Edifici ad energia quasi zero ed a zero emissioni in abbinamento alle fonti rinnovabili
di Donatella Salamita - 05/06/2023
Il tema del contenimento del consumo energetico e dell’efficienza è in trattazione sin dagli anni settanta in contemporaneità alla crisi energetica, ma è negli anni duemila ad avere corso l’incipit riguardante gli edifici ad energia quasi zero, meglio noti con l’acronimo nZEB, Nearly Zero Energy Building.
La direttiva 2010/31/EU, EPBD, recepita in Italia dal decreto Legge 63/2013, convertito con modifiche dalla Legge 90/2013 e ss. mm. ed ii, introduce il concetto dell’edificio nZeb, definendolo “un edificio ad altissima prestazione energetica, il cui fabbisogno risulta molto basso o quasi nullo ed è coperto in misura significativa da energia da fonti rinnovabili prodotta in situ.”.
Nel contesto occorre differenziare due diverse tipologie di edifici, quali:
- l’edificio Net ZEB, Net Zero Energy Building, il quale utilizza 0 kWh/(m²anno) di energia primaria;
e
- l’edificio nearly ZEB nearly (Net) Zero Energy Building, con un livello energetico maggiore di 0 kWh/(m²anno) di energia primaria, fissato in base al costo ottimale delle soluzioni costruttive e tecnologiche.
A livello comunitario, con successivi recepimenti in Italia, il primo pacchetto di misure per il clima e l’energia risale all’anno 2008, preliminarmente ci fu la previsione di ridurre e/o eliminare le emissioni di gas a effetto serra aumentando l’utilizzo delle energie rinnovabili in modo da raggiungere il miglioramento dell’efficienza energetica di almeno il 20% entro l’anno 2020, obiettivo che pervenne nell’anno 2014, conseguentemente seguiva la sottoscrizione di un ulteriore accordo, di matrice comunitaria, con il quale la previsione riguardò il conseguimento della quota del 55% entro l’anno 2030.
Con gli stessi fini fu avviato il successivo step dei Paesi membri della Comunità Europea impegnati nell’impegno di mutare l’Europa in un’area a impatto climatico zero entro l’anno 2050, fu questo uno degli elementi del Green Deal Europeo, anche nell’interesse di un progetto comunitario riguardante la transizione ecologica, con totale coinvolgimento del settore edile, nel modello di agevolazione di uno sviluppo economico - sociale fondato sugli obiettivi di ottenimento:
- della neutralità climatica, per azzerare le emissioni di gas ad effetto serra;
- del ripristino della biodiversità, con l’istituzione di nove aree protette;
- dell’adattamento ai cambiamenti climatici, attraverso interventi contrastanti il dissesto idrogeologico;
- della transizione verso l’economia circolare e la bioeconomia, ovvero di una economia basata sul riutilizzo, sul riciclo e sul contrasto degli sprechi.
Obblighi italiani: realizzazione nuovi edifici ed interventi di ristrutturazione
Fu introdotto in Italia l’obbligo, da assolversi entro il mese di gennaio 2021, anticipato al 2019 per gli edifici pubblici e di uso pubblico, riguardante l’osservanza di specifici parametri, criteri e requisiti sia negli interventi di nuova costruzione, che negli interventi di ristrutturazione degli edifici esistenti, al fine di giungere ad avere un parco immobiliare composto da involucri edilizi realizzati nel pieno rispetto degli obiettivi comunitari e nazionali, più recentemente rivisti e ridefiniti nei contenuti del decreto Legislativo 48/2020, mirato, anch’esso al raggiungimento di uno sviluppo sostenibile mediante “Edifici green” provenienti da metodologie costruttive rispettose dell’ambiente.
Lo “sviluppo sostenibile” è, quindi, completamente abbinato ai fondamenti della progettazione ragionevole e bioclimatica, comprendendo anche il principio secondo il quale il comportamento invernale ed estivo di un edificio vada visto, sin dalla fase della sua ideazione, nel format il calore debba essere ricevuto il più possibile in inverno, ma frenato in estate, garanzia, questa, dell’ottimo livello di ventilazione naturale e di raffrescamento passivo interdittivi delle dispersioni termiche.
