Immobili condonati: no a interventi di demoricostruzione e ampliamento volumetrico

di Redazione tecnica - 02/03/2024

Le disposizioni del Piano Casa non sono applicabili a immobili condonati, concedendo quindi aumenti volumetrici premiali a edifici costruiti su presupposti abusivi.

Condono edilizio: no a successivi ampliamenti volumetrici

Lo specifica il TAR Sicilia con la sentenza del 19 febbraio 2024, n. 550, con la quale ha respinto il ricorso presentato contro il diniego di permesso di costruire richiesto per un intervento di demolizione, ricostruzione e ampliamento di un edificio, ai sensi dell’art. 3 della Legge Regionale n. 6/2010, relativa al c.d. "Piano Casa".

L’immobile, condonato ai sensi della legge n. 47/1985, non rientrava appunto nella sfera degli edifici sui quali erano ammessi interventi ai sensi del piano casa in quant la normativa dispone che “Gli interventi riguardano edifici legittimamente realizzati; sono esclusi gli immobili che hanno usufruito di condono edilizio”.  Di conseguenza, “L’intervento di demolizione, ricostruzione ed ampliamento contrasta con i dettami della L.R. 6/2010 ed in particolare con l’art. 11, come aggiornato dalla L.R. 2/2022, poiché l’originaria consistenza è stata oggetto di rilascio di concessione edilizia in sanatoria ai sensi della L.R. sul condono edilizio n. 37/85”.

Secondo il ricorrente l’intervento sarebbe invece stato ammissibile perché sarebbe illogico che il Piano Casa escluda gli immobili condonati per ammettere quelli sanati mediante accertamento di conformità ai sensi dell’art. 13 della legge n. 47 del 1985, i quali vantano un regolare titolo edilizio in sanatoria e, pertanto, meritano di essere equiparati.

Piano Casa: il divieto di aumenti volumetrici per immobili condonati

Il TAR ha confermato la decisione del Comune: ai sensi dell’art. 11, comma 2, lett. f) della L. R. n. 6 del 2010 - Norme per il sostegno dell’attività edilizia e la riqualificazione del patrimonio edilizio - “Gli interventi previsti dalla presente legge non possono riguardare…gli immobili oggetto di condono edilizio nonché di ordinanza di demolizione, salvo quelli oggetto di accertamento di conformità di cui all'articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, introdotto dall'articolo 1 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37”.

Tale disposizione, stabilisce in modo inequivoco che l’intervento di demolizione e ricostruzione di cui all’art. 3 della stessa L.R. n. 6 del 2010, nnon possa riguardare un immobile oggetto di condono edilizio.

La tesi sostenuta dalla parte ricorrente, secondo cui l’esclusione opererebbe solo per gli immobili i quali, congiuntamente, abbiano usufruito del condono e siano stati raggiunti da un’ordinanza di demolizione, non trova conferma tanto nella lettera della norma quanto nella sua doverosa interpretazione logico-sistematica.

Spiega il TAR che l’ordinanza di demolizione trova il suo presupposto nella commissione di un illecito edilizio, così come nell’adozione di un diniego di condono (a fronte del quale, peraltro, l’ordine di demolizione può costituire un atto dovuto). Sarebbe illogico, conseguentemente, ritenere che con la norma in esame si sia voluto restringere l’operatività degli artt. 2 e 3 della L.R. 6/2010 alle astratte ipotesi in cui un immobile, dapprima sanato tramite condono edilizio, sia stata in seguito raggiunto da un’ordinanza di demolizione.

Non può sfuggire, peraltro, che nel fare “salvo quelli oggetto di accertamento di conformità di cui all'articolo 13 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, introdotto dall'articolo 1 della legge regionale 10 agosto 1985, n. 37”, si sia voluto innestare nella norma un’eccezione riguardante soltanto taluni degli immobili citati nella proposizione principale, ossia i soli immobili oggetto di ordinanza di demolizione.

Accertamento di conformità e condono edilizio: le differenze

Ricorda il TAR che l’accertamento di conformità, in definitiva, è da considerarsi quale forma di sanatoria alternativa a quella a cui si addiviene con il condono edilizio, e non può concorrere con essa (come invece implicitamente viene sostenuto dal ricorrente), in quanto i presupposti dei due procedimenti di sanatoria risultano non soltanto diversi ma anche antitetici, atteso che:

  • l'uno (condono edilizio) concerne il perdono ex lege per la realizzazione sine titulo abilitativo di un manufatto in contrasto con le prescrizioni urbanistiche (violazione sostanziale);
  • l'altro (sanatoria tramite accertamento in conformità) costituisce l'accertamento ex post della conformità dell'intervento edilizio realizzato senza preventivo titolo abilitativo agli strumenti urbanistici (violazione formale), da appurarsi sia al momento della realizzazione dell’opera che in quello della presentazione della domanda (c.d. “doppia conformità”).

A favore di tale interpretazione milita, del resto, anche il carattere generale del divieto di concessione di premialità volumetriche per gli immobili abusivi, espressivo della scelta fondamentale del Legislatore statale di disconoscere vantaggi in caso di abuso e di derogare a tale principio in ipotesi tassative e sovente ribadito dal Giudice costituzionale impegnato a sindacare, con esiti di frequente caducatori, le normative regionali volte ad ampliare tali vantaggi (cfr. Corte Costituzionale, 09/05/2023, n. 90).

La sentenza del TAR

Da ciò deve farsi discendere la legittimità del provvedimento di diniego al rilascio del permesso di costruire avversato, il quale, oltre ad essere stato adottato in coerenza con le disposizioni normative di riferimento e, in particolare, con quanto previsto dall’art. 11, comma 2, lett. f), della L. R. n. 6 del 2010: l’Amministrazione comunale ha negato il titolo edilizio in attuazione di specifiche disposizioni normative.

Conclude inoltre il giudice che il permesso di costruire, come affermato dalla costante giurisprudenza, ha peraltro natura tendenzialmente vincolata, da cui discende che il richiamo alla disciplina normativa dalla cui applicazione viene fatto discendere il suo diniego integra la c.d. giustificazione del provvedimento, sufficiente per dare evidenza delle ragioni giuridiche della decisione, secondo quanto prescritto dall’art. 3, comma 1, della L. n. 241/1990 e dell’art. 3 della L.R. n. 7 del 2019.

 



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