Distanze tra fabbricati: la Cassazione interviene sui limiti
di Redazione tecnica - 25/11/2024
Le normative in materia di distanze tra fabbricati e di distanze dal confine sono finalizzate non solo ad evitare la formazione di intercapedini nocive tra edifici frontistanti, ma anche a tutelare l’assetto urbanistico della zona e la densità edificatoria in relazione all’ambiente.
In conseguenza di ciò, ai fini del rispetto di tali normative, quello che rileva è la distanza in sé, a prescindere dal fatto che i fabbricati si fronteggino o dell’eventuale esistenza di un dislivello tra i fondi in cui si trovano.
Distanze tra fabbricati: limiti vanno osservati in modo assoluto
A spiegarlo è la Corte di Cassazione con la sentenza del 6 agosto 2024, n. 21991, che ha accolto il ricorso per l’annullamento dell’ordine demolitorio e della condanna al risarcimento dei danni a favore della proprietaria dell’immobile limitrofo, in quanto la sentenza è risultata viziata da motivazione apparente, tenuto conto della relazione del CTU secondo cui sarebbe da escludere che i danni presenti sull’immobile limitrofo fossero imputabili ai lavori condotti dalla ricorrente.
Gli ermellini hanno ribadito che i limiti di distanza tra fabbricati disposti dall’art. 9 del DM del 2 aprile 1968 devono essere osservati in modo assoluto, a prescindere dall’altezza dei fabbricati antistanti e dall’andamento parallelo delle pareti, purché sussista anche solo un segmento delle pareti che, in caso di avanzamento delle facciate, possa portare le stesse ad incontrarsi.
L’art. 9 citato, nello specifico, impone il rispetto di una distanza minima pari a 10 metri tra le pareti finestrate e gli edifici antistanti, che dev’essere soddisfatta anche nel caso in cui una sola delle pareti interessate sia finestrata, e a prescindere dal fatto che tale parete sia quella del nuovo edificio o dell’edificio preesistente.
Le norme in materia di distanze tra fabbricati e dal confine, infatti, sono volte sia ad evitare la formazione di intercapedini nocive, sia a tutelare l’assetto territoriale e la densità urbanistica della zona interessata. Per questo, ai fini del rispetto di tali disposizioni, risulta irrilevante l’eventualità che le costruzioni si fronteggino o la sussistenza di un dislivello tra i fondi, in quanto l’effettiva distanza è l’unico elemento che conta.
Nel caso in questione, la Corte evidenzia che la sentenza impugnata ha disposto - senza fornire alcun tipo di spiegazione in merito - l’applicazione di due normative differenti, richiamando in parte le prescrizioni di cui all’art. 9 del DM 1968 e, in parte, le norme tecniche di attuazione del piano di fabbricazione del Comune.
In merito, si fa presente che “la normativa applicabile non può che essere una sola e l’individuazione di essa spetta al Giudice del merito in base al principio ‘iura novit curia’. I metodi di misurazione dipendono dalla normativa che viene in rilievo.”
Limiti distanze e prescrizioni in zone sismiche
Ciò posto, per il caso in esame si rileva come la Legge n. 64/1974, che imponeva il rispetto di prescrizioni particolari per le costruzioni nelle zone sismiche, disponeva però che, fino all’entrata in vigore delle relative norme tecniche ministeriali, continuavano a trovare applicazione le prescrizioni di cui alla Legge n. 1684/1962 (Provvedimenti per l’edilizia, con particolari prescrizioni per le zone sismiche).
Pur essendo stata accertata la data di inizio dei lavori in forza di un nuovo Permesso di Costruire, non è stata correttamente riportata la disciplina antisismica applicabile, essendosi i giudici limitati a riportare i pareri dei consulenti tecnici. Peraltro la stessa sentenza ha accolto la richiesta di risarcimento dei danni a favore della controricorrente, senza però tener conto della relazione disposta dal CTU, che ha escluso che le lesioni lamentate potessero addebitarsi ai lavori di costruzione effettuati.
Da qui l’insanabile vuoto motivazionale della sentenza, che, pur condividendo quanto disposto dalla relazione del CTU, è giunta però a conclusioni del tutto differenti rispetto alla stessa, senza fornire alcuna spiegazione in merito. Il ricorso è stato quindi accolto, e la sentenza cassata con rinvio a nuovo esame.
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