La riduzione dell’impatto energetico
I principali consumi degli edifici sono imputabili al loro utilizzo durante il proprio ciclo di vita, in particolare si tratta dell’uso degli impianti per il riscaldamento, il raffrescamento, per la produzione di acqua calda sanitaria e per la produzione dell’energia elettrica, avendo ciò notevole incidenza dal punto di vista ambientale, pertanto è la fase progettuale che impone valutare l’impatto dei materiali impiegati.
Per quanto concerne gli edifici ad energia quasi zero, nel rispetto degli obiettivi comunitari e nazionali, una delle principali tematiche attiene la riduzione dell’impatto energetico apportato nel settore edilizio, responsabile di una grossa fetta per le emissioni globali di gas serra.
Concetto documentato e dal quale emerge gli edifici costituiscano il primo settore in Italia per il consumo finale di energia, quasi il 45%, ed il secondo per quanto concerne le emissioni, gli edifici nZeb, pertanto non solo sono idonei per raggiungere la neutralità climatica entro l’anno 2050 riducendo il fabbisogno di energia e la sua decarbonizzazione, bensì facilitano la valutazione delle emissioni dal punto di vista del ciclo di vita dei materiali impiegati.
In merito si cita il supporto normativo qual è il decreto Legge 34/2020, cd. “Decreto Rilancio”, il quale ha condizionato la realizzazione degli interventi di isolamento termico nell’obbligo di utilizzare materiali isolanti in possesso dei Criteri Minimi Ambientali, C.A.M., favorendo il riciclo- riuso, di cui al Decreto Ministeriale 11/10/2017, le cui prescrizioni sono state aggiornate dal Decreto Ministeriale 23/06/2022, .
La materia è notevole considerato che l’incentivazione del riciclo, la riduzione del consumo delle risorse naturali, delle materie prime e la quantità di rifiuti da smaltire dal punto di vista normativo è, in parte, disciplinata dal Decreto Ministeriale 278/2022 “Decreto EoW per l’Edilizia” in relazione alla qualifica di “rifiuto per gli inerti da costruzione e demolizione” ovvero la trasformazione del rifiuto in altre materie prime.
Il tema delle emissioni è considerevole ed è dipendente dalla corretta individuazione dei materiali applicata al ciclo di vita di un fabbricato quale scelta che consenta la riduzione del consumo di risorse, gas climalteranti sin dalla fase di costruzione, durante l’utilizzo dell’edificio ed a fine vita, incentivato dalla realizzazione di un’altra tipologia di edifici, quelli ad emissioni zero, NZCB.
In tema di sostenibilità nel settore edile vi sono norme tecniche specifiche per la progettazione sostenibile, tra queste la EN 15804 per i prodotti edilizi e la EN 15978 per gli edifici, che impiegano i metodi denominati “Life Cycle Assessment” – LCA “Life Cycle Design” – Lcd.
Il ciclo di vita di un involucro edilizio
La ricerca improntata sulle fasi di costruzione, manutenzione ed uso dell’edificio sino alla dismissione – demolizione e trattamento di fine vita delle componenti edilizie consente di stabilire quali siano le implicazioni ambientali del settore ed i benefici dovuti a determinate tecnologie costruttive nel fine di giungere ad un processo di decarbonizzazione con l’impiego di metodi che analizzino le quantità di carbonio incorporato associato ai materiali ed al processo di costruzione.
Edificio ad energia quasi zero, Nzeb
Nella progettazione dell’involucro edilizio occorre minimizzarne i consumi di cui abbiamo accennato, la considerazione giunge chiara se tenuto conto il patrimonio edilizio italiano esistente è costruito senza l’ausilio di particolari tecniche di risparmio energetico, ad esempio il consumo per riscaldamento e acqua calda varia attualmente tra i 200 ed i 400 kWh/mq anno, con edifici nZEB si raggiunge un livello molto più basso riducendo al massimo l’impatto nel contorno circostante, posto i medesimi, per procurarsi l’energia di cui necessitano, richiedono un consumo di gran lunga inferiore stimato essere di circa 30 kWh/mq anno.
