Realizzazione muretto di recinzione: ci vuole il permesso di costruire
di Redazione tecnica - 28/04/2022
La costruzione di un muro in sopraelevazione non rientra tra gli interventi di edilizia libera e, come tale, necessita di permesso di costruire. Diversamente, l’unica opzione possibile è la sua demolizione.
Realizzazione muro di cinta: CILA o PDC?
Così ha stabilito il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3161/2022, confermando quanto disposto già in primo grado dal TAR Campania su un ordine di riduzione in pristino di una muratura in sopraelevazione lunga circa 26 metri e di altezza media di circa 1 metro, completata da una recinzione temporanea ad uso cantiere. L’accesso era garantito tramite un varco di collegamento,intercluso da un cancello in legno.
Il Tar aveva già rigettato il ricorso di primo grado, rilevando che:
- ai fini della realizzazione di opere di sbancamento e di muri di contenimento di dimensioni significative sarebbe stato necessario munirsi del permesso di costruire;
- in mancanza di sufficienti prove contrarie da parte dei ricorrenti, l’intervento presentava i caratteri propri delle attività di trasformazione del territorio, per cui era indispensabile il previo rilascio del permesso di costruire, in mancanza del quale legittimamente era stata applicata la misura ripristinatoria;
- l’intervento era stato effettuato in zona vincolata, per cui oltre al PDC, era necessaria l’autorizzazione paesaggistica, non essendo riconducibile al perimetro di esenzione definito dall’art. 149, lett. b, del d.lgs. n. 42/2004.
Secondo il ricorrente, le opere sarebbero state irrilevanti sul piano edilizio e paesaggistico e non avrebbero comportato una trasformazione rilevante del territorio soggetta al rilascio del permesso di costruire e all’autorizzazione paesaggistica. Di conseguenza, il TAR avrebbe errato nell’omettere di valorizzare la normativa sulle liberalizzazioni affermatasi dal 2014 con le quali si identificavano:
- a) la sistemazione di un muretto di cinta rilevante ai sensi dell’art. 6, comma 2, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, soggetto pertanto a mera comunicazione asseverata, o comunque ai sensi dell’art. 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, con conseguente perdurante assoggettamento al regime della CILA;
- b) una recinzione metallica e temporanea ad uso cantiere di cui all’art. 6, comma 2, lett. b), D.P.R. n. 380/2001, sempre soggetta a CILA;
- c) un cancello in legno ad uso cantiere, ancora una volta sottratto al regime del permesso di costruire,
Inoltre, il giudice di prime cure non avrebbe valorizzato la disciplina di cui al D.P.R. n. 31 del 2017, in particolare l’allegato A.13, con cui era necessario escludere l’autorizzazione paesaggistica per gli interventi di manutenzione, sostituzione o adeguamento di cancelli, recinzioni, muri di cinta o di contenimento del terreno, inserimento di elementi antintrusione sui cancelli, le recinzioni e sui muri di cinta eseguiti nel rispetto delle caratteristiche morfotipologiche, dei materiali e delle finiture esistenti;
La sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha confermato la sentenza del TAR su tutta la linea, precisando che le opere erano assoggettate al regime di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica, trattandosi di interventi di nuova costruzione in zona paesaggisticamente vincolata.
Palazzo Spada ha preliminarmente evidenziato come, sul piano edilizio, per qualificare concretamente l'attività edilizia svolta, è necessario tenere conto che la trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comprende non le sole attività di edificazione, ma anche quelle consistenti nella modificazione rilevante e duratura dello stato del territorio e nell'alterazione della conformazione del suolo.
Con specifico riferimento all’edificazione di strutture murarie, il Consiglio ha già precisato che “il muro di contenimento, sotto il profilo edilizio è un'opera ben più consistente di una recinzione e, soprattutto, è dotata di propria specificità ed autonomia, in relazione alla sua funzione principale; conseguendone sia la necessità del suo assoggettamento al regime concessorio, sia la legittimità della sanzione della demolizione prevista per il caso di assenza di concessione”.
Requisiti essenziali del muro di cinta sono l’isolamento delle facce, l'altezza non superiore ai tre metri e la sua destinazione alla demarcazione della linea di confine e alla separazione e chiusura della proprietà; diversamente, quando si è in presenza di un dislivello di origine artificiale, deve essere considerato costruzione in senso tecnico - giuridico il muro che assolve in modo permanente e definitivo anche alla funzione di contenimento di un terrapieno creato dall'opera dell'uomo.
Ed è proprio utilizzando questi criteri che emerge come si trattasse di un muro di contenimento, soggetto al previo rilascio del permesso di costruire.
Come spiega il Consiglio, non si può fare riferimento all’art. 6 D.P.R. n. 380/2001 o all’art. 3, lett. c), D.P.R. n. 380/2001, