Il PNRR e le infrastrutture: una corsa contro il tempo, difficile (ma non impossibile) da vincere

di Mauro Cappello - 23/11/2022

Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) è lo strumento di programmazione che l’Italia ha proposto a Bruxelles per utilizzare i soldi europei provenienti dal Next Generation EU ovvero lo strumento finanziario dell’Unione che, per la prima volta nella storia dell’Europa, si finanzia tramite l’emissione di obbligazioni finanziarie comuni a tutti gli Stati membri.

Il PNRR è suddiviso in sei missioni che, a loro volta, sono declinate in componenti ed investimenti.

La missione tre è stata specificamente dedicata alle “infrastrutture per una mobilità sostenibile” e costituisce una parte importante dell’intero PNRR, basti pensare che da sola dispone di 25,4 miliardi di euro, pari a 13,26% delle risorse complessive del Piano.

Quasi tutte le risorse, precisamente 24,77 miliardi di euro, sono destinate agli “Investimenti sulla rete ferroviaria” e sono caratterizzati da una importante dimensione finanziaria mentre solo 0,63 miliardi di euro sono stati assegnati agli investimenti in tema di “Intermodalità e logistica integrata”.

Gli investimenti sulla rete ferroviaria con i relativi importi, riguardano sia l’Alta Velocità che le linee regionali, le connessioni diagonali, nodi ferroviari metropolitani nonché specifici investimenti mirati nel Mezzogiorno d’Italia.

Figura 1 - Investimenti PNRR sulla rete ferroviaria

La scelta degli investimenti è sicuramente corretta, infatti siamo tutti convinti che il nostro paese abbia un disperato bisogno di investimenti in infrastrutture di ogni tipo, siano esse di trasporto come anche energetiche, sanitarie di comunicazione, ecc, ma la domanda che dobbiamo porci è: siamo certi che il PNRR sia lo strumento finanziario più adatto per colmare il deficit infrastrutturale del nostro paese?

Vincoli temporali: le regole dell’Europa

Per dare una risposta all’interrogativo che ci siamo posti occorre richiamare, in via preliminare, la cornice delle regole europee descritte nel Regolamento (UE) 2021/2401 del Parlamento europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza.

I principali vincoli imposti dalla regolamentazione europea riguardano la sottoscrizione di “Impegni giuridicamente vincolanti” e la “realizzazione della spesa”.

In particolare, la disciplina europea prevede che lo Stato membro impegni giuridicamente entro il 31 dicembre 2022 una quota pari al 70 % dell'importo mentre il restante il 30 %, sia impegnato tra il 1° gennaio 2023 e il 31 dicembre 2023.

Per quanto riguarda la realizzazione della spesa il limite ultimo è fissato al 31 dicembre 2026.

Realizzazione delle infrastrutture in Italia

L’esame dei vincoli europei sull’impiego delle risorse del PNRR e la necessità di procedere con metodo analitico ci impongono di fare un’analisi sulle attuali capacità di spesa del nostro paese, specificamente nel settore delle infrastrutture.

Per conoscere la performance di spesa italiana è sicuramente utile consultare il “Rapporto sui tempi di attuazione delle opere pubbliche in Italia” pubblicato nel 2018 dal Sistema Conti Pubblici Territoriali.

I dati impiegati nel rapporto provengono dal monitoraggio degli interventi delle Politiche di Coesione, ovvero gli interventi ricompresi nella programmazione dei Fondi Strutturali 2007-2013 e quelli finanziati nel periodo 2000-2006 dalla politica di coesione nazionale, finanziata anche dal Fondo per lo Sviluppo e la Coesione (FSC, ex FAS).

Le analisi hanno un alto grado di attendibilità grazie alla presenza di un adeguato sistema di monitoraggio degli interventi, che comprende due banche dati dei programmi e dei singoli interventi finanziati, la Banca Dati Unitaria (BDU) e il Sistema Gestione Progetti (SGP), gestite dall’Ispettorato Generale per i Rapporti con l’Unione Europea (IGRUE) del Ministero Economia e Finanze e dal Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica.

L’insieme considerato è individuato a partire dagli interventi per cui è attivo il monitoraggio alla data del 31 dicembre 2017 che consta di oltre 1.128.412 interventi, per un finanziamento totale netto pari a circa 266 miliardi di euro, e si suddivide tra quelli inseriti nella:

  • programmazione comunitaria 2007- 2013, pari ad 1.052.398 interventi per 91,5 miliardi di euro;
  • programmazione nazionale 2000-2006, 76.014 interventi per 176 miliardi di euro.

