Impianti fotovoltaici: a chi spetta l'identificazione delle aree di installazione?
di Redazione tecnica - 09/02/2023
Il permesso per l'installazione di impianti fotovoltaici in zona agricola non può essere negato sulla base di una suddivisione tra zone idonee e non idonee stabilita da un regolamento comunale, perché i Comuni non hanno competenza in materia.
Installazione impianti fotovoltaici: le competenze delle Regioni
Sulla base di questi presupposti e di un'attenta disamina della normativa in materia, il TAR Sicilia, con la sentenza n. 299/2023, ha annullato un regolamento comunale che disciplinava le aree di installazione di impianti fotovoltaici di potenza oltre i 50 kW e, di conseguenza, il provvedimento con cui era stata rigettata l'istanza per la realizzazione di un impianto in zona agricola mediante procedura semplificata, ex art. 6, comma 2, d. lgs. n. 28/2011.
Il giudice amministrativo ha infatti confermato l'ipotesi della ricorrente, secondo cui il quadro normativo vigente consentirebbe soltanto alle Regioni di indicare le aree e i siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti, in presenza di aree particolarmente sensibili e/o vulnerabili alle trasformazioni territoriali o del paesaggio.
E proprio in riferimento a quanto stabilito dall'Amministrazione Regionale, il TAR ha richiamato il d.P.reg. sic. n. 48 del 2012, nel quale è stato previsto che:
- «In attuazione del decreto ministeriale 10 settembre 2010, l’indicazione delle aree non idonee all’installazione di specifiche tipologie di impianti è adottata con decreto del Presidente della Regione»;
- sono ammessi «[…] la costruzione e l’esercizio degli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza nominale fino a 1 MW e delle opere connesse, ubi-cati […] in aree destinate ad uso agricolo ovvero in aree non industriali […]»;
- gli impianti alimentati da fonti rinnovabili di potenza nominale fino a 1 MW, ubi-ati in aree destinate ad uso agricolo (purché non sottoposti a tutela ai sensi d.lgs. n. 42 del 2004, non appartenenti a parchi e riserve ovvero a territorio di più comuni), sarebbero tra quelli soggetti alla procedura abilitativa semplificata di cui all’art. 6 d.lgs. n. 28 del 2011.
Di conseguenza, il regolamento comunale sulla base del quale è stato pronunciato il rigetto dell’istanza, è stato adottato in violazione dell’assetto delle attribuzioni degli enti locali territoriali, il quale non contemplerebbe la possibilità di individuare limi-tazioni territoriali all’installazione di impianti di produzione di energie alternative.
Le competenze dei Comuni e delle Regioni
Come ha spiegato il TAR, i Comuni in generale e i Comuni della
Regione Siciliana non possono precludere l’installazione di
impianti fotovoltaici in verde agricolo in ragione della mera
destinazione del sito e non possono farlo, comunque, avvalendosi
dell’ordinaria potestà regolamentare locale.
I Comuni possono adottare regolamenti soltanto nelle materie di
propria competenza (v. art. 117 Cost. e art. 7 d. lgs. n. 267 del
2000); il relativo potere è attribuito alle Regioni le quali, in
tale ambito, scontano, peraltro, specifici limiti stabiliti dalla
Linee guida statali del 10 settembre 2010, da leggersi oggi, anche
alla luce del d. lgs. n. 199/2021.
Per altro, sull'applicabilità alle Regioni a statuto speciale e alla Regione Siciliana di tali Linee guida il TAR ha specificato che:
- l’art. 12, comma 10, del d.lgs. n. 387/2003 (applicabile, quanto agli impianti minori, per effetto del rinvio contenuto nell’art. 5 d. lgs. n. 28 del 2011) dispone che le Linee guida per lo svolgimento del procedimento volto al rilascio dell’autorizzazione unica, di cui al comma 3 del medesimo articolo, siano approvate in Conferenza unificata;
- l’art. 19 dello stesso provvedimento stabilisce che «sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano che provvedono alle finalità del presente decreto legislativo ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione». Identica previsione è contenuta nell’art. 45 d. lgs. n. 28/2011 recante «Disposizioni specifiche per le Regioni a statuto speciale e per le Province autonome di Trento e Bolzano».
