Il Fisco sul rimborso spese dei dipendenti in smart working
di Giorgio Vaiana - 13/05/2021
Torniamo a parlare di smart working e di rimborsi ai dipendenti che in questo periodo di pandemia sono "costretti" a lavorare da casa. Il quesito è posto da un'azienda che ha messo in "lavoro agile" il suo gruppo di dipendenti. All'Agenzia delle Entrate ha chiesto se il rimborso dato ad ogni dipendente (il 30 per cento delle loro bollette domestiche) può essere escluso dal reddito di lavoro dipendente. L'Agenzia ha prodotto la risposta n. 328/2021 che andiamo ad analizzare.
Il principio di omnicomprensività del reddito
L'articolo n.51 del Testo Unico delle imposte sui redditi specifica: "Tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d'imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro", costituiscono reddito di lavoro dipendente. "Si considerano percepiti nel periodo d'imposta anche le somme e i valori in genere, corrisposti dai datori di lavoro entro il giorno 12 del mese di gennaio del periodo d'imposta successivo a quello cui si riferiscono". Questo, spiega l'Agenzia, è il cosiddetto principio di onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante, "in base al quale sia gli emolumenti in denaro sia i valori corrispondenti ai beni, ai servizi ed alle opere offerti dal datore di lavoro ai propri dipendenti costituiscono redditi imponibili e, in quanto tali, concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente". Questo vuol dire, specificano gli uffici, che tutte le somme erogate dal datore di lavoro al lavoratore, anche a titolo di rimborso spese, costituiscono per quest'ultimo reddito di lavoro dipendente.
I casi di esclusione
Ci sono dei casi di esclusione da questa imposizione di "reddito" per quanto riguarda i rimborsi. Si tratta, per esempio, delle spese diverse per produrre reddito, di competenza del datore di lavoro, anticipate dal dipendente, come l'acquisto di beni strumentali di piccolo valore (carta di fotocopia, cartucce, pile della calcolatrice, ecc). Insomma, spiega l'Agenzia, "non concorrono alla formazione della base imponibile le somme che non costituiscono un arricchimento per il lavoratore e che non sono fiscalmente rilevanti, in capo al dipendente, le erogazioni effettuate per un esclusivo interesse del datore di lavoro".
I costi telefonici
L'Agenzia cita una sua vecchia circolare nella quale viene ribadito che le somme erogate per rimborsare i costi dei collegamenti telefonici non vengono considerate per il reddito, "essendo sostenute dal telelavoratore per raggiungere le risorse informatiche dell'azienda messe a disposizione dal datore di lavoro e quindi poter espletare l'attività lavorativa". Ma nel caso analizzato l'azienda ha scelto di rimborsare l'azienda ha deciso di rimborsare in maniera forfettaria ai propri dipendenti il 30 per cento dei costi delle fatture domestiche ai propri dipendenti in smart working (sia costi telefonici che elettrici). I rimborsi forfettari, specifica l'Agenzia, sono esclusi dalla base imponibile "solo nell'ipotesi in cui il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota che, dovendosi ritenere riferibile all'uso nell'interesse del datore di lavoro, può essere esclusa dall'imposizione del Tuir".
La quota esclusa
Per questo, dicono gli Uffici, in assenza di un criterio stabilito dal legislatore, i costi sostenuti dal dipendente nell'esclusivo interesse del datore di lavoro, "devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili, al fine di evitare che il relativo rimborso concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente". E, prosegue l'Agenzia, "le somme rimborsate dalla società istante ai propri dipendenti che svolgono la loro attività lavorativa in "smart working" sulla base di un criterio forfettario, non supportato da elementi e parametri oggettivi, non possono essere escluse, in assenza di una precisa disposizione di legge al riguardo, dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente". Per evitarlo, serve un criterio analitico che possa determinare la quota di spesa risparmiata dalla società per quanto riguarda luce e connessione telefonica, "in maniera tale da poter considerare la stessa quota di costi rimborsati a tutti i dipendenti riferibile a consumi sostenuti nell'interesse esclusivo del datore di lavoro".
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