Immobili ante '67: la prova sulla datazione dell'opera deve essere plausibile
di Redazione tecnica - 31/01/2024
Sebbene l’onere della prova sulla datazione di un immobile rimanga sempre in capo al proprietario del manufatto qualora siano stati forniti sufficienti elementi plausibili ma non sia stata raggiunta la certezza processuale, spetta all’Amministrazione fornire elementi di prova contraria, in mancanza dei quali un ordine di demolizione deve essere annullato per difetto di istruttoria.
Immobili ante '67: il TAR sulla prova della data di costruzione
Un orientamento giurisprudenziale più “morbido”, a cui il TAR Sicilia ha deciso di aderire con la sentenza del 3 gennaio 2024, n. 22, accogliendo il ricorso contro l’ordine di demolizione di alcuni manufatti costruiti prima del 1° settembre 1967, data di entrata in vigore della legge n. 765/1967, c.d. “Legge Ponte”, e quindi senza che fosse necessario alcun titolo abilitativo per la loro realizzazione.
Secondo il Comune invece gli edifici andavano demoliti in quanto costruiti in assenza di permesso, in area sottoposta a vincolo di inedificabilità assoluta e soggetta inoltre a tutela paesaggistica, a vincolo stradale ed a vincolo sismico.
Datazione immobile: onere della prova spetta al privato
Nel valutare il caso, il TAR ha ricordato i principi in materia per cui va posto in capo al proprietario (o al responsabile dell'abuso) assoggettato a ingiunzione di demolizione l'onere di provare il carattere risalente del manufatto della cui demolizione si tratta, collocandone la realizzazione in epoca anteriore alla cosiddetta legge "ponte” che con l'art. 10, novellando l'art. 31 della l. n. 1150 del 1942, ha esteso l'obbligo di previa licenza edilizia alle costruzioni realizzate al di fuori del perimetro del centro urbano.
In particolare, “Per orientamento giurisprudenziale consolidato…la preesistenza di un manufatto in epoca antecedente alla l. n. 765 del 1967 può ritenersi provata dalle informazioni catastali di primo impianto ovvero da altri documenti probanti, quali le riprese fotografiche, gli estratti cartografici, i documenti d’archivio, o altro atto, pubblico o privato, di cui sia dimostrata la provenienza”.
Questo indirizzo giurisprudenziale trova fondamento nella evidenza che solo il privato può fornire (in quanto ordinariamente ne dispone e dunque in applicazione del principio di vicinanza della prova) inconfutabili atti, documenti o altri elementi probatori che siano in grado di radicare la ragionevole certezza dell'epoca di realizzazione del manufatto; mentre l'amministrazione non può, di solito, materialmente accertare quale fosse la situazione all'interno dell'intero suo territorio.
La prova deve essere rigorosa e fondarsi su documentazione certa e univoca e comunque su elementi oggettivi, “dovendosi, tra l'altro, negare ogni rilevanza a dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà o a semplici dichiarazioni rese da terzi, in quanto non suscettibili di essere verificate.
Ante '67: l'orientamento più morbido sulla datazione immobile
Attenzione però: il Collegio ricorda che in materia si è parimenti affermato un orientamento giurisprudenziale, secondo il quale l’indirizzo prevalente e del quale si è dato conto merita temperamenti, in omaggio ai principi di ragionevolezza, proporzionalità e logicità e ciò allo scopo di scongiurare l'imposizione di un onere probatorio impossibile da adempiere avuto riguardo alla risalenza nel tempo dei manufatti, ciò laddove, da un lato, il privato porti a sostegno della propria tesi sulla realizzazione dell'intervento prima di una certa data elementi rilevanti e non equivoci (aerofotogrammetrie, dichiarazioni sostitutive di edificazione o altre certificazioni attestanti fatti che costituiscono circostanze importanti) e, dall'altro, il Comune non valuti debitamente tali elementi e fornisca elementi incerti in ordine alla presumibile data della realizzazione del manufatto privo di titolo edilizio.
Tale mitigazione è necessaria quando, come nel caso in esame, non si controverta della fruizione di un titolo postumo, beneficiando del regime speciale di sanatoria correlato alla dimostrazione dell'avvenuta ultimazione delle opere entro una certa data, come avviene per il condono o per l'accertamento di conformità, ma della possibilità di contrastare un autonomo procedimento sanzionatorio, attivato dall'amministrazione a distanza di molto tempo dall'avvenuta realizzazione del presunto abuso.
Pur senza spingersi al punto da ammettere una inversione dell'onere della prova in capo all'amministrazione comunale, qualora la parte onerata abbia fornito sufficienti elementi probatori a sostegno delle proprie deduzioni - via via qualificati come “non implausibili, ovvero “dotati di alto grado di plausibilità” - pure ove non sia raggiunta la certezza processuale sulla datazione delle opere in contestazione, spetta alla parte pubblica fornire elementi di prova contraria, in mancanza dei quali il provvedimento ripristinatorio deve essere annullato per difetto di istruttoria, risultando carente un adeguato accertamento del presupposto provvedimentale, dato dalla necessità del previo titolo abilitativo a legittimazione dell'intervento edilizio sanzionato.
Secondo il giudice, nel caso in esame i ricorrenti hanno versato nel fascicolo di causa elementi rilevanti ai fini del decidere e idonei a rendere verosimili le proprie allegazioni.
Il ricorso è stato quindi accolto: pur non essendo stata quindi raggiunta la certezza processuale sulla datazione delle opere, sarebbe spettato alla parte pubblica fornire elementi di prova contraria idonei a supportare il proprio assunto, alla base dell'impugnato ordine demolitorio, in merito all'abusività delle opere sanzionate. In mancanza di tali elementi il provvedimento ripristinatorio deve essere annullato per difetto di istruttoria, risultando carente un adeguato accertamento del presupposto provvedimentale, dato dalla necessità del previo titolo abilitativo a legittimazione dell'intervento edilizio sanzionato.
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