Il d.lgs. n. 387/2003 e le linee guida approvate con d.m. 10 settembre 2010, si rivolgono nella loro «interezza» alle sole Regioni ordinarie, fermo restando che «la competenza legislativa delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome «deve tuttavia coesistere con la competenza statale in materia di tutela dell’ambiente e con quella con-corrente in materia di energia» (Corte cost., sentenza n. 275 del 2011).
Identificazione aree non idonee: l'istruttoria delle Regioni
Le Linee guida stabiliscono che le Regioni e le Province
autonome possono procedere alla indicazione di aree e siti non
idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti
avvalendosi di un’apposita istruttoria, avente ad
oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela
dell’ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico,
delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del
paesaggio rurale.
All’esito di tale istruttoria, la Regione procede ad indicare,
nell’atto di pianificazione, la non idoneità di ciascuna area
«in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di
impianti», motivando le incompatibilità con riferimento agli
obiettivi di protezione perseguiti dalle disposizioni, che sono
state individuate tramite la ricognizione.
Le aree non idonee confluiscono, pertanto, nell’atto di pianificazione con cui le Regioni e le Province autonome conciliano le politiche di tutela dell’ambiente e del paesaggio con quelle di sviluppo e valorizzazione delle energie rinnovabili, tenendo conto di quanto eventualmente già previsto dal piano paesaggistico e del necessario rispetto della quota minima di produzione di energia da fonti rinnovabili loro assegnata (burden sharing).
Infine, l’art. 20 del d. lgs. n. 199/2021, stabilisce che «[…] Le aree non incluse tra le aree idonee non possono essere dichiarate non idonee all'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile, in sede di pianificazione territoriale ovvero nell'ambito di singoli procedimenti, in ragione della sola mancata inclusione nel novero delle aree idonee».
Ne derivano alcune rilevanti implicazioni sostanziali:
- i Comuni sono del tutto estranei a tale attività di pianificazione delle aree idonee e inidonee, sia sulla base delle linee guida, sia sulla base del d. lgs.n. 199 del 2021;
- l’indicazione che i Comuni possono fornire le Regioni in merito alla non idoneità di determinate aree ad accogliere la costruzione di impianti per la produzione di energie rinnovabili è espressamente riferita alla segnalazione di aree non idonee «in relazione a specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti». Spetta, pertanto, all’atto regionale e non alla norma locale generale e astratta individuare le incompatibilità di determinate aree, in relazione al tipo e alle dimensioni e, dunque, anche alla potenza degli impianti;
- l’atto di pianificazione della Regione, nell’individuare le aree non idonee, non può comportare un divieto assoluto, bensì serve a segnalare «una elevata probabilità di esito negativo delle valutazioni, in sede di autorizzazione» e, dunque, ha la funzione di «accelerare» la procedura.
L'assetto normativo fa quindi propendere per il difetto di attribuzioni dei comuni, con la conseguente declaratoria, nel caso in esame, di nullità del regolamento impugnato e annullamento del correlato diniego.
L'attenzione verso la transizione energetica e le fonti rinnovabili
Infine, il TAR ha osservato che in relazione all’evoluzione dell’ordinamento UE, lo schema di nuovo Regolamento (UE) del Consiglio che istituisce il quadro per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili evidenzia come: «L'energia solare è una fonte rinnovabile determinante per porre fine alla dipendenza dell'Unione dai combustibili fossili russi, e perseguire nel contempo la transizione verso un'economia climaticamente neutra».
Lo stesso schema di regolamento prevede che la pianificazione, la costruzione e l'esercizio degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, la loro connessione alla rete, la rete stessa, gli impianti di stoccaggio sono considerati d'interesse pubblico prevalente e d'interesse per la sanità e la sicurezza pubblica nella ponderazione degli interessi giuridici nei singoli casi. Gli Stati membri possono limitare l'applicazione di tali disposizioni a determinate parti del loro territorio nonché a determinati tipi di tecnologie o a progetti con determinate caratteristiche tecniche, conformemente alle priorità stabilite nei rispettivi piani nazionali integrati per l'energia e il clima.
Si tratta di un quadro che sempre più spinge verso una negazione, in tale ambito, dell’autonomia decisionale degli enti locali territoriali.
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