Edifici ad emissioni zero, NZCB
Trattasi degli immobili ad emissioni zero in grado di limitare al massimo le emissioni di anidride carbonica, CO2, riconducibili alla produzione dell’energia, questi edifici rispetto agli involucri edilizi nZEB nascono in anni più recenti, legando al settore edile il contributo per la transizione ecologica, ovvero ai modelli con impatto climatico zero.
L’oggetto di interesse afferisce in modo particolare il tipo di energia consumata ed il suo contatto nell’ambiente risolvibile con lo sfruttamento dell’energia rinnovabile perché prodotta in modo sostenibile e non necessariamente generata in situ.
Attengono gli edifici ad emissioni zero il raffrescamento passivo, l’isolamento termico, le soluzioni impiantistiche efficienti e lo sfruttamento delle risorse locali.
L’analisi dell’impatto sull’ambiente è effettuabile con diversi strumenti , tra questi il Life Cycle Assessment (LCA), per calcolare lo stesso durante il ciclo di vita dell’edificio, oltre che per quantificare la virtuosità dello stesso, sempre attraverso diversi protocolli e marchi di certificazione, tra cui il protocollo LEED ed il protocollo ITACA ed alcuni sistemi che attribuiscono un punteggio in modo da valutare nel complesso l’impatto ambientale del manufatto edilizio, in questo caso si considera ogni caratteristica dell’involucro, che va dall’utilizzo delle fonti rinnovabili al consumo energetico, alla tipologia dei materiali di cui si compone.
Le differenze tra un edificio NZCB e un edificio NZEB
La differenza tra edifici NZEB ed un edificio NZCB è l’unità di misura utilizzata per definire la virtuosità dell’edificio:
- per gli immobili ad energia quasi zero – NZEB si calcola la quantità di energia primaria consumata, espressa in kWh al mq annuo;
- per gli immobili a zero emissioni – NZCB si valuta l’energia consumata dall’edificio tenuto conto del suo impatto sull’ambiente, quindi, si considerano le quantità di anidride carbonica emessa per produrre energia nell’edificio, espressa in Kg al metro quadro annuo di CO2, quindi viene considerato anche e soprattutto come l’energia venga prodotta.
Caratteristiche che permettono il raggiungimento del livello ad energia quasi zero edifici nZEB
L’involucro edilizio nZEB si distingue per possedere, come accennato, un basso o nullo fabbisogno di energia raggiungibile grazie a scelte progettuali e di realizzazione oculate e tali da far mantenere al manufatto le stesse caratteristiche sia nella stagione estiva che in quella invernale attraverso basse trasmittanze ed alta inerzia termica, il che vuol dire mediante prestazioni termiche ottime che, certamente non possono essere ottenute se non con tecnologie efficienti e fonti rinnovabili.
Comportamento invernale ed estivo dell’edificio ad energia quasi zero, Nzeb
Prendiamo ad esempio l’isolamento termico di una copertura piana realizzato mediante la collocazione del cappotto termico in lana di roccia, tenuto conto la lana di roccia derivi dalla roccia trasformata in fibre ed ha capacità isolanti molto performanti i cui valori di Conducibilità termica (λ) in inverno oscillano da 0.033 e 0.042 W/mk.
Per quanto riguarda il comportamento dell’edificio nelle diverse stagioni il concetto lo abbiamo già espresso, quindi il calore deve essere trattenuto in inverno e schermato in estate, ne diviene la collocazione dell’isolamento debba essere adatta sia a contrastare la perdita di calore in inverno e sia ad ombreggiare l’involucro edilizio in estate.
Nella fase progettuale è, di conseguenza, fondamentale conoscere non la sola qualità del materiale che si stabilisce utilizzare, bensì il suo comportamento considerato si potrebbe ottenere, invece del risultato sperato, un effetto del tutto contrario.
