Pergotenda: quali caratteristiche per identificarla?

di Redazione tecnica - 24/10/2024

La realizzazione di un volume chiuso abitabile tramite l’installazione di tendoni a cui sono agganciati dei teli in plastica non configura una struttura qualificabile come pergotenda e ascrivibile al regime di edilizia libera, quanto piuttosto una nuova costruzione.

Tendone chiuso da teli in plastica: non è pergotenda ma nuovo volume

A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 18 ottobre 2024, n. 8349, con cui ha respinto il ricorso proposto contro l’ordine di demolizione di una struttura adiacente a una sala ristorante, comprensiva anche di impianti e arredi.

Il ristorante, nel corso degli anni, avvea realizzato più strutture, presentando nel 1995 anche istanza di condono ai sensi della legge n. 724/1994, mai esitata. Di fatto, il ristorante aveva poi effettuato delle modifiche, motivo per cui non c’era nemmeno corrispondenza tra quanto realizzato e quanto richiesto nella domanda; successivamente aveva anche presentato una SCIA per la posa di 3 gazebi affiancati, e la pratica era stata archiviata dal Comune, rilevando che l’installazione di tende temporanee e di facile rimozione non rientrava tra le opere normate dall’art. 6 del D.P.R. n. 380/2001.

A seguito di un nuovo sopralluogo, l'Amministrazione aveva accertato la presenza di una grande tettoia in legno, con chiusura perimetrale in plastica, realizzata in assenza di qualsiasi titolo abilitativo e contrastante con le norme sulle distanze tra edifici e quelle relative all’indice di copertura., a cui era seguito l’ordine di demolizione.

In particolare l’ordinanza specificava che:

  • l’opera non poteva essere considerata precaria in ragione della sua natura durevole;
  • essa determinava un incremento di volume e superficie utile, inammissibile in base ai parametri vigenti, il tutto commesso in zona soggetta a vincolo paesaggistico (distanza di meno di 300 metri dalla battigia e dichiarazione di notevole interesse pubblico).

Ed è proprio questa ordinanza che il ristorante ha presentato ricorso, specificando che la struttura richiamata nel provvedimento avrebbe configurato una “pergotenda” che non richiede un preventivo titolo abilitativo; (l’opera sarebbe inclusa tra quelle indicate all’allegato A al D.P.R. n. 31/2017 e, come tale, non necessiterebbe di preventivo nulla osta paesaggistico.

Il TAR aveva già respinto il ricorso, in quanto l’opera oggetto dell’ordinanza impugnata doveva essere ricondotta tra una di quelle indicate all’allegato B del d.P.R. n. 31/2017, avendo incontestabilmente dato luogo ad una superficie chiusa di circa 75 mq; le dimensioni, inoltre, non consentirebbero di ritenere trascurabile l’impatto che ne deriva alla sagoma dell’edificio e all’assetto del paesaggio circostante. Pertanto l’opera non potrebbe qualificarsi come “pergotenda”, non sarebbe esonerata dal titolo edilizio e sarebbe sempre soggetta all’autorizzazione paesaggistica.

Pergotenda: definizione e caratteristiche

Da qui l’appello al Consiglio di Stato: l’intervento oggetto di demolizione rientrerebbe nell’edilizia libera; in particolare l'appellante rileva che la nozione di “pergotenda” non è definita dal legislatore e quindi non si potrebbe prescindere da un'analisi caso per caso, e quindi da un'analisi della struttura e dei materiali del singolo manufatto.

Il giudice inoltre non avrebbe dovuto dare tanto peso alle dimensioni della superficie racchiusa nel manufatto, senza considerare che, proprio in ragione dei materiali utilizzati, ovvero due grandi ombrelloni appoggiati a terra, neppure ancorati ad essa, senza intelaiature fisse, bullonature o ancoraggi di sorta – non è neppure possibile concepire l’esistenza di un volume chiuso, presentando il manufatto tutte le caratteristiche dell’edilizia libera.

Preliminarmente il Consiglio ha rilevato che la struttura era diversa da quella per cui era stata emessa la prima ordinanza, consistente in una vasta tettoia in legno completa di serramenti, sostituita da una copertura realizzata con ombrelloni ai quali era sovrapposta una plastica trasparente che scende su tutto il perimetro esterno dagli ombrelloni, delineando un volume chiuso e definito, dotato di tutti gli impianti tecnologici. Non si tratta di una struttura qualificabile come “pergotenda”, soggetta al regime di edilizia libera.

