Equo compenso e Codice Appalti: il CNI sul coordinamento tra le norme
di Redazione tecnica - 16/10/2024
Equo compenso e nuovo Codice dei Contratti Pubblici, ovveri due dimensioni venute alla luce a brevissima distanza l’una dall’altra - entrambe con gestazioni piuttosto lunghe e complesse - e che, nonostante la contemporaneità e la sovrapposizione di temi, faticano a dialogare.
Equo compenso: lo studio del CNI sul coordinamento con il Codice Appalto 2023
Nasce proprio con la volontà di chiarire alcuni punti sul possibile coordinamento tra i principi sanciti dalla legge n. 49/2023 e le norme del d.Lgs. n. 36/2023, la nuova analisi del Centro Studi della Fondazione del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
In particolare, lo studio affronta la tematica della cogenza della legge sull’equo compenso per le stazioni appaltanti relativamente ai servizi di ingegneria e di architettura, attraverso una puntuale analisi della giurisprudenza amministrativa più recente.
L’intento del documento è quello di fornire un contributo qualificato al dibattito in corso, evidenziando i profili di interesse per la categoria e sottoponendo a verifica critica le diverse argomentazioni contrarie alla piena e completa esplicazione del principio dell’equo compenso nel rilevante settore dei Contratti pubblici.
L'analisi delle sentenze e delle normative
Tra le pronunce più significative a cui fa riferimento, il documennto cita, gli argomenti ostativi delle sentenze n. 1494/2024 del TAR Salerno e n. 483/2024 del TAR Calabria, oltre che il comunicato del Presidente ANAC del 19/04/2024 e il parere del 30/07/2024 n. 40 della funzione consultiva dell’Autorità, contrapposti alle sentenze del TAR Bolzano n. 230 e 231/2024 e TAR Catania n. 3319/2024)
E ancora, il focus sulla ratio della Legge n. 49/2023, che mette al centro la qualità della prestazione e il decoro della professione, seguito dall’analisi sull’art. 41, comma 15 del Codice dei Contratti Pubblici, sulla sia portata e sulla sua compatibilità con l’equo compenso.
Sempre sulla disciplina del Codice, una sezione è dedicato alla presunta garanzia dell’equo compenso grazie alla verifica dell’anomalia dell’offerta che, spiega il Centro Studi, è un rimedio volto a garantire il confronto concorrenziale “nel mercato” fra operatori economici, ma non è funzionale a ristabilire una posizione di equilibrio (normativo e contrattuale) del contraente forte (la p.a.) rispetto al contraente debole (gli operatori offerenti).
Un altro tema “scottante” è quello sulla presunta applicazione dell’equo compenso ai soli contratti d’opera professionale. Sul punto, spiega il Centro Studi che “la tesi propugnata sconti un evidente errore di impostazione, la quale risiede nel ritenere che il rinvio della norma alla “sola” figura del “professionista” comporti implicitamente l’applicazione dell’equo compenso alla fattispecie del solo contratto d’opera ma non a quella dell’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura. Difatti anche che l’art. 66 del D.Lgs. n. 36/2023 consente la partecipazione alle gare per servizi di ingegneria e architettura a “professionisti singoli” che siano in possesso dei requisiti di cui all’art. 34 all. II.12 (titolo di studio ed abilitazione). Inoltre, come è noto, per servizi di ingegneria e architettura, si intendono “quelli che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via eminentemente personale, costituenti ideazione di soluzioni o elaborazione di pareri, prevalenti nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse” (Cons. Stato, sez. V, 21 febbraio 2022, n. 1234). Su queste basi è evidente che per la stazione appaltante sarà impossibile distinguere concretamente due fattispecie (appalto e contratto d’opera) che hanno identico oggetto contrattuale; resterebbe in ogni caso ingiustificato un diverso trattamento giuridico in presenza di soggetti contraenti appartenenti alle medesime categorie soggettive (professionisti/p.a.) e con identico oggetto contrattuale (erogazione di prestazioni professionali)”.
Conformità alle norme europee, invarianza finanziaria e interventi dell'autorità giudiziaria
Un richiamo interessante quello alla normativa europea: l’art. 3, comma 3 L. n. 49/2023 esclude la nullità delle clausole “che riproducono disposizioni di legge ovvero che riproducono disposizioni o attuano princìpi contenuti in convenzioni internazionali delle quali siano parti contraenti tutti gli Stati membri dell'Unione europea o l'Unione europea”.
Sul piano letterale, pertanto, è il solo contrasto con i “principi” contenuti in “convenzioni internazionali” (e non più estensivamente con i “principi europei”) ad escludere la nullità delle clausole. Ciò ovviamente non significa che i “principi europei” non debbano essere rispettati, ma che essi non sono espressamente richiamati dalla norma derogatoria.
Infine, una parte dello studio è dedicata alla questione dell’invarianza finanziaria dettata dall’art. 13 della legge n. 49/2023 dall’intervento dell’autorità giudiziaria, disciplinato dall’art. 3 comma 5 della stessa legge.
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