Nuovo Codice Appalti e verifica di anomalia: il TAR sui principi della fiducia e del risultato

di Redazione tecnica - 21/06/2024

Tra le principali “novità stilistiche” del D.Lgs. n. 36/2023 sono da annoverare i primi 12 articoli che definiscono i principi generali che devono guidare l’attività amministrativa. Principi che non risultano essere una novità assoluta perché già presenti in altri fonti normative ma che certamente rappresentano un ottimo viatico sia per la pubblica amministrazione che per gli operatori economici.

Principi della fiducia e del risultato: interviene il TAR

Sui principi (soprattutto quelli di cui ai primi due articoli del Codice dei contratti), però, è chiaro che si dovrà formare una giurisprudenza che possa delinearne al meglio i contorni. Meritevole di interesse, in tal senso, è l’intervento del Tribunale Amministrativo Regionale per la Regione Siciliana che con la sentenza 4 giugno 2024, n. 2096 ha fornito importanti chiarimenti applicativi sul principio del risultato (art. 1) e della fiducia (art. 2).

Entrando nel dettaglio, nel caso di specie tra le doglianze viene rilevata la violazione dell’art. 97 del D.Lgs. 50/2016 (vigente ratione temporis) per la mancata attivazione del giudizio di anomalia da parte della Stazione appaltante.

L’amministrazione aggiudicatrice, però, avrebbe eseguito il predetto giudizio di anomalia in esecuzione dell’ordinanza cautelare di primo grado e non nell’esercizio della propria potestà di autotutela decisoria spontanea, ribadendosi in tale nota che “nella fattispecie in esame non ricorre l’obbligo di verifica dell’anomalia dell’offerta” e che la verifica è stata effettuata “preso atto del tenore dell’Ordinanza de qua”.

Ciò considerato, il TAR Sicilia ha rilevato che la Stazione appaltante avrebbe dovuto attivare la verifica facoltativa di anomalia dell’offerta presentata dall’aggiudicataria secondo quanto previsto dall’art. 97 del D.Lgs. 50 del 2016, in quanto:

  • la controinteressata aggiudicataria ha praticato un ribasso del 52% sull’importo a base d’asta;
  • sebbene con comunicazione la Stazione appaltante abbia rilevato, in sede di riscontro alla richiesta di verifica di anomalia dell’offerta presentata dalla ricorrente, che il prezzo offerto non si discosterebbe di molto rispetto a quello offerto dalla ricorrente, per consolidato orientamento giurisprudenziale “la verifica di congruità di un'offerta non può essere effettuata attraverso un giudizio comparativo che coinvolga altre offerte, perché va condotta con esclusivo riguardo agli elementi costitutivi dell'offerta analizzata ed alla capacità dell'impresa - tenuto conto della propria organizzazione aziendale e, se del caso, della comprovata esistenza di particolari condizioni favorevoli esterne - di eseguire le prestazioni contrattuali al prezzo proposto, essendo ben possibile che un ribasso sostenibile per un concorrente non lo sia per un altro, per cui il raffronto fra offerte differenti non è indicativo al fine di dimostrare la congruità di una di esse”;
  • il margine di discrezionalità di cui gode l’Amministrazione ai fini della scelta di attivare, o meno, la verifica facoltativa di anomalia dell’offerta non può condurre a scelte manifestamente illogiche o irragionevoli, ove quest’ultime tradiscano la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico sotteso alla gara;
  • a nulla rileva quanto evidenziato dalla stessa Amministrazione secondo cui “La procedura in questione è inoltre una gara ponte, la cui durata potrebbe essere ridotta, considerata la riserva della S.A. di procedere alla risoluzione contrattuale, qualora, nelle more della vigenza contrattuale, la Centrale Unica di Committenza dovesse procedere ad aggiudicare procedura di affidamento del servizio posto in gara”, in quanto la mera eventualità della risoluzione contrattuale non può determinare, ex se, la potenziale compromissione dell’interesse pubblico a cui è funzionalizzato il servizio oggetto di affidamento ove un’impresa partecipante alla procedura - poi risultata aggiudicataria - abbia presentato un’offerta che può apparire anormalmente bassa e, quindi, da sottoporsi a verifica di anomalia a tutela del suddetto pubblico interesse.

I principi del nuovo Codice

Ciò premesso secondo il Tribunale Siciliano tale impostazione risulta coerente con la ratio che pervade il nuovo D.Lgs. n. 36/2023, il quale erge, tra i suoi capisaldi, il principio della fiducia, introdotto dall’art. 2 con il preciso fine di valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l’acquisizione e l’esecuzione delle prestazioni oggetto di gara.

Tale principio-guida, pur ampliando i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile, pone in capo alla stazione appaltante la responsabilità di svolgere le gare tenendo sempre presente, a prescindere dalla regolarità formale, che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica, o ad acquisire forniture o, come nel caso di specie, ad affidare dei servizi, nel modo più rispondente agli interessi della collettività.

Trattasi quindi di un principio che non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento.

Proprio il perseguimento di tale interesse pubblico costituisce il “risultato” che l’appalto deve raggiungere, rappresentando, come previsto dall’art. 1 del predetto d.lgs. 36/2023, il “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale”.

Il principio del risultato, in base al quale la tutela della concorrenza e del mercato non deve trasmodare in un pregiudizio per la causa finale e per l’oggetto diretto e principale della tutela approntata dalla disciplina di settore, è stato reso esplicito dal nuovo Codice dei contratti pubblici ma costituisce un principio “già immanente nel sistema”, suscettibile di trovare piena applicazione anche con riguardo alle procedure di gara anteriori all’entrata in vigore del D.Lgs. 36 del 2023.

Esso implica che il risultato che l’amministrazione deve perseguire debba essere “virtuoso”, risultando tale quello che possa portare a diminuire i costi di un servizio assicurando allo stesso tempo l’accrescimento della qualità e della produttività. Se è vero che, nell’impostazione del nuovo Codice dei contratti pubblici l’amministrazione è chiamata a compiere la scelta più “virtuosa”, assicurando il “miglior rapporto possibile tra qualità e prezzo, nel rispetto dei principi di legalità, trasparenza e concorrenza”, non può ritenersi che tale “miglior rapporto” sia stato raggiunto nella gara in oggetto, ove la stazione appaltante, addivenendo alla propria decisione di aggiudicare l’appalto in favore della società controinteressata, ha disatteso, irragionevolmente, ogni potenziale verifica in ordine ai presidi di qualità ed efficienza del servizio integrato che quest’ultima è chiamata a svolgere, finendo per tradire la funzionalizzazione verso il miglior soddisfacimento dell’interesse pubblico cui essa deve tendere.

Il caso di specie

Nel caso oggetto dell’intervento del TAR Sicilia, l’ampliamento dei poteri valutativi in capo alla Stazione appaltante non può implicare che la stessa possa compiere scelte manifestamente illogiche o irragionevoli, ove quest’ultime, come si ritiene sia accaduto nella gara in oggetto, determino il rischio di non ottenere il miglior risultato possibile, e, quindi, di ledere l’interesse pubblico sotteso all’indizione di una procedura di affidamento.

Da ciò discende che le evidenze fattuali legate, in particolare, ai costi di trasporto rappresentati in sede di offerta, nonché ai costi della manodopera, avrebbero dovuto indurre l’Amministrazione a sottoporre a scrutinio di anomalia l’offerta presentata, risultando manifestamente illogica la scelta operata in sede di gara di non procedere a tale verifica.



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