Pertinenze e volumi tecnici: quali caratteristiche devono avere?

di Redazione tecnica - 13/06/2024

Ogni intervento edilizio che modifica significativamente lo stato dei luoghi con la realizzazione di manufatti fruibili autonomamente dev’essere considerato una nuova costruzione o una ristrutturazione “pesante”, non essendo in alcun modo possibile qualificare l’opera in altre categorie di interventi di minore rilevanza né reputare tali ampliamenti come volumi tecnici o pertinenziali.

Per essere classificati come volumi tecnici oppure manufatti pertinenziali e accessori, infatti, gli immobili devono rispettare specifiche caratteristiche e, in ogni caso, non devono mai essere dotati di autonomia funzionale, anche solo potenziale.

Pertinenze e volumi tecnici: i parametri di riferimento

A ribadirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza del 28 maggio 2024, n. 4725, con cui ha respinto il ricorso proposto contro l’ordine di demolizione relativo ad interventi conseguiti senza titolo che hanno comportato la trasformazione dell’assetto territoriale.

Si spiega, a tal proposito, che ogni opera che alteri lo stato dei luoghi, e risulti autonomamente fruibile, è una nuova costruzione ai sensi dell’art. 3, lettera e) del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), e non può essere ricompreso nella nozione di volume tecnico o in quella di pertinenza.

I volumi tecnici infatti sono esclusivamente quelli realizzati per esigenze tecnico-funzionali, al fine di ospitare gli impianti necessari all’utilizzo dell’abitazione - come impianti elettrici, idraulici, termici o di ascensori - e, in quanto tali, devono essere di dimensioni esigue.

Sono del tutto privi di autonomia funzionale (anche potenziale), e vengono realizzati nella parte esterna dell’immobile in quanto non possono, per esigenze di funzionalità degli impianti stessi, trovare luogo all’interno del corpo dell’edificio.

In sostanza, ai fini della nozione di “volume tecnico”, è fondamentale il rispetto dei seguenti parametri:

  • il primo, positivo e funzionale, richiede l’esistenza di un rapporto di strumentalità del manufatto con l’utilizzo della costruzione alla quale si connette;
  • il secondo e il terzo, entrambi negativi, richiedono che: emerga l’impraticabilità di soluzioni progettuali diverse da quelle adottate (e quindi l’impossibilità di realizzare il volume all’interno dell’immobile); sia riscontrabile un rapporto di necessaria proporzionalità tra tali volumi e le esigenze effettivamente esistenti.

Per quanto riguarda invece il concetto di “pertinenza urbanistica” - che, ricordiamo, è differente e più restrittivo rispetto alla nozione di pertinenza in senso civilistico - in particolare, si richiede in primo luogo che il bene accessorio sia legato a quello principale mediante un nesso (funzionale e strumentale) che escluda ogni altro possibile utilizzo oltre a quello di bene durevole a servizio dell’immobile principale.

Oltre a questo, l’opera pertinenziale dev’essere di dimensioni ridotte e modeste rispetto all’immobile che è destinata a servire, non deve avere autonomo valore di mercato, e non deve incidere in modo rilevante sul carico urbanistico o comportare trasformazioni dell’assetto territoriale.

Ristrutturazione con ampliamenti: permesso obbligatorio, sì alla demolizione

Le opere oggetto del caso in esame sono consistite in particolare nella realizzazione senza titoli di un manufatto (di dimensioni pari a 2,65 x 2,50 m e 2,45 m di altezza circa) - in aderenza ad una parete preesistente ed a confine con altra proprietà - le cui altre pareti sono realizzate in muratura e presentano due ampie aperture con griglie in ferro e ante apribili per accedere all’interno, mentre la copertura è costituita da struttura in legno.

Viste le caratteristiche dell’opera - che peraltro insiste su un plateatico in calcestruzzo alto 8 cm e pavimentato con linoleum - a nulla rileva che al suo interno ci fossero effettivamente solo l’impianto elettrico e quello di condizionamento, e che il locale fosse sprovvisto di arredi.

Difatti, non può ritenersi meramente pertinenziale un abuso che - pur avendo proporzione sensibilmente ridotta rispetto all’opera principale - presenta comunque queste caratteristiche:

  • rilevante dimensione;
  • autonomo valore di mercato;
  • rilevante carico urbanistico;
  • autonomia funzionale (anche potenziale);
  • occupa un’area diversa e ulteriore rispetto a quella già occupata dal preesistente edificio principale.

Chiaramente tale abuso non può essere ritenuto un mero volume tecnico.

Si tratta infatti di interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” soggetto a permesso di costruire ai sensi dell’art. 10 del TUE, perché hanno portato alla realizzazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nonché alla modifica di volume, sagoma, prospetti, superfici, rispetto alla condizione ante-operam.

Era quindi obbligatorio il titolo abilitativo per conseguire tali opere, che sono quindi state correttamente ingiunte a demolizione e ripristino dello stato dei luoghi, come conferma anche la normativa regionale rilevante per il caso in oggetto, la L.R. del Lazio n. 15/2008, che all’art. 16 dispone l’obbligo di demolizione per tutti gli interventi di ristrutturazione edilizia pesante - oltre che per i cambi di destinazione tra categorie non omogenee - che vengono conseguiti senza titoli, in difformità dagli stessi o con variazioni essenziali al progetto approvato. Il ricorso è dunque respinto.



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