Dati gli ingenti valori considerati e il mix di politiche rappresentate (nazionale e comunitaria) l’analisi si può considerare rappresentativa delle politiche infrastrutturali in Italia.

Le stime sui tempi e sulla spesa sono state effettuate con riferimento ai soli interventi appartenenti alla categoria “opere pubbliche”, con esclusione quindi degli appalti di forniture e servizi e degli aiuti, ovvero su un insieme di 55.932 interventi per un valore complessivo superiore a 119 miliardi di euro.

Nella figura 2 sono riportate, in termini di anni, le durate medie dei procedimenti di realizzazione delle opere pubbliche in Italia.

Come risulta facilmente comprensibile, le durate medie aumentano in rapporto alla dimensione economica degli investimenti, ciò per effetto della maggior complessità delle relative procedure.

Figura 2 - Durate medie dei procedimenti di realizzazione opere pubbliche in Italia (fonte CTP Rapporto 2018)

Una prima riflessione sui risultati delle analisi condotte dal Sistema CPT porterebbe a selezionare tutti gli investimenti infrastrutturali da finanziare con il PNRR unicamente tra quelli che abbiamo raggiunto e concluso la fase di affidamento.

La seconda considerazione riguarda la durata della fase di esecuzione, infatti considerando che il periodo utile per l’esecuzione degli investimenti realisticamente sarà dal 2023 al 2026 (come dichiarato nella Nota di Aggiornamento al DEF NADEF dallo stesso Ministero dell’Economia e delle Finanze) sarebbe utile scegliere gli investimenti solo tra quelli aventi una durata media della fase di esecuzione inferiore a quattro anni.

Infine un’ultima considerazione riguarda gli interventi che prevedono la realizzazione di gallerie (circa 150 km) per i quali bisogna tenere in conto un’ulteriore elemento di criticità ovvero il fatto che il nostro paese avrebbe necessità di varie decine di “talpe” in gergo tecnico Tunnel Boring Machine (TBM) mentre ad oggi disponiamo di nemmeno un decimo di quelle necessarie per rispettare i tempi.

Conclusioni

Considerati i vincoli europei sull’impiego delle risorse del PNRR e le performance di spesa dell’Italia certificate nel Rapporto Sistema CPT 2018 e che ad oggi non sembrano essere migliorate, probabilmente il PNRR non è lo strumento finanziario più adatto alla realizzazione delle infrastrutture.

Per evitare di perdere queste preziose risorse la scelta degli investimenti da inserire nella cornice del PNRR avrebbe dovuto tenere in conto di almeno tre fattori:

  • progetti con aggiudicazione intervenuta (impegni giuridicamente vincolanti);
  • dimensione dell’investimento contenuta entro i 20 milioni di euro;
  • esclusione interventi a rete con presenza di gallerie (da inserire nel Piano Nazionale Complementare).

Se da un lato, una ridefinizione del PNRR sarebbe più che auspicabile viste le condizioni geopolitiche createsi a seguito della guerra in Ucraina, per altri versi i dati evidenziano una urgente necessità di semplificare al massimo le procedure dell’appalto pubblico, ancora troppo farraginose per garantire il rispetto dei tempi europei e per colmare il deficit infrastrutturale.

Aver inserito le infrastrutture nell’ambito degli investimenti da realizzare con le risorse del PNRR obbliga l’Italia ad una corsa contro il tempo difficile (ma non impossibile) da vincere con il rischio di incorrere nelle disposizioni dell’art. 21 del Regolamento (UE) 2021/241:

“Se, a seguito della valutazione …. la Commissione accerta che i traguardi e gli obiettivi indicati nella decisione di esecuzione del Consiglio ….. non sono stati conseguiti in misura soddisfacente, il pagamento della totalità o di parte del contributo finanziario e, ove applicabile, del prestito è sospeso”.

Chiedere una riprogrammazione del PNRR, seppur parziale, rientra nell’ambito delle possibilità offerte dal Regolamento europeo così come segnalare la necessità che l’Europa provveda ad una dilatazione dei tempi oltre il 31 dicembre 2026, come peraltro alcuni paesi stanno già chiedendo.



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