Nel valutare le peculiarità che maggiormente influenzano il comportamento estivo del cappotto termico, in modo particolare per evitare l’effetto “greenhouse” all’interno dell’abitazione, si analizzano:
- il calore specifico: ovvero quale sia la quantità necessaria ad aumentare di 1° la temperatura di un 1kg di materiale;
- la densità: ovvero il rapporto tra la massa ed il volume del materiale posto che la massa insieme ad un alto valore di calore specifico ma con un basso valore di conducibilità termica, comporterà maggiore inerzia termica, di conseguenza più grande sarà anche la capacità di accumulare il calore per rilasciarlo in seguito.
L’edificio, quindi, in possesso di un’alta inerzia termica permette di armonizzare gli sbalzi termici interni, ritardare l’accesso del calore e garantisce il comfort estivo.
Il medesimo comfort estivo è ottenibile anche mediante lo sfasamento termico calcolato nel tempo occorrente che il maggior picco di caldo impiega per attraversare un componente dell’edificio dall’esterno verso l’esterno, ad esempio una struttura opaca. Lo sfasamento termico ottimale si deve, quindi, “svolgere” in un arco di almeno dodici ore in maniera tale da far filtrare il calore all’interno dell’abitazione nelle ore notturne e smaltirlo mediante il ricambio di aria.
Laddove la struttura opaca, muratura esterna, sia interessata dalla collocazione del cappotto termico al fine di regolamentare lo sviluppo dello sfasamento termico, incidono nettamente sia la struttura muraria, che lo spessore del pannello isolante, ed è questo elemento che, in modo assoluto, deve essere idoneo per poter assicurare l’efficienza anche in inverno.
Progettazione edificio ad energia quasi zero, Nzeb
L’edificio nZEB non può nascere se si segue una regola univoca ma va elaborato progettualmente per poterlo realizzare nel rispetto dei principi da rispettare.
Tra questi principi il primo è riferito all’involucro edilizio che dovrà garantire prestazioni termiche elevate e contribuire alla riduzione del fabbisogno energetico sia durante il periodo invernale che in quello estivo, il secondo attiene l’utilizzo delle tecnologie impiantistiche mediante le quali si produce energia da fonti rinnovabili, sfruttando le risorse naturali presenti nel contesto in cui l’edificio è integrato.
Dalle nozioni emerge il concetto espresso si concateni con la fase progettuale essendo questa ad ammettere quali possano essere le soluzioni idonee per giungere alla riduzione dei consumi, è la fase progettuale, quindi, a comprendere l’installazione delle fonti rinnovabili, posto che l’intervento di efficientamento energetico oculato consente all’edificio energivoro di essere condotto in Classe Energetica A4 o diventare NZEB. In termini molto pratici si potrebbe utilizzare il principio secondo il quale l’edificio NZEB o simile per nascere o per diventare tale tiene conto delle stagioni, come già espresso.
Accennato prima, non potranno esistere tipologie progettuali standard tali da potersi assimilare per l’utilizzo su più fabbricati, considerato che un clima molto freddo, ad esempio nelle regioni del Nord Italia, prevede un fabbricato ad energia quasi zero totalmente diverso dal medesimo se realizzato in un territorio del Sud Italia. L’edificio NZEB si basa sul bilancio energetico dell’Energia importata e dell’Energia esportata introdotto dalla Dir. 2010/31/EU denominata EPBD nella quale si apprende la definizione “quasi zero” si ottenga dal bilancio energetico dell’edificio, con l’introduzione del concetto “livello di prestazione energetica ottimale in funzione dei costi”, intendendo per “costo” quanto riguarda il livello di prestazione che comporta il costo più basso durante il ciclo di vita economico stimato.
Bilancio energetico e confini fisici del sistema
Il bilancio energetico ovvero il conto tra l’energia prodotta in situ dalle fonti rinnovabili e la medesima portata alla rete nonché l’energia che l’edificio incamera, importandola dalla fonte rinnovabile, ed utilizza per l’adeguato livello di comfort ambientale interno viene calcolato in termini di Energia primaria kWh al mq annuo attraverso la formula che utilizza:
- vettore energetico (i);
- energia generata inerente l’i-esimo vettore energetico (gi);
- energia importata relativa all’ i-esimo vettore energetico (li);
- fattore di conversione dell’energia nazionale o locale per l’energia esportata inerente l’i-esimo vettore energetico (we,i);
- fattore di conversione dell’energia nazionale o locale per l’energia esportata inerente l’i-esimo vettore energetico (wd,i);
- energia totale generata (G);
- energia totale importata (L).
