Principio del risultato: la nuova stella polare degli appalti pubblici

di Redazione tecnica - 11/12/2024

Il principio del risultato, codificato nel d.Lgs. n. 36/2023 all’art. 1, costituisce la “stella polare” che guida le stazioni appaltanti verso l’opzione veicolante la maggior efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.

Esso è divenuto il criterio ordinante negli appalti pubblici, perché valorizza i poteri discrezionali dell’Amministrazione nel perseguimento dell’interesse pubblico, ripudiando automatismi e formalismi nell’attuazione concreta delle regole.

Di conseguenza, per esempio, la stazione appaltante non può escludere da una procedura di gara un OE, anche dopo aver attivato il soccorso istruttorio, per un formalismo relativo alla dichiarazione di subappalto, dovendo invece fare riferimento alla realizzazione concreta dell’affidamento e al fatto che la legge non impone formule sacramentali in merito.

Principio dei risultato: il fondamento del nuovo Codice dei Contratti

A confermarlo è il TAR Liguria con la sentenza del 9 dicembre 2024, n. 850, accogliendo il ricorso di un RTI escluso da una procedura aperta per l’affidamento di lavori, per non avere indicato esplicitamente la volontà di avvalersi del subappalto per le categorie di lavorazioni in cui le imprese aderenti al raggruppamento non erano qualificate.

Secondo il RTI ricorrente, pur avendo impiegato l’imprecisa espressione “riservarsi”, le imprese avrebbero dichiarato che si sarebbero avvalse del subappalto, motivo per cui la sanzione espulsiva si sarebbe rivelata eccessiva e sproporzionata, focalizzata soltanto sulla forma della dichiarazione e nonostante la legge non imponga formule sacramentali.

In particolare, in sede di presentazione dell’offerta le ricorrenti hanno consegnato la dichiarazione di impegno a costituire il raggruppamento temporaneo, indicando le quote di ciascuna nella partecipazione e nell’esecuzione dei lavori e contestualmente hanno trasmesso la dichiarazione di subappalto, comunicando che intendevano riservarsi le quote di subappalto nelle percentuali indicate e dichiarando il subappalto al 100% "per mancanza di qualificazione SOA di tutte le imprese facenti parte del costituendo RTI” soltanto per una delle categorie indicate.

Nonostante abbia attivato il soccorso istruttorio, il RUP ha estromesso il RTI per mancanza dei requisiti di qualificazione, considerando che mentre per alcune lavorazioni le imprese del gruppo hanno manifestato in modo inequivocabile la volontà di valersi del subappalto necessario, per le altre categorie esse si sono limitate ad esprimere una generica riserva di subaffidare le opere, indicando così un subappalto meramente facoltativo.

La sentenza del TAR: no a formalismi espulsivi

Il TAR ha dato ragione al RTI ricorrente: mentre nella vigenza del precedente d.lgs. n. 50/2016, l’operatore economico era tenuto a dare espressa indicazione della volontà di ricorrere al subappalto per supplire al requisito di qualificazione carente, non tollerandosi l’impiego di formule generiche o predisposte ad altri fini, né l’omessa dichiarazione del subappalto “necessario” o “qualificante” poteva formare oggetto di soccorso istruttorio, questo orientamento va oggi rivisto alla luce del fondamentale principio del risultato, codificato nel nuovo codice dei contratti.

L’art. 1 del d.lgs. n. 36/2023 sancisce che il principio del risultato dell’affidamento del contratto e della sua esecuzione – consistente nell’ottenere tempestivamente il miglior rapporto qualità / prezzo – costituisce “criterio prioritario per l’esercizio del potere discrezionale e per l’individuazione della regola del caso concreto”. Ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. n. 36/2023, il principio riveste un ruolo preminente (unitamente alla fiducia ed all’accesso al mercato) nell’interpretazione ed applicazione delle disposizioni codicistiche.

Come evidenziato dagli interpreti, nella materia dei contratti pubblici il risultato è divenuto il criterio ordinante, perché valorizza i poteri discrezionali dell’Amministrazione nel perseguimento dell’interesse pubblico e ripudia automatismi e formalismi nell’attuazione concreta delle regole. Dunque, il principio del risultato costituisce la “stella polare” che guida le stazioni appaltanti verso l’opzione veicolante la maggior efficacia ed efficienza dell’azione amministrativa.

Ne deriva che, applicando il principio al caso in esame, la SA avrebbe dovuto seguire il percorso ermeneutico per il quale la dichiarazione di subappalto resa dal raggruppamento in sede di offerta, come precisata nell’ambito del soccorso istruttorio, risulta idonea a legittimare il ricorso delle imprese associate al subappalto necessario non solo per una categoria, ma per tutte quelle indicate.

A questo proposito, spiega il TAR che il subappalto necessario (o qualificante) possiede la stessa natura giuridica di quello facoltativo (o semplice), dal quale si differenzia solamente dal punto di vista funzionale, essendo imposto dal difetto di qualifica del concorrente ad eseguire lavorazioni rientranti nelle categorie scorporabili a qualificazione obbligatoria (cfr. art. 12, comma 2, del d.l. n. 47/2014, conv. in l. n. 80/2014). Pertanto, in assenza di una norma che imponga uno speciale onere di forma, non può richiedersi per il subappalto qualificante una dichiarazione differenziata da quella valevole per il subappalto semplice.

Per quanto concerne la “riserva” di subappaltare le opere, contenuta nella dichiarazione presentata nel caso in esame, è vero che tale formula indica normalmente il subappalto facoltativo, ma, proprio per la mancanza di oneri formali e per l’unicità del regime giuridico dell’istituto, non può a priori escludersi che essa investa anche il subappalto necessario.

Di conseguenza, secondo l’interpretazione orientata al risultato, si ritiene che il concorrente possa porre rimedio all’ambiguità di siffatta espressione mediante chiarimenti nella fase di soccorso istruttorio.

Il ricorso è stato quindi accolto, con conseguente annullamento del provvedimento di esclusione.



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