Parere di precontenzioso ANAC e principio di rotazione: interviene il Consiglio di Stato
di Redazione tecnica - 14/02/2024
Il parere di precontenzioso ANAC sull'applicazione del principio di rotazione è vincolante o no? Lo stesso provvedimento è impugnabile ed entro quali termini?
Parere di precontenzioso ANAC e principio di rotazione: la sentenza del Consiglio di Stato
Si tratta di questioni non sempre di semplice interpretazione, come dimostra la sentenza del Consiglio di Stato del 12 febbraio 2024, n. 1385, sul ricorso proposto da un operatore escluso da una procedura negoziata per l’affidamento in concessione di un servizio.
La questione nasce a seguito della richiesta di parere di precontenzioso all’Anac, ai sensi dell’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016, a seguito della quale l'Autorità aveva specificato che l'operatore andava escluso in quanto:
- la procedura negoziata non era assimilabile ad una procedura aperta e che, pertanto, ricadeva nell’ambito di applicazione del principio di rotazione;
- la clausola inserita nell'avviso faceva riferimento all’ultimo concessionario del servizio, a prescindere dalle modalità con cui lo stesso gli fosse stato affidato.
La stazione appaltante si è quindi conformata e ha disposto l'esclusione dell'operatore, contro cui ha presentato ricorso, respinto dal TAR per tardività e conseguente inammissibilità per carenza di interesse.
Impugnazione parere ANAC: i diversi orientamenti della giurisprudenza
Preliminarmente, il Consiglio ha riformato la sentenza di primo grado nella parte che ha ritenuto il ricorso inammissibile per tardività e ha ricordato che l’art. 211 del Codice dispone che “su iniziativa della stazione appaltante o di una o più delle altre parti, l'Anac esprime parere, previo contraddittorio, relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito. Il parere vincolante è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo. In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'articolo 26 del codice del processo amministrativo”.
Dal tenore di questa norma emerge che, in sede di precontenzioso, l’Anac può esprimere pareri vincolanti e pareri non vincolanti.
In merito agli effetti e all’impugnabilità della delibera Anac resa ai sensi dell’art. 211 del d. lgs. n. 50 del 2016, laddove vi abbia aderito solo una parte, nel caso di specie l’Amministrazione, si confrontano due orientamenti:
- secondo un primo orientamento, al quale si è conformato il Tar, la delibera Anac è immediatamente lesiva e quindi autonomamente impugnabile (senza attendere il conseguente provvedimento dell’Amministrazione). Ciò in quanto l’obbligo assunto dalla stazione appaltante ai sensi dell’art. 211 del d.lgs. n. 50 del 2016 rende il parere dell’Anac immediatamente lesivo anche per l’operatore che non vi abbia aderito, dal momento che la valutazione dell’Anac è destinata ad essere recepita dall’Amministrazione nelle proprie determinazioni. Il fondamento normativo della tesi è individuato nell’art. 211 del d.lgs. n. 50 del 2016, che non condiziona il carattere vincolante e l’impugnabilità del parere all’adesione di tutte le parti all’istanza di precontenzioso.
- L’opposta tesi si rinviene in alcune pronunce della Sezione, la
n. 2585 del 2021, la n. 1620 del 2022 e la n. 253 del 2024:
- con la prima pronuncia la Sezione ha rilevato che, nell’ambito della disciplina di cui all’art. 211 comma 1 del d.lgs. n. 50 del 2016, deve “ritenersi che l’onere di immediata impugnazione previsto dalla disposizione in esame vada circoscritto alla sola ipotesi in cui tutte le parti interessate abbiano preventivamente prestato il consenso ad attenersi al parere dell’ANAC”;
- anche con la terza pronuncia la Sezione ha ritenuto il parere di precontenzioso Anac “non vincolante nel caso di specie, atteso che l’iniziativa era stata intrapresa non dalla stazione appaltante, bensì da operatori del mercato, non sussistendo, quindi, il presupposto del previo assenso alla sua efficacia vincolante da parte dei soggetti titolari di posizioni giuridiche confliggenti, tra le quali è insorta la questione giuridica oggetto dell’istanza di parere”. La tesi poggia sull'art. 4 comma 1 del regolamento dell’Anac in materia di pareri di precontenzioso di cui all'art. 211 Dlgs 50/2016, in base al quale quando “l'istanza è presentata singolarmente dalla stazione appaltante o da una parte interessata, il parere reso è da intendersi non vincolante”.
- con la seconda sentenza la Sezione ha ritenuto che “il parere reso dall'ANAC ai sensi dell'art. 211 del D.Lgs. n. 50 del 2016 non è vincolante per le parti che non abbiano previamente acconsentito ad attenersi a quanto da esso stabilito, come avvenuto nell’ipotesi di specie, laddove solo il Comune […] aveva previamente manifestato la volontà di volere aderire al parere dell’ANAC” (n. 1620 del 2022). Il fondamento normativo si rinviene nell’art. 211 comma 1 del d. lgs. n. 50 del 2016, laddove stabilisce che “Il parere obbliga le parti che vi abbiano preventivamente consentito ad attenersi a quanto in esso stabilito”.
