Lavori in subappalto: imprese qualificate impropriamente

di Redazione tecnica - 07/07/2023

Ha toni abbastanza preoccupati la lettera aperta di Angelo Artale, direttore generale della FINCO (Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere specialistiche per le Costruzioni e la Manutenzione Edile, Stradale e dei Beni Culturali) indirizzata al Capo di Gabinetto del MIT in relazione all’emissione dei Certificati Esecuzione Lavori (CEL) da parte delle Stazioni Appaltanti. Come spiega Artale, le SA continuano a compilare integralmente l’Allegato B1 del d.P.R. n. 207/2010 riportando anche i lavori subappaltati che, secondo la Federazione, in base alla lettura dell’art. 105, comma 22, del d.Lgs 50/2016, non avrebbero dovuto più comparire all’interno del CEL rilasciato agli appaltatori, se non a titolo di mera informazione

Qualificazione imprese subappaltatrici: le critiche al Codice dei Contratti

La norma del Codice del 2016 dispone che “Le stazioni appaltanti rilasciano i certificati necessari per la partecipazione e la qualificazione di cui all'articolo 83, comma 1, e all'articolo 84, comma 4, lettera b), all'appaltatore, scomputando dall'intero valore dell'appalto il valore e la categoria di quanto eseguito attraverso il subappalto. I subappaltatori possono richiedere alle stazioni appaltanti i certificati relativi alle prestazioni oggetto di appalto realmente eseguite”, ma nonostante questo, di fatto, le SOA hanno continuato ad attribuire alle imprese principali anche i lavori subappaltati secondo le indicazioni dell’art. 85 del d.P.R. n. 207/2010, dal momento che erano riportati nel CEL e che l’art. 85, formalmente non era abrogato.

La situazione, spiega FINCO, è destinata a complicarsi con l’entrata in vigore delle previsioni dell’art. 23 dell’Allegato II.12 (comma 1, lettera b), punto 2)) del d.Lgs. n. 36/2023  (nuovo Codice dei Contratti Pubblici, divenuto efficace dall'1 luglio 2023), con la possibilità di attribuire il 100% dei lavori subappaltati all’appaltatore principale, anche se l’art. 119, comma 20, dello stesso  Codice riporta esattamente quanto previsto dall'art. 105, comma 22 del precedente Codice dei Contratti, ovvero che “Le stazioni appaltanti rilasciano i certificati necessari per la partecipazione e la qualificazione all'appaltatore, scomputando dall'intero valore dell'appalto il valore e la categoria di quanto eseguito attraverso il subappalto. I subappaltatori possono richiedere alle stazioni appaltanti i certificati relativi alle prestazioni oggetto di appalto eseguite.

Norme contraddittorie 

Secondo FINCO è evidente l’assoluta illogicità di una previsione che consente di qualificarsi con lavori svolti integralmente da altri e desta perplessità il fatto che, anche nella vigenza del d.Lgs. n. 50/2016, l’attribuzione dei lavori subappaltati all’appaltatore sia continuata regolarmente: “è fin troppo evidente che di fronte ad un subappalto sostanzialmente libero, consentire di usare i lavori subappaltati per qualificarsi senza avere le capacità è una previsione aberrante che apre ad ampi margini di sostanziale “dequalificazione”, o di pseudo-qualificazione se si preferisce, a fronte di una altrettanto sostanziale “incapacità di fare” da parte delle imprese generali che diventerebbero “specialisti” per il solo fatto di aver organizzato un cantiere. Sarebbe come abilitare il Direttore sanitario di un ospedale ad operare al posto del cardio chirurgo per il solo fatto di aver organizzato l’attività dell’ospedale”, spiega il direttore generale di Finco.

Secondo Artale, le conseguenze sarebbero gravissime non solo perché a breve il mercato sarebbe invaso da imprese piene di pezzi di carta senza alcuna capacità reale di operare, ma anche perché tutta quella parte sana delle imprese specialistiche e super specialistiche e che investono in attrezzature e qualificazione del personale, si troverebbe schiacciata da una concorrenza più che sleale.

Di conseguenza, si chiede una revisione dell’Allegato II.12 o dei “correttivi” che potranno apportare variazioni al d.Lgs. n. 36/2023: “che l’Allegato II.12 abbia definito una “metodica” in sostituzione dell’art. 85 del d.P.R. n. 207/2010, non giustifica a nostro avviso un aggiramento della previsione normativa”, conclude.

 



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