Ordine di demolizione: la revoca non è sempre possibile
di Redazione tecnica - 26/01/2023
Nel caso in cui il responsabile dell’abuso non esegua l'ordine di demolizione, la legge prevede il trasferimento al patrimonio comunale della proprietà dell'immobile abusivo; successivamente, il condannato può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione.
Revoca ordine di demolizione: il no della Corte di Cassazione
A ribadire alcuni dei granitici principi in materia di abusi edilizi è la sentenza n. 2625/2023 della Corte di Cassazione, relativa al ricorso presentato dai proprietari di un edificio abusivo di 4 piani realizzato senza concessione edilizia, in cemento armato e senza i progetti esecutivi, in zona sismica, omettendo di depositare gli atti progettuali presso l'ufficio del Genio Civile.
Gli ermellini hanno dichiarato inammissibile il ricorso per Cassazione, specificando preliminarmente che è onere di chi impugna indicare, a pena appunto di inammissibilità, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono il ricorso e che legittimerebbero la revoca o la sospensione dell'ordine di demolizione.
Trasferimento della proprietà al patrimonio comunale: i diritti dell'ex proprietario
Nel caso in esame i ricorrenti si sono qualificati quali proprietari dell'immobile abusivo e come tali hanno agito per la revoca dell'ordine di demolizione, ma di fatto al momento del ricorso, non erano più in possesso dell'edificio. Essi infatti non avevano demolito l’immobile, motivo per cui la proprietà era stata trasferita al patrimonio comunale, come prevede la legge in maniera automatica alla scadenza del termine fissato per l'ottemperanza all'ordinanza sindacale di demolizione.
Sul punto, la Cassazione ha ribadito il principio per cui, in tema di reati edilizi, dopo l'acquisizione dell'opera abusiva al patrimonio disponibile del Comune, qualora il consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento del manufatto, ravvisando l'esistenza di prevalenti interessi pubblici, il condannato può chiedere la revoca dell'ordine di demolizione soltanto per provvedere spontaneamente all'esecuzione di tale provvedimento, essendo privo di interesse ad avanzare richieste diverse, in quanto il procedimento amministrativo sanzionatorio ha ormai come unico esito obbligato la demolizione della costruzione a spese del responsabile dell'abuso.
Si ha incompatibilità tra l'acquisizione gratuita e l'ordine di demolizione emesso dal giudice con la sentenza di condanna soltanto se con delibera consiliare l'ente locale stabilisce di non demolire l'opera acquisita ai sensi dell'art. 31, comma 5, d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) il quale prevede che “L'opera acquisita è demolita con ordinanza del dirigente o del responsabile del competente ufficio comunale a spese dei responsabili dell'abuso, salvo che con deliberazione consiliare non si dichiari l'esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l'opera non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell'assetto idrogeologico”.
Ne consegue che, qualora il Consiglio comunale non abbia deliberato il mantenimento dell'opera, il procedimento sanzionatorio amministrativo (per le opere realizzate in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) ha come sbocco unico ed obbligato la demolizione a spese del responsabile dell'abuso. Ogni altra richiesta è pertanto priva di interesse.
Infine, il caso è stata l’occasione per la Cassazione per ribadire anche che l'immobile costruito senza permesso di costruire non è commerciabile e gli atti di trasferimento sono nulli.
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