Ordine di demolizione: quando è possibile annullarlo?
di Redazione tecnica - 24/09/2023
In caso di condanna per costruzioni edilizie eseguite in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, il giudice deve sempre emettere l'ordine di demolizione di cui all'art. 31 del d.P.R.n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia). Attenzione però, perché ci sono delle eccezioni alla regola e che la Corte di Cassazione ha evidenziato nell’interessante sentenza n. 25556/2019. Vediamo di cosa si tratta.
Annullamento ordine di demolizione: casi possibili
Il caso riguarda il ricorso contro una sentenza della Corte d'Appello, che aveva condannato il responsabile di abusi edilizi sia all’arresto che a una sanzione pecuniaria piuttosto rilevante.
Gli abusi consistevano nella realizzazione di tre vani in aumento di un volume tecnico e in totale violazione dal permesso di costruire rilasciato e sul quale era stato ingiunto un ordine di demolizione; inoltre era stato realizzato un un piccolo vano sul quale era stata rilasciata successivamente la sanatoria edilizia ex. art. 36 T.U. Edilizia.
Già in appello il ricorrente aveva documentato non solo di aver provveduto alla demolizione dei tre vani oggetto dell'ordinanza di demolizione, ma anche di aver conseguito il titolo abilitativo del vano di dimensioni più ridotte, recuperando alla legalità urbanistico - edilizia i volumi tecnici realizzati al secondo piano della costruzione.
Sanatoria edilizia e ordine di demolizione: provvedimenti incompatibili
Di conseguenza, l'intervenuta sanatoria concessa dalla PA, che ha provveduto all'applicazione della sanzione prevista dagli artt. 34/36 e 37, del d.P.R. n. 380/2001, come alternativa alla sanzione estrema della demolizione, avrebbero determinato il venir meno del concorrente potere del giudice penale di ordinare, in via sostitutiva, la demolizione delle opere abusive, una volta che la stessa PA abbia operato una valutazione legittimante l'opera in questione, rendendo quindi incompatibile il provvedimento ripristinatorio disposto dal giudice penale stesso, avente identica natura formale di sanzione amministrativa e come oggetto lo stesso fatto sanzionabile, in violazione del principio del ne bis in idem.
La sentenza della Cassazione
Nel valutare la questione, i giudici di Palazzo Cavoour hanno dato ragione al ricorrente. Rilevano gli ermellini che la sentenza impugnata - pur correttamente qualificando gli interventi edilizi come eseguiti in totale difformità dal titolo abilitativo rilasciato, oltre che escludendo correttamente l'effetto estintivo dei reati contestati al rilascio del nominato permesso di costruire in sanatoria, attesa la subordinazione del medesimo all'esecuzione di interventi di natura demolitoria - ha però, da un lato, ritenuto legittimo l'ordine demolitorio previsto dall'art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380/2001, richiamando tuttavia la giurisprudenza pacifica di questa Corte che ne esclude l'applicabilità proprio in presenza delle condizioni, di cui è stata fornita dimostrazione documentale nel giudizio di merito, costituite dalla già intervenuta demolizione o dalla sanatoria dell'abuso sotto il profilo urbanistico.
Ordine di demolizione: casi di revoca
L’obbligo di ripristino è quindi errato in quanto l'ordine di demolizione delle opere abusive deve intendersi sempre emesso allo stato degli atti, sicché il giudice è comunque tenuto a valutarne la persistenza dei presupposti lungo tutta la durata del processo, ma anche, e soprattutto ,in caso di condanna per costruzioni edilizie eseguite in difetto del preventivo rilascio del permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, il giudice deve sempre emettere l'ordine di demolizione di cui all'art. 31 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, a meno che:
- non risulti che la demolizione sia già avvenuta;
- l'abuso sia stato sanato sotto il profilo urbanistico;
- il consiglio comunale abbia deliberato la conservazione delle opere in funzione di interessi pubblici ritenuti prevalenti sugli interessi urbanistici.
In questo caso, essendo stata fornita dimostrazione dell'intervenuta demolizione dei tre vani nonché dell'intervenuta "sanatoria impropria" del quarto vano, il giudice di appello avrebbe dovuto valutare l'intervenuto ripristino della conformità urbanistica del manufatto e, pertanto, non disporre l'ordine di demolizione; ciò dunque comporterebbe, ex se, la possibilità per questa Corte di disporre la revoca dell'ordine demolitorio disposto.
Valutazione della sanzione pecuniaria
Inoltre anche la sanzione pecuniaria inflitta è sproporzionata, notevolmente superiore al c.d. medio edittale, senza che ne sia stata data congrua motivazione come richiesto dalla giurisprudenza: “Se è ben vero che in tema di applicazione della diminuzione per le attenuanti generiche, non sussiste l'obbligo del giudice di merito, nel caso di reato punito con pena detentiva congiunta a pena pecuniaria, di seguire il medesimo criterio nella determinazione della pena base detentiva e di quella pecuniaria, con la conseguenza che la determinazione nel minimo della pena detentiva non comporta che anche la pena pecuniaria debba essere determinata nel minimo è tuttavia altrettanto indubbio che quanto più la "forbice" tra le due specie di pena tende a divaricarsi, tanto maggiore dev'essere la giustificazione che il giudice è tenuto a fornire al fine di chiarire le ragioni per le quali ha ritenuto di dover "amplificare" il trattamento sanzionatorio quanto alla pena pecuniaria, ponendo in condizione il destinatario della stessa di seguire il procedimento logico - giuridico che giustifica una più rigorosa reazione dell'ordinamento sotto il profilo sanzionatorio pecuniario, posto che è proprio in consimili ipotesi che la funzione special - preventiva dell'effetto sanzionatorio penale esplica i suoi massimi effetti, incidendo non solo sulla persona ma anche e soprattutto sul patrimonio dell'imputato”.
Quando la pena prevista è congiunta, e il giudice ritenga di doversi discostare in misura apprezzabile dal c.d. medio edittale, è tenuto ad esporre diffusamente le ragioni in base alle quali ha applicato in tale misura la sanzione pecuniaria a differenza di quella detentiva, contenuta in prossimità del minimo.
Già solo questo, terminano gli ermellini, comporterebbe, l'obbligo di disporre l'annullamento con rinvio della sentenza per rideterminare il relativo trattamento sanzionatorio, ma considerato che i reati sono andati in prescrizione, la Corte si è limitata ad annullare la sentenza e a revocare l'ordine demolitorio, trovando applicazione il principio per cui l'estinzione per prescrizione del reato di costruzione abusiva dichiarata dal giudice d'appello comporta la conseguente dichiarazione di revoca dell'ordine di demolizione impartito con la sentenza di primo grado, atteso che questo consegue alle sole sentenze di condanna per il reato di cui all'art. 44 d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, come disposto dall'art. 31, comma nono, del citato d.P.R.
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