Parziali difformità: demolizione o sanzione pecuniaria?

di Redazione tecnica - 16/10/2021

Abusi edilizi con interventi in parziale difformità: è sempre prevista la demolizione oppure è possibile l’applicazione di una sanzione pecuniaria? Lo spiega bene la sentenza n. 6551/2021 del Consiglio di Stato, sul ricorso proposto dai proprietari di un terreno confinante con un altro sul quale erano stati costruiti tre edifici in parziale difformità dal progetto presentato.

Sanzione o demolizione per difformità parziale: la sentenza

Nel caso in esame, frutto del ricorso alla riforma della sentenza del Tar Lombardia n. 268/2018, gli appellanti hanno richiesto la demolizione delle opere costruite in parziale difformità perché più alte di quanto segnalato nel progetto, costituendo una variazione essenziale all’edificio, ai sensi dell’art. 32 comma 1 lettera c) del D.P.R. n. 380/2001.

L’amministrazione comunale invece, dopo avere negato l’istanza di sanatoria proprio per violazione dell’altezza massima consentita dalle N.T.A., ha commutato l’ordine di demolizione delle opere eseguite in parziale difformità dai titoli abilitativi ex art. 34 del D.P.R. n. 380 del 2001 in sanzione pecuniaria, perché la sanzione ripristinatoria avrebbe comportato gravi danni e pregiudizi statici all’edificio.

Interventi in parziale difformità: le sanzioni

Nonostante il ricorso fosse illegittimo perché non motivato correttamente, Palazzo Spada ha comunque espresso il proprio parere sulla questione.

Nel farlo, ha richiamato l’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001:

  • gli interventi e le opere realizzati in parziale difformità dal permesso di costruire sono rimossi o demoliti a cura e spese dei responsabili dell’abuso (comma 1);
  • quando la demolizione non può avvenire senza pregiudizio della parte eseguita in conformità, il dirigente o il responsabile dell’ufficio applica una sanzione (comma 2).

Dunque, presupposti per l’applicazione della sanzione pecuniaria sostitutiva sono:

  • il rischio che la demolizione possa arrecare pregiudizio alla parte dell’opera eseguita in conformità;
  • la sussistenza di una difformità solo parziale.

La norma non fornisce comunque una definizione compiuta della nozione di “parziale difformità”, che rappresenta una categoria residuale rispetto ai casi di totale difformità, oppure alle ipotesi di variazioni essenziali.

Quali sono le variazioni essenziali in un progetto

Secondo quanto previsto dall’art. 32 del DPR 380/2001 (Testo Unico Edilizia), ricorre una variazione essenziale nel caso di:

  • mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444;
  • b) aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio, da valutare in relazione al progetto approvato;
  • c) modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
  • d) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito;
  • e) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali.

Non possono ritenersi variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle unità abitative.

Variazione altezza è variazione essenziale?

Inoltre, l’art. 54 della L.R. n. 12/2005, in attuazione del primo comma del citato art. 32, individua tra le variazioni essenziali al progetto approvato anche una differenza di altezza, ma solo se “in misura superiore a un metro”.

In questo caso, l’aumento di altezza, inferiore a un metro, ha interessato solo la parte laterale del sottotetto, mentre nella parte centrale l’altezza è rimasta invariata: si tratta dunque di una variazione non essenziale, per cui il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso e confermato l’applicazione della sanzione pecuniaria al posto della demolizione della parte abusiva.



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