Piano regolatore generale, piano regolatore portuale e ante '67: interviene il TAR
di Redazione tecnica - 11/08/2023
Il Piano Regolatore Portuale (PRP), quale piano settoriale, ha prevalenza Piano Regolatore Generale (PRG). In assenza della pianificazione di settore, però, trova applicazione la regolazione generale dell’ente locale.
Piano regolatore generale e piano regolatore portuale: la sentenza del TAR
Lo ha chiarito il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia con la sentenza 24 luglio 2023, n. 2453 che, in realtà, approfondisce anche un altro tema molto delicato relativo al "famoso" anno 1967 di pubblicazione della Legge n. 765/1967, la cosiddetta Legge Ponte con la quale è stata modificata la Legge n. 1150/1942 (Legge urbanistica).
Nel caso oggetto dell'intervento dei giudici del TAR, viene contestato il silenzio serbato sulla richiesta di permesso di costruire al fine di poter realizzare un intervento diretto alla creazione di un centro velico in un'area portuale, tenuta in forza di una concessione demaniale marittima, rilasciata dall’Assessorato al Territorio e Ambiente.
L'oggetto è, dunque, un’istanza di permesso di costruire, in area portuale in assenza di PRP, senza l’asseverazione di conformità del progetto allo strumento urbanistico comunale. Secondo il ricorrente, il Comune non avrebbe alcun potere di vigilanza e di controllo sull’attività edilizia nel porto.
Il TAR, però, ha ribadito il principio in forza del quale la pianificazione settoriale è destinata a prevalere sul quella generale (e ciò vale anche per il piano regolatore portuale) ma, naturalmente, solo ove esistente. Qualora il piano regolatore portuale manchi, come nel oggetto della sentenza, non può non applicarsi il PRG, con conseguente necessità del permesso di costruire. Quest’ultimo, peraltro, non poteva ritenersi formato per silenzio assenso, atteso che l’istanza non era giuridicamente configurabile (mancando dell’asseverazione di conformità del progetto allo strumento urbanistico comunale, obbligatoriamente prevista dall’art. 20 del d.P.R. n. 380 del 2001).
Legge Ponte: cosa cambia
Molto interessante è la parte della sentenza che, trattando il rapporto tra la pianificazione urbanistica generale e il piano regolatore portuale, parla di cosa cambia in Italia dopo la pubblicazione della Legge n. 765/1967, in vigore dall'1 settembre dello stesso anno.
Il TAR ricorda che fino al 1967 le aree portuali, così come ogni area ricadente nel demanio marittimo appartenente allo Stato, non erano soggette alle prescrizioni del piano regolatore comunale. Soltanto dopo l'entrata in vigore della Legge Ponte, il Comune ha assunto la competenza pianificatoria anche in relazione alle aree portuali.
In tal senso il TAR riporta uno stralcio dell'art. 31, comma 2, della Legge n. 1150/1942 come modificata dalla Legge Ponte:
"Per le opere da eseguire su terreni demaniali, compreso il demanio marittimo, ad eccezione delle opere destinate alla difesa nazionale, compete all’Amministrazione dei lavori pubblici, d’intesa con le Amministrazioni interessate e sentito il Comune, accertare che le opere stesse non siano in contrasto con le prescrizioni del piano regolatore generale o del regolamento edilizio vigente nel territorio comunale in cui esse ricadono".
Nella fase storica precedente, i piani portuali contemplati dalla legislazione di settore allora vigente (Legge 20 agosto 1921, n. 1177 e Legge 3 novembre 1961, n. 1246) costituivano soltanto strumenti di programmazione delle infrastrutture strumentali allo svolgimento delle attività del porto, erano cioè piani di “opere”.
La nascita dei Piani Regolatori Portuali
La successiva assunzione da parte delle Regioni del potere di approvazione dei piani regolatori generali adottati dai Comuni, ha fatto sorgere l’esigenza di introdurre un nuovo dispositivo di composizione degli interessi statuali e locali, esigenza alla quale ha cercato di rispondere la legge n. 84/1994, attraverso la creazione di Piani Regolatori Portuali di nuovo conio.
Le Autorità portuali - accanto alle funzioni di regolazione dei servizi portuali, prima gestiti in forma di monopolio pubblico, e ora, con la legge del 1994, aperti all’iniziativa economica privata - adottano da quell'anno un Piano Regolatore Portuale, avente lo scopo di delimitare «l’assetto complessivo del porto, ivi comprese le aree destinate alla produzione industriale, all’attività cantieristica e alle infrastrutture stradali e ferroviarie», delineandone «le caratteristiche e la destinazione funzionale», atteggiandosi a strumento di pianificazione territoriale, per quanto limitato all’area portuale…”.
Il PRP è definito, infatti, "piano territoriale di rilevanza statale che rappresenta l'unico strumento di pianificazione e di governo del territorio nel proprio perimetro di competenza" (art. 4, comma 1-septies, lettera b, del D.L. n. 121 del 2021 nella parte in cui riformula l'art. 5, comma 2-ter, della L. n. 84 del 1994), e nella pianificazione di tale perimetro (aree portuali e retro-portuali) ha "esclusiva competenza" l'Autorità di sistema (art. 4, comma 1-septies, lettera a, del D.L. n. 121 del 2021, come convertito, nella parte in cui riformula l'art. 5, comma 1-quinquies, della L. n. 84 del 1994 primo periodo), che come detto, acquisisce il solo parere di Regione e Comune sulla coerenza con la pianificazione delle aree contigue.
Tali disposizioni prevedono che:
- la pianificazione delle aree portuali e retro-portuali è competenza esclusiva dell'Autorità di sistema portuale;
- il PRP è un piano territoriale di rilevanza statale e rappresenta l'unico strumento di pianificazione e di governo del territorio nel proprio perimetro di competenza;
- la valutazione consultiva regionale e comunale su di esso sia di mera coerenza con le previsioni degli strumenti urbanistici (per le sole aree di cerniera tra il porto e la città.
Esse, tanto singolarmente quanto nel loro complesso, effettivamente, assegnano preminenza al PRP nel suo rapporto con i piani urbanistici generali.
Ciò, peraltro, non fa che riportare il piano regolatore portuale al generale principio urbanistico della prevalenza dei piani settoriali, quali piani funzionalmente finalizzati, su quelli generali. Il PRP, infatti, deve dare speciale disciplina al territorio portuale in quanto preordinato alla tutela dello specifico interesse pubblico al corretto svolgimento e allo sviluppo del traffico marittimo nazionale e internazionale.
Emerge quindi dalla normativa statale, come da ultimo modificata, una indubbia prevalenza del Piano Regolatore Portuale, quale piano settoriale, sulla pianificazione generale, ma naturalmente se esistente; diversamente – e in assenza della pianificazione di settore – deve trovare applicazione la regolazione generale dell’ente locale.
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