Fiscalizzazione abusi edilizi: quando è applicabile la sanzione alternativa alla demolizione?

di Redazione tecnica - 17/04/2024

A seguito di un ordine emesso dalla pubblica amministrazione, la demolizione e ripristino dello stato dei luoghi è l’unica alternativa prevista dal d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia)? Come spesso accade, la risposta migliore è “dipende” perché esistono casi in cui alla demolizione non c'è alternativa e altri in cui si può evitare (con diversi effetti sullo stato legittimo dell'immobile).

La tipologia di abuso edilizio e la fiscalizzazione

Dipende, innanzitutto, dalla tipologia di abuso edilizio perché il Testo Unico Edilizia prevede in 3 casi la possibilità di irrogare una sanzione alternativa alla demolizione (la c.d. fiscalizzazione dell’abuso edilizio):

  • qualora, sulla base di motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il ripristino dello stato dei luoghi non sia possibile;
  • quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità;
  • qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino.

3 possibilità previste rispettivamente in caso di interventi:

  • di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità (art. 33);
  • eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire (art. 34);
  • eseguiti in base a permesso annullato (art. 38, unico caso in cui il pagamento della sanzione produce gli stessi effetti dell'accertamento di conformità ex art. 36, d.P.R. n. 380/2001).

Sanzione alternativa: interviene la Cassazione

L’argomento è stato oggetto di un nuovo intervento della Suprema Corte di Cassazione che, con la sentenza 9 aprile 2024, n. 14645, consente di fare il punto relativamente:

  • alla sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 34, comma 2 del testo unico edilizia;
  • alla possibilità di sospendere/revocare la demolizione in presenza di una istanza di permesso di costruire in sanatoria, trattandosi, a detta del ricorrente, di un abuso di tipo “formale” e non “sostanziale”.

Quanto alla procedura di fiscalizzazione dell'illecito edilizio, gli ermellini hanno confermato l’operato del giudice dell'esecuzione che lo ha ritenuto inapplicabile al caso in esame, atteso che si versa in presenza di un caso di totale difformità e assenza di qualsiasi titolo edilizio, con conseguente inapplicabilità dell'art. 34 citato.

L'ordine demolitorio, infatti, segue alla condanna, divenuta irrevocabile, per aver eseguito, in zona dichiarata sismica (e ciò rileva ai fini della valutazione della sanabilità dell'opera), la demolizione di un preesistente immobile a due elevazioni fuori terra e la successiva realizzazione di un manufatto a tre elevazioni fuori terra, occupante l'intero lotto, ed avente struttura portante in cemento armato con tamponamenti esterni e tramezzature interne in blocchi laterizi, copertura a due falde inclinate e tegole. Tale complessivo intervento edilizio, per come emerge dal provvedimento impugnato, risulta eseguito sine titulo.

La fiscalizzazione dell’abuso edilizio di cui all’art. 34, comma 2, del d.P.R. n. 380/2001 si applica, come scritto in premessa, agli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, mediante l'applicazione di una sanzione pari al doppio del costo di produzione, stabilito in base alla legge 27 luglio 1978, n. 392, della parte dell'opera realizzata in difformità dal permesso di costruire, se ad uso residenziale, e pari al doppio del valore venale, determinato a cura della agenzia del territorio, per le opere adibite ad usi diversi da quello residenziale.

Tale istituto è da escludersi nel caso di opere realizzate in assenza di titolo edilizio. La Corte di Cassazione ha, infatti, più volte ribadito che in tema di reati edilizi, la possibilità di non eseguire la demolizione qualora possa derivarne pregiudizio per la porzione di fabbricato non abusiva, secondo la procedura di "fiscalizzazione" di cui al citato art. 34, riguarda le sole ipotesi di parziale difformità (al netto del limite di tolleranza) fra quanto oggetto del permesso a costruire e quanto invece realizzato, rimanendo invece esclusa nel caso in cui le opere eseguite siano del tutto sprovviste del necessario assenso amministrativo

Istanza di sanatoria pendente

Relativamente alla contestazione difensiva della compatibilità dell'esecuzione dell'ordine demolitorio con la pendenza del procedimento di sanatoria edilizia, secondo la consolidata giurisprudenza, in tema di reati edilizi, il giudice dell'esecuzione investito della richiesta di revoca o di sospensione dell'ordine di demolizione delle opere abusive di cui all'art. 31, del Testo Unico Edilizia, in conseguenza della presentazione di una istanza di condono o sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, è tenuto a esaminare i possibili esiti ed i tempi di conclusione del procedimento amministrativo e, in particolare:

  1. il prevedibile risultato dell'istanza e la sussistenza di eventuali cause ostative al suo accoglimento;
  2. la durata necessaria per la definizione della procedura, che può determinare la sospensione dell'esecuzione solo nel caso di un suo rapido esaurimento.

Nel caso oggetto della sentenza, il giudice dell'esecuzione ha valutato sfavorevolmente, tenuto conto dell'esito negativo dell'istruttoria, la sanabilità dell'opera ed ha, quindi, ritenuto che non fossero così "prossimi" i tempi di definizione della procedura di sanatoria, così rigettando l'istanza. Trattasi di motivazione del tutto corretta, che ci conforma, alla giurisprudenza di Cassazione in materia.



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