Il calcolo include tutti gli utilizzi energetici presenti nel fabbricato, quali il riscaldamento, il raffrescamento, la produzione di acqua calda sanitaria, ventilazione, illuminazione, e dal risultato si ottiene l’indice di valutazione dell’effettiva influenza reciproca energetica con l’edificio in quanto permette di tenere in considerazione sia l’energia che l’edificio genera, che l’energia che l’edificio produce.
La produzione di energia dalle fonti rinnovabili: l’aria
Analizziamo la sostituzione di una caldaia con una pompa di calore ad alta efficienza, in via preliminare si valuta se, per la riduzione dei consumi, sia sufficiente sostituire solo il generatore senza invece intervenire sui termosifoni, ciò è consentito in quanto la sostituzione della caldaia non dipende dal sistema di distribuzione, in questo caso ricorrono alcuni obblighi, se, invece, surrogati entrambi, quindi l’erogazione, la distribuzione e l’emissione si rientra nel regime della ristrutturazione dell’impianto termico ed è obbligatorio verificare e i requisiti minimi di cui al D.M. 26/06/2015.
Ciò che particolarmente influisce nella scelta dipende dalla tipologia della pompa di calore da installare, che potrà essere ad azionamento elettrico, ovvero a compressione, o a gas, quindi ad assorbimento, essendo un impianto che estrae calore da una fonte esterna, aria, acqua, terreno, pertanto si deve valutare la circostanza nella quale i terminali esistenti non funzionino nei periodi più freddi in modo sostenibile con le temperature di funzionamento della pompa di calore. Il mantenimento del sistema di distruzione e di emissione del calore è sicuramente e maggiormente garantito con la pompa di calore elettrica in quanto vi è la possibilità di abbassare la temperatura di funzionamento, garantendo migliore comfort e riduzione dei consumi, visto che l’uso dei terminali a temperature minori per un maggiore tempo permette avere un clima interno uniforme oltre che il funzionamento dell’impianto con un rendimento maggiore.
Sostituire la sola caldaia con la pompa di calore ad alta efficienza richiede il circuito di quest’ultima abbia funzionamento separato rispetto al circuito del sistema di distribuzione, in modo tale da poterlo regolare secondo la necessità dell’emissione, pertanto anche la sola surroga della caldaia richiede in ogni caso l’esame dell’intero impianto.
In parecchi casi è stato riscontrato, invece, la scelta più concreta risulti la realizzazione di un impianto a sistema ibrido, con presenza contestuale sia della pompa di calore che della caldaia, quest’ultima con il compito di generare calore nel periodo durante il quale il funzionamento della pompa di calore non risulterà conveniente.
Il dimensionamento della pompa di calore tiene conto se si mantenga, o meno, il sistema di emissione esistente in quanto condizionante è la situazione esistente per la quale considerare la potenza occorrente per l’involucro edilizio, nonché del rendimento dei terminali. Influente è la potenza della caldaia esistente, mediamente compresa tra 21 e 28 Kw considerato venga impiegata anche per la produzione di ACS, ma fattivamente è maggiore rispetto alla potenza di cui necessità il riscaldamento dell’unità abitativa, pari in media ai 10 kw, lo stesso dimensionamento, al fine di ridurre i consumi, deve essere analizzato sulla base dei calcoli effettuati secondo norma UNI EN 12831 sulla resa dei terminati esistenti in ogni ambiente ed in correlazione alle temperature di andamento della pompa di calore, tenendo conto, come accennato, del suo funzionamento in modo continuato, la scelta della pompa di calore deve, quindi, essere valutata in relazione alla potenza richiesta dall’involucro edilizio tra 4, 6 e 9 Kw conseguentemente per la produzione di acqua calda sanitaria idoneo il sistema di accumulo.
