Permesso di costruire annullato: il Consiglio di Stato conferma la doppia conformità per la fiscalizzazione dell'abuso

di Redazione tecnica - 20/06/2024

Mentre l’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia) consente la sanatoria di un’opera realizzata senza titoli edilizi, con l’art. 38 si permette la sanatoria di un’opera realizzata sulla base di un titolo edilizio poi annullato. In ambedue i casi deve sussistere il requisito della doppia conformità dell’opera.

Sanatoria edilizia e permesso di costruire annullato: ci vuole sempre la doppia conformità

A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 17 giugno 2024, n. 5428, in relazione a una complessa questione, oggetto di diversi contenziosi edilizi sulla costruzione di una palazzina a destinazione commerciale, che il Comune aveva assentito calcolando una volumetria eccessiva, tale da superare i limiti di densità fondiaria stabiliti dall’art. 41-quinquies della legge 17 agosto 1942 n. 1150 e dall’art. 7 del DM 2 aprile 1968 n. 1444.

Proprio per questo, a seguito del ricorso presentato da alcuni residenti della zona, aveva annullato in autotutela il permesso di costruire, applicando quindi le disposizioni dell'art. 38 del Testo Unico Edilizia, specificando l’impossibilità di demolire parzialmente le opere senza arrecare danno alla parte assentita.

Un provvedimento che il TAR aveva annullato, ritenendo praticabile la demolizione senza pregiudizio per le parti conformi, una tesi confermata dal Consiglio di Stato. Per altro, prima della conclusione del giudizio di appello, il Comune ha concesso per la seconda volta la sanatoria ex art. 38 del d.P.R. n.  380/2001, annullata anche questa sulla base del nuovo giudicato di Palazzo Spada.

Successivamente l’impresa ha chiesto una terza sanatoria, questa volta ai sensi dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, che è stata respinta, ritenendo insussistente il requisito della doppia conformità e perché il provvedimento si sarebbe posto irrimediabilmente in violazione ed elusione delle sentenze del Consiglio di Stato, ormai definitive e mai contestate. Inoltre l’Amministrazione ha ingiunto la demolizione parziale dell’edificio in esecuzione della sentenza.

Da qui l’impugnazione sia del nuovo diniego di sanatoria sia dell’ordinanza di demolizione.

Mentre sul primo il TAR ha respinto il ricorso, sulla seconda ha dato ragione all’impresa “con il conseguente annullamento degli atti impugnati e l’accertamento delle condizioni necessarie per la concessione della sanatoria ex art. 36 del DPR 380/2001, da verificare concretamente in sede amministrativa".

Focalizzando dunque l’attenzione sulla data di esecuzione dei lavori, spiega il TAR, il permesso di costruire non è stato annullato per contrasto con la disciplina urbanistica comunale all’epoca vigente, che anzi è stata interpretata esattamente come voluto dal Comune, ma perché la suddetta disciplina è stata ritenuta illegittima, e dunque da disapplicare.

La conformità urbanistica è un requisito valutato prima del rilascio del titolo edilizio, mentre la disapplicazione è il risultato di valutazioni interpretative che si collocano a valle, ossia dopo l’ultimazione dei lavori. Una volta formatosi l’affidamento dei privati su un titolo edilizio coerente con la disciplina urbanistica comunale, la disapplicazione di tale disciplina in sede processuale travolge il titolo edilizio ma non il dato storico della condizione di conformità urbanistica originaria, e dunque non rappresenta un ostacolo all’applicazione dell’art. 36 del d.P.R. n. 380/2001.

Questa norma si riferisce alla sanatoria di opere realizzate in assenza di permesso di costruire, o in difformità dallo stesso, e non all’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato rilasciato e successivamente annullato; ciò comunque non indebolisce, ma anzi rafforza, la prospettiva della regolarizzazione, come si può osservare dal confronto con la specifica fattispecie ex art. 38 del DPR 380/2001, che riguarda appunto l’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato annullato dopo l’ultimazione dell’intervento edificatorio. 

Sanatoria edilizia: le differenze tra accertamento di conformità e la fiscalizzazione

Da qui il nuovo appello al Consiglio di Stato presentato dai residenti e respinto da Palazzo Spada, dando ragione al primo giudice: il provvedimento di fiscalizzazione è totalmente distinto dal diniego di sanatoria ex art. 36 d.P.R. n. 380/2001, attenendo a un diverso istituto regolato dall’art. 38 del d.P.R. n. 380/2001.

Nel citato art. 38 sono previsti due istituti:

  • la fiscalizzazione conseguente all’impossibilità della riduzione in pristino;
  • la sanatoria consequenziale alla «rimozione dei vizi delle procedure amministrative», possibile soltanto in presenza di un’illegittimità soltanto formale del provvedimento annullato.

In sostanza, mentre con l’art. 36 si consente la sanatoria di un’opera realizzata senza titoli edilizi, attraverso l’art. 38 si consente la sanatoria di un’opera realizzata sulla base di un titolo edilizio poi annullato. In ambedue i casi deve sussistere il requisito della doppia conformità dell’opera.

Nel caso in esame, la sanatoria nonché la fiscalizzazione, non sono più basate sulla valutazione tecnica circa l’impossibilità di demolire la volumetria in eccesso senza pregiudizio per le parti conformi, ma sulla sanabilità dell’errore formale in presenza di una doppia conformità, che elide in radice anche ogni questione sull’interesse alla rimozione dell’abuso.

L'esclusione della fiscalizzazione per impossibilità della demolizione parziale non esclude la fiscalizzazione per eliminazione di vizio formale in presenza della doppia conformità, il che non è affatto contraddittorio ed esclude la necessità di vagliare un interesse pubblico preferibile rispetto a quello del privato a non spendere risorse inutilmente. In ogni caso, l’annullamento in autotutela è stato disposto per ragioni prettamente tecniche, con conseguente non predicabilità di bilanciamenti d’interessi e di motivazioni rafforzate a fronte della riscontrata mancanza dei requisiti per la fiscalizzazione rilasciata con la sanatoria, atteso il già richiamato principio di irrilevanza delle valutazioni non tecniche in materia edilizia.

Infine, ribadisce il Consiglio, in tema di abusi edilizi non vi è spazio per valutazioni circa ragioni di pubblico interesse diverse da quelle inerenti al ripristino della legittimità violata che impongono la corretta gestione del territorio, per il quale non è prospettabile alcun affidamento legittimo neanche a distanza di tempo, motivo per cui le valutazioni in detto ambito sono dunque esclusivamente di tipo tecnico edilizio e urbanistico.



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