Ricorda Palazzo Spada che la “pergotenda” è sostanzialmente un manufatto destinato a riparare dal sole o dagli agenti atmosferici, collocato all’esterno di un edificio caratterizzato da una struttura fissa che sorregge una tenda, che ne costituisce l’elemento caratterizzante principale: come si intuisce dal nome, che nato dalla fusione del termine “pergola/pergolato” con il termine “tenda”, si tratta un manufatto che svolge le funzioni di copertura proprie del pergolato, non già per mezzo di vegetazione o di listoni ombreggianti, ma, come già precisato, con una tenda, che può avere anche carattere retrattile.

In giurisprudenza è ormai consolidato l’orientamento secondo cui perché possa parlarsi di “pergotenda” «è necessario che l’opera, per le sue caratteristiche strutturali e per i materiali utilizzati, non solamente non determini la stabile realizzazione di nuovi volumi/superfici utili, ma deve anche trattarsi di una struttura leggera, non stabilmente infissa al suolo, sostanzialmente idonea a supportare una “tenda”, anche in materiale plastico, ma a condizione che: - l’opera principale sia costituita, appunto, dalla “tenda” quale elemento di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici, finalizzata a una migliore fruizione dello spazio esterno; - la struttura rappresenti un mero elemento accessorio rispetto alla tenda, necessario al sostegno e all’estensione della stessa; - gli elementi di copertura e di chiusura (la “tenda”) siano non soltanto facilmente amovibili, ma anche completamente retraibili, in materiale plastico o in tessuto, comunque privi di elementi di fissità, stabilità e permanenza tali da creare uno spazio chiuso, stabilmente configurato che possa alterare la sagoma ed il prospetto dell’edificio “principale”».

Si deve trattare, in altre parole, di un elemento di arredo che migliora la fruibilità di uno spazio esterno senza avere le caratteristiche per trasformarlo in spazio abitabile.

Nuove volumetrie: ci vuole il permesso di costruire

Nel caso in esame, spiega il consiglio di Stato, è pacifico che i tre tendoni, collocati nel 2018, se non da prima, devono essere stati appesantiti in qualche modo per assicurarne la stabilità e l’equilibrio. Essi hanno caratteri di fissità e tutto il perimetro è chiuso da tendaggi di platica antipioggia, oltre che da una recinzione in pannelli di legno, e che l’ambiente sotto agli ombrelloni è raggiunto da tutti gli impianti e presenta vari arredi.

Lo spazio sottostante gli ombrelloni di fatto è stato trasformato in un volume chiuso abitabile; pertanto la struttura realizzata non si compendia solo nella posa dei tre ombrelloni e che perciò deve essere considerata nel suo complesso, e non in maniera atomistica, non può qualificarsi in termini di “pergotenda”, ma deve ritenersi nuova costruzione soggetta a permesso di costruire.

Inoltre non potendosi qualificare come “pergotenda”, la struttura va equiparata a una nuova costruzione che come tale ed essendo stata realizzata in area vincolata, necessita anche di preventiva autorizzazione paesaggistica.

La pergotenda dopo il Salva Casa

Mentre nella sentenza l'appellante ha specificato che nozione di “pergotenda” non è definita dal legislatore, il D.L. n. 69/2024 convertito in legge n. 105/2024 ha colmato questo presunto vuoto.

Il Decreto Salva Casa ha infatti introdotto all'art. 6, comma 1 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), la lettera b-ter) secondo cui «le opere di protezione dal sole e dagli agenti atmosferici la cui struttura principale sia costituita da tende, tende da sole, tende da esterno, tende a pergola con telo retrattile anche impermeabile, tende a pergola con elementi di protezione solare mobili o regolabili, e che sia addossata o annessa agli immobili o alle unità immobiliari, anche con strutture fisse necessarie al sostegno e all’estensione dell’opera. In ogni caso, le opere di cui alla presente lettera non possono determinare la creazione di uno spazio stabilmente chiuso, con conseguente variazione di volumi e di superfici, devono avere caratteristiche tecnico-costruttive e profilo estetico tali da ridurre al minimo l’impatto visivo e l’ingombro apparente e devono armonizzarsi alle preesistenti linee architettoniche».

La pergotenda rientra quindi fra le attività di edilizia libera, fermo resnado che deve avere le seguenti caratteristiche:

  • l'opera principale è costituita dalla stessa tenda, e non dalla struttura che la sorregge, che dev’essere qualificabile invece come mero accessorio di sostegno;
  • la struttura non deve creare nuovi stabili volumi o superfici utili, deve essere facilmente amovibile e, a tale scopo, composta da elementi leggeri e non stabilmente infissi al suolo;
  • la tenda, dev’essere composta in materiale plastico o tessuto, e dev’essere totalmente retraibile al fine di non andare mai a creare dei nuovi ambienti chiusi che possano alterare la sagoma e il prospetto dell’edificio già esistente.
  • la finalità dell’installazione, è quella di mera protezione dal sole e dagli agenti atmosferici.


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