Il controllo e la verifica dell’impianto esistente comporta accertarsi che nelle condizioni di progetto i terminali, nella stagione invernale, siano idonei ad assicurare la potenza termica occorrente per compensare le dispersioni termiche, occorre, a tal fine, garantire il funzionamento della pompa di calore in modo ininterrotto per 24 ore, quindi esaminare i circuiti esistenti e la loro adattabilità con un salto termico naturalmente più basso, circostanza nella quale indicato il sistema a pannelli radianti o ventilconvettori, funzionando, entrambi, a bassa temperatura.
La verifica della potenza resa dal radiatore si basa sulla analisi dei valori ΔT, ricavabili dalla scheda tecnica, tra la temperatura ambiente e la temperatura con cui si vuole utilizzare la pompa di calore.
La produzione di energia dalle fonti rinnovabili: la terra
L’utilizzo del calore captato dal terreno per il riscaldamento di un edificio esistente con una pompa di calore geotermica è impiegato con frequenza nel nord Europa, quindi in aree nelle quali il clima è rigido, funziona mediante un sistema chiuso a sonde verticali terra – acqua, in un intervento di ristrutturazione costituisce, certamente, il sistema più conveniente, in quanto necessita di poco spazio e può essere realizzato anche lateralmente all’edificio se questo lo consente. La pompa di calore che si potrà installare dovrebbe essere preferibilmente a gas, ciò in quanto nella geotermia ha migliore rendimento perché richiede una minore lunghezza delle sonde, inoltre riesce a produrre acqua calda per il riscaldamento fino ai 65°C, ed acqua calda sanitaria fino ai 70°, temperature che ben si associano agli impianti preesistenti.
Tenuto conto che, in genere, il clima italiano sia più adatto alle pompe di calore tradizionali, aerotermiche, si sta diffondendo l’installazione delle pompe geotermiche, più performanti, meno rumorose in quanto non funzionando con l’aria non necessitano di ventilatori. L’impianto non richiede alcun tipo di manutenzione lavorando staticamente, riuscendo così a raggiungere un ciclo di durata anche di venticinque anni.
Le verifiche preliminare per la realizzazione dell’impianto devono attenere le condizioni del sito, lo spazio disponibile, le normative vigenti per l’eventuale presenza di vincoli, la composizione morfologica del terreno e la risposta termica eseguita dal geologo, la definizione dei parametri di scambio termico fluido – terreno finalizzate alla valutazione delle qualità di funzionamento della pompa di calore, la cui scelta deve tenere conto sia della potenza termica che di quella frigorifera, entrambi in relazione al fabbisogno energetico dell’involucro edilizio. Da analizzare anche il dimensionamento delle sonde geotermiche per la funzione di captare il calore dal terreno per trasmetterlo all’edificio, perciò si deve stabilire la potenziale quantità di calore da acquisire in correlazione alla pompa di calore da installare, quindi si determina la lunghezza delle sonde proporzionata non alla misura del calore da somministrare all’edificio bensì alla quantità di calore da assorbire dal terreno, ne diviene il dimensionamento delle sonde debba comportare lo scambio termico risulti congruo alla differenza di temperatura tra il fluido che scorre al loro interno e la temperatura media del terreno.
Anche l’impianto geotermico può essere realizzato con un funzionamento ibrido, ovvero integrare altre fonti rinnovabili, ad esempio l’impianto solare termico e l’impianto fotovoltaico per la riduzione dei consumi, permette l’accumulo di energia rinnovabile al serbatoio dell’ACS dell’impianto solare termico, in questo caso diminuisce l’utilizzo della pompa di calore e, di conseguenza, si riducono i consumi.
Il collegamento dell’impianto con l’involucro edilizio avviene a mezzo il collettore di distribuzione, posizionato all’interno dell’edificio, o all’esterno in apposito pozzetto, questo in mandata divide ed in ritorno convoglia i vari circuiti al circuito principale collegato alla pompa di calore, il collettore ha, quindi, funzione di controllo e distribuzione del fluido, ovvero la miscela di acqua e liquido anticongelante, negli impianti geotermici a circuito chiuso, per quanto attiene il controllo dei flussi sono installate le valvole di bilanciamento sulle derivazioni del collettore con attacco diretto della tubazione della sonda geotermica regolano la portata del circuito geotermico sulla base di determinati valori ed assicurano il giusto scambio termico con il terreno al fine del migliore rendimento della pompa di calore.
