% entro il 2035; almeno il 55% della riduzione dovrà coinvolgere il 43% degli immobili con le prestazioni peggiori; dal 2030 tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere NZEB;
  • per gli edifici non residenziali, sarà necessario procedere ridurre del 16% la quota dei consumi entro il 2030 e del 26% entro il 2033; dal 2028, tutti i nuovi edifici pubblici dovranno essere a zero emissioni.

Rimangono esclusi i seguenti edifici:

  • a) edifici di proprietà delle forze armate o del governo centrale e destinati a scopi di difesa nazionale, ad eccezione degli alloggi individuali o degli edifici adibiti a uffici per le forze armate e altro personale dipendente dalle autorità preposte alla difesa nazionale;
  • b) edifici adibiti a luoghi di culto e allo svolgimento di attività religiose;
  • c) fabbricati temporanei con un tempo di utilizzo non superiore a due anni, siti industriali, officine ed edifici agricoli non residenziali a basso fabbisogno energetico, nonché edifici agricoli non residenziali usati in un settore disciplinato da un accordo nazionale settoriale sulla prestazione energetica;
  • d) edifici residenziali che sono usati o sono destinati ad essere usati meno di quattro mesi all’anno o, in alternativa, per un periodo limitato dell’anno e con un consumo energetico previsto inferiore al 25 % del consumo che risulterebbe dall’uso durante l’intero anno;
  • e) fabbricati indipendenti con una superficie utile coperta totale inferiore a 50 mq.

Pannelli fotovoltaici e caldaie a gas

Tappe serrate anche per l’installazione dei pannelli solari. Nel dettaglio dovranno essere dotati di un impianto solare:

  • entro il 31 dicembre 2026, gli edifici pubblici e quelli non residenziali con superficie coperta utile superiore a 250 mq,
  • entro il 31 dicembre 2027 gli edifici pubblici, con superficie coperta utile oltre i 2.000 mq e gli edifici non residenziali con superficie coperta superiore a 500 mq e soggetti a ristrutturazione importante;
  • entro il 31 dicembre 2030 tutti gli edifici pubblici esistenti, con superficie utile superiore a 250 mq;
  • dal 1 gennaio 2029 tutti i nuovi edifici residenziali e i nuovi parcheggi coperti.

Prima novità “pratica”: stop dal 1 gennaio 2025 a qualunque incentivo sulle caldaie alimentate con combustibili fossili, la cui commercializzazione sarà vietata dal 2040.

Il piano di azione e gli incentivi fiscali

Intanto è ora di mettersi al lavoro: entro il 31 dicembre 2025 gli Stati membri dovranno presentare la prima proposta del piano di ristrutturazione e delle linee strategiche da seguire. Ed è qui che si apre un’importante partita a livello interno, considerato che, secondo diverse analisi in Italia la riqualificazione energetica potrebbe riguardare circa 12 milioni di edifici con un investimento stimato tra gli 800 e i 1.100 miliardi di euro.

Cifre che difficilmente potranno essere pagate per intero dalle famiglie senza un supporto dello Stato, motivo per cui sarà necessario (ri)pensare a un sistema di incentivi fiscali sostenibile da entrambe le parti, strutturato e con un orizzonte a medio-lungo termine. La sfida è appena cominciata.



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