Nel caso in esame, il Collegio ha ritenuto che, indipendentemente dall’orientamento da seguire, in ogni caso nel caso di specie il ricorso introduttivo non fosse tardivo. Questo perché, se si ritiene il parere reso dall’Anac non vincolante in mancanza del consenso di tutte le parti o comunque vincolante solo la parte che vi ha aderito, è comunque tempestivo il ricorso introduttiv proposto nel rispetto del termine di decadenza decorso a partire dalla data del provvedimento escludente.
Se invece si ritiene di conformarsi alla tesi del Tar, ritenendo quindi che il ricorso dovesse essere presentato nel termine di decadenza da computare a partire dal parere Anac, deve comunque ritenersi applicabile l’istituto dell’errore scusabile. “La rimessione in termini per errore scusabile mira a evitare che le intervenute decadenze per decorso dei termini perentori possano danneggiare la parte che vi sia incorsa senza colpa; la sua concedibilità presuppone, pertanto, una situazione normativa confusa oppure uno stato di incertezza per l'oggettiva difficoltà di interpretazione di una norma o, ancora, per contrasti giurisprudenziali esistenti o per il comportamento equivoco, contraddittorio o comunque non lineare dell'amministrazione, idoneo ad ingenerare convincimenti non esatti o, comunque, un errore non imputabile al ricorrente”.
Procedure negoziate senza bando: si applica il principio di rotazione
In riferimento al merito della questione, Palazzo Spada ha invece confermato la legittimità dell’esclusione: la procedura in esame è una procedura negoziata ai sensi dell’art. 1 comma 2 lett. b) d.l. n. 76 del 2020 che ha ad oggetto una “procedura negoziata, senza bando, di cui all'articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”.
La procedura non ha offerto a chiunque fosse interessato e avesse i requisiti di presentare l’offerta, ma solo a chi era stato invitato, indipendentemente dalla modalità con la quale sono scelti gli invitati, cioè dal sorteggio. Quindi nel caso di specie non si riscontra quindi quella causa ostativa all’applicazione del principio di rotazione che è rappresentata dal fatto che la gara sia aperta.
Spiega il Consiglio che nell’ipotesi della procedura aperta non ricorre infatti la ratio che caratterizza il principio di rotazione, il quale, in attuazione del principio di concorrenza (nella dimensione temporale) ha la finalità di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, esigenza che non viene in rilievo allorché la stazione appaltante decida di non introdurre alcun sbarramento al numero degli operatori da invitare alla procedura negoziata all’esito dell’indagine di mercato.
La rotazione si applica anche se l'affidamento precedente sia stato fatto con modalità differenti
Per altro, la circostanza che la lex specialis facesse riferimento “all’ultima procedura di affidamento aggiudicata nel triennio antecedente” non va interpretata nel senso che deve essersi svolta la stessa procedura di affidamento. Diversamente, un principio posto a tutela della concorrenza, come il principio di rotazione, andrebbe ad avvantaggiare i soggetti che hanno ottenuto il servizio senza gara.
Questo perché il principio di rotazione non ha riguardo al fatto che il precedente affidamento sia il risultato di un’aggiudicazione ottenuta nel periodo di riferimento, ma a chi ha svolto quel servizio in detto lasso di tempo, indipendentemente dal criterio utilizzato per scegliere il precedente affidatario.
La giurisprudenza ritiene infatti che “non sono ostative all’applicazione del principio di rotazione, con conseguente divieto per il gestore uscente di essere inviato a concorrere per il affidamento, le modalità con cui quello precedente gli è stato attribuito e le caratteristiche dello stesso, ivi compresa la durata”. La funzione del criterio di rotazione è infatti quella di evitare che “il precedente gestore potesse acquisire un Know-how e un bagaglio di adeguate conoscenze ed informazioni (a titolo esemplificativo, del territorio sul quale esso doveva svolgersi e della rete viaria, con punti e orari critici), spendibili anche nella successiva commessa”, così prevalendo in ragione dell’asimmetria informativa sui concorrenti.
Del resto, conclude il Conisglio, l’Anac ha previsto, nelle Linee guida n. 4, che “l’applicazione del principio di rotazione non può essere aggirata, con riferimento agli affidamenti operati negli ultimi tre anni solari, mediante ricorso a: arbitrari frazionamenti delle commesse o delle fasce; ingiustificate aggregazioni o strumentali determinazioni del calcolo del valore stimato dell’appalto; alternanza sequenziale di affidamenti diretti o di inviti agli stessi operatori economici; affidamenti o inviti disposti, senza adeguata giustificazione, ad operatori economici riconducibili a quelli per i quali opera il divieto di invito o affidamento, ad esempio per la sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 80, comma 5, lettera m del Codice dei contratti pubblici” (punto 3.6., ultimo periodo), così evidenziando la portata sostanziale dell’istituto.
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