Fiscalizzazione abusi edilizi: il Consiglio di Stato sul permesso di costruire annullato
di Redazione tecnica - 04/02/2025
La fiscalizzazione dell’abuso edilizio, tale a seguito dell’annullamento del permesso di costruire ex art. 38 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) è fattibile solo quando si configura un vizio formale, ma non sostanziale.
Ne deriva che la falsa rappresentazione dei fatti da parte del privato, che ha generato l’annullamento in autotutela, non può che sfociare nella sanzione demolitoria, senza possibilità di ricorrere a quella pecuniaria.
Permesso di costruire annullato: quando si può ricorrere alla fiscalizzazione degli abusi?
A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 15 novembre 2024, n. 9164, con cui ha respinto l’appello contro l’ordine di demolizione relativo a un intervento di ristrutturazione con parziale sopraelevazione del fabbricato, realizzato in forza di un PdC annullato in autotutela per violazione delle distanze tra fabbricati.
In un primo giudizio, il TAR aveva parzialmente accolto il ricorso del proprietario, sul presupposto che il Comune non avesse valutato la possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria, come previsto dall’allora vigente art. 138 L. R. Toscana n. 1/2005.
Successivamente, esclusa la sussistenza della sanzione pecuniaria, il Comune ha ingiunto nuovamente la demolizione, da cui è scaturito il nuovo ricorso, respinto dal TAR, secondo cui era impossibile applicare l’eccezionale potere di sanatoria previsto dall’art. 38 del Testo Unico Edilizia, confermando che l’annullamento del titolo è stato disposto dopo avere accertato la falsa rappresentazione dello stato dei luoghi.
Sanzione pecuniaria dopo annullamento PdC: le valutazioni dell'Amministrazione
In riferimento all’assenza della violazione dell’art. 9, punti 1 e 2, d.m. n. 1444/1968 che ha dato luogo all’autoannullamento del titolo edilizio, ricorda Palazzo Spada che sul caso in esame era già intervenuto il Consiglio di Stato, chiarendo che:
- "le finestre si trovano (anche) sulla sopraelevazione realizzata dalla parte appellante, …che la distanza di 10 metri deve essere rispettata anche quando una sola delle pareti sia finestrata”, e che anche in zona A nei casi di nuova costruzione, o comunque di modifiche planivolumetriche, qual è quella in esame, deve trovare applicazione l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968;
- “l’infedele rappresentazione dello stato dei luoghi nelle tavole progettuali impedisce il sorgere del legittimo affidamento circa la bontà del titolo edilizio ottenuto”;
- “la giurisprudenza non solo amministrativa, ma anche della Corte di Cassazione, è …univoca nell’attribuire alle norme ritenute violate dal Comune un carattere cogente ed inderogabile, anche nei confronti di eventuali previsioni difformi degli strumenti urbanistici, essendo preordinate alla tutela di interessi pubblici quale quello alla salubrità e all’igiene degli abitati”.
Tenendo conto che il Comune ha effettivamente esperito una nuova ponderazione tra l’interesse pubblico alla riduzione in pristino delle opere abusive e il presunto interesse di parte ricorrente al mantenimento del fabbricato tramite la c.d. fiscalizzazione della parte abusiva, ha successivamente adottato la nuova ordinanza di demolizione, ribadendo che la distanza tra pareti finestrate imposta dall’art. 9 d.m. 1444 del 1968 va ritenuta inderogabile, stante la natura della norma d’ordine pubblico sanitario, di tutela igienico-sanitaria, al rispetto della distanza minima fra edifici fronteggianti.
Quanto alla comparazione con l’interesse del ricorrente alla conservazione della sopraelevazione, di cui alla richiesta di fiscalizzazione dell’abuso, rileva che, ex lege, la sanzione pecuniaria, a fronte d’abuso edilizio c.d. totale, ha natura eccezionale e derogatoria alla regola del ripristino.
Inoltre incombe sulla parte privata l’onere di dimostrare in maniera rigorosa l’obiettiva impossibilità di ottemperare all’ordine di demolizione senza pregiudizio delle porzioni di fabbricato conformi.
Fiscalizzazione abusi per PdC annullato: legittima solo per vizi procedurali
D’altra parte, la fiscalizzazione dell’abuso, in luogo della misura ripristinatoria, è volta a tutelare l’affidamento che il privato serbava sulla legittimità del titolo edilizio rilasciatogli, annullato ex post.
Finalità che non sussiste affatto qualora, come nel caso in esame, il titolo edilizio sia stato ottenuto mediante una falsa, infedele, erronea o inesatta rappresentazione della realtà da parte dell’interessato.
Del resto, l’art. 38 d.P.R. 380/2001, richiamato dall’art. 204 l.r. 65/2014, disciplina l’ipotesi in cui le opere siano state realizzate in presenza di un titolo edilizio successivamente annullato dall’amministrazione o in sede giurisdizionale, prevedendo la possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria ove non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure.
Vizi che, come ribadito anche dall’Adunanza Plenaria, devono essere di forma e procedura, non emendabili ai sensi dell’art. 21-nonies l. 241/1990: vale a dire che solo nel caso in cui l’opera non presenti profili di abusività dal punto di vista sostanziale, la tutela dell’affidamento del privato circa la legittimità del titolo edilizio si frappone al potere di riduzione in pristino dell’amministrazione.
Al contrario, come nel caso in esame, l’annullamento del permesso di costruire consegue all’accertamento di un vizio sostanziale, quale è la violazione delle norme sulle distanze degli edifici.
In definitiva, la presenza di un vizio inemendabile ha reso doverosa la scelta sanzionatoria adottata dal Comune, di fronte ad un permesso di costruire annullato per falsa rappresentazione dei fatti, in merito all’effettiva distanza tra pareti finestrate, integrante la violazione dell’art. 9 d.m. 1444 del 1968.
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