La produzione di energia dalle fonti rinnovabili: il sole
Abbinare la pompa di calore e l’impianto fotovoltaico per l’apporto di energia elettrica azzera il consumo dell’impianto termico, migliora la classe energetica ed incrementa il valore dell’edificio.
L’energia prodotta dai pannelli è sfruttabile sia con lo scambio sul posto o mediante l’autoconsumo.
Secondo la definizione del GSE lo Scambio Sul Posto, SSP, è “una particolare forma di autoconsumo in sito che consente di compensare l’energia elettrica prodotta e immessa in rete in un certo momento con quella prelevata e consumata in un momento differente da quello in cui avviene la produzione”, è quindi un modo per immagazzinare l’energia prodotta, non utilizzata dove il surplus si reimmette in rete per l’utilizzo successivo nel momento in cui i pannelli non garantiscono l’energia necessaria, quindi si preleva dalla rete.
L’impianto con accumulo, invece, si caratterizza per la presenza delle batterie di accumulo elettriche che immagazzinano l’energia prodotta da destinare all’autoconsumo, in questo caso l’energia in eccesso non si cede al Gestore del Servizio Elettrico ma viene immagazzinata nelle batterie, per essere utilizzata.
Certamente tra le due tipologie la soluzione più idonea è rappresentata dall’impianto fotovoltaico dotato di accumulo.
Le verifiche tecnico – progettuali dovranno essere interessate dalla valutazione del bilanciamento tra le superfici disponibili e l’efficientamento energetico dell’involucro edilizio, dalla analisi del tipo di terminale impiegato per la distribuzione o sottrazione del calore, ad esempio se utilizzato il pavimento radiante è consigliabile la pompa di calore aria – acqua, anche nel caso in cui si volesse produrre acqua calda sanitaria, l’analisi del funzionamento congiunto tra la pompa di calore e l’impianto fotovoltaico.
Per quanto attiene il funzionamento della pompa di calore con l’integrazione dell’impianto fotovoltaico, questo tramite l’inverter o il sistema di monitoraggio comunica quando produce energia elettrica, seppure l’inverter rende la sua uscita verso la pompa di calore nel momento in cui raggiunta la potenza elettrica specifica dell’impianto.
La pompa di calore, in questi casi, potrà essere di tre tipologie, ovvero essere dotata di un protocollo di comunicazione, EEBUS, comunicante con l’impianto fotovoltaico mediante connessione ethernet, dotata di contatto, SG – Ready, comunicante con l’impianto fotovoltaico mediante connessione ethernet ed interfaccia tra SMA ed il contatto della pompa, non essere dotata di nulla ed in questo caso bisogna verificare, con il fabbricante, la possibilità di integrazione di una scheda aggiuntiva in grado di comunicare con l’impianto.
Riferimenti normativi
L’edilizia, essendo uno dei settori produttivi maggiormente responsabile dell’emissione di gas ad effetto serra, è stata negli anni soggetta a regolamentazioni che limitassero i fabbisogni energetici dei nuovi edifici, fino ad arrivare ad oggi, dove lo standard energetico per i nuovi edifici prevede che questi siano ad energia quasi zero, a livello normativo il bagaglio è corposo, e comprende:
- la Direttiva 2002/91/CE, con nuove disposizioni in materia di efficienza energetica del sistema edificio-impianto che ogni Stato membro della Comunità Europea deve introdurre a livello nazionale entro il 4 gennaio 2006;
- il Decreto Legislativo 192/2005 “Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico in edilizia”, con il recepimento in Italia vengono introdotte le nuove disposizioni europee all’interno dei regolamenti nazionali;
- il Decreto Legislativo 311/2006 “Disposizioni correttive ed integrative al D.lgs. 192/2005, recante attuazione della direttiva 2002/91/CE, relativa al rendimento energetico nell'edilizia”, modifica e integra il testo del D.lgs. 192/2005;
- la Direttiva 2010/31/UE Energy performance of buildings directive (EPBD), sulla prestazione energetica nell’edilizia, aggiorna e integra i contenuti della Direttiva 2002/91/CE, abrogata l’1 febbraio 2012, obbligando gli Stati membri della Comunità Europea ad aggiornare i propri recepimenti nazionali. Esplica il concetto di NZEB ed introduce una serie di obblighi;
- la Direttiva 2012/27/Eu, Energy Efficiency Directive, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE;
- il Decreto Legislativo 63/2013 “Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell'edilizia per la definizione delle procedure d'infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale”, viene recepita la Direttiva Europea 31/2010/UE. Il documento contiene le modifiche al D.lgs. 192/05 e la proroga degli incentivi fiscali.
- la Legge 90/2013 “Conversione, con modificazioni, del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63” ;
- il Decreto Ministeriale 26/06/2015 “Applicazione delle metodologie di calcolo delle prestazioni energetiche e definizione delle prescrizioni e dei requisiti minimi degli edifici” , definisce la metodologia di calcolo delle prestazioni energetiche e dell’utilizzo delle fonti rinnovabili in edilizia e contiene i parametri e gli indici per il calcolo delle prestazioni NZEB, con l’emanazione delle Linee Guida Nazionali mediante il D.M. 26/06/2015 sono state indicate le dieci classi con le quali classificare i diversi edifici in funzione della prestazione energetica, individuando quattro nuove classi: A1, A2, A3 e A4;
- il Decreto Ministeriale 16/02/2016 “Aggiornamento della disciplina per l’incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili”, per l’attivazione dell’incentivo “Conto Termico”;
- la Direttiva 2018/844/EU che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, ha introdotto nuovi elementi, previsto incentivi anche per la ristrutturazione di edifici pubblici e privati, purché si giunga ad elevati miglioramenti delle prestazioni energetiche;
- il Decreto Legislativo 48/2020 “Attuazione della direttiva (UE) 2018/844 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2018, che modifica la direttiva 2010/31/UE sulla prestazione energetica nell’edilizia e la direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica”, rinnova le caratteristiche definite dal D.M. 26/06/2015 e regola la materia a livello normativo, disponendo che dall’1/01/2021 tutti gli edifici, pubblici e non, debbano obbligatoriamente essere ad energia quasi zero.
Il d. Lgs 48/2020 prevede la Strategia di ristrutturazione a lungo termine del parco nazionale degli edifici residenziali e non residenziali, pubblici e privati, al fine di ottenere un parco immobiliare decarbonizzato e ad alta efficienza energetica entro il 2050, facilitando la trasformazione, sostenibile anche in termini di costi, degli edifici esistenti in edifici a energia quasi zero. La strategia di ristrutturazione a lungo termine prevede la fissazione di obiettivi indicativi periodici per il 2030, il 2040 e il 2050, ivi incluso il raggiungimento di un tasso annuale di ristrutturazione degli edifici, al fine del miglioramento della prestazione energetica, pari almeno al 3%.
L’ENEA
Nell’anno 2018 ha promosso l’Osservatorio Nazionale degli Edifici a Energia quasi Zero grazie al quale è anche possibile ottenere statistiche e informazioni in merito a tecnologie utilizzate, procedure messe in atto e standard raggiunti ed a seguito dell’emanazione del d. Lgs 48/2020 istituisce il Portale Nazionale sulla prestazione energetica degli edifici, con lo scopo di fornire informazioni sulla prestazione energetica degli edifici. Lo sportello fornisce assistenza ed informazione riguardante la prestazione energetica degli edifici, le migliori pratiche per le riqualificazioni energetiche efficaci in termini di costi, gli strumenti di promozione esistenti per migliorare la prestazione energetica degli edifici, ivi compresa la sostituzione delle caldaie a combustibile fossile con alternative più sostenibili, gli attestati di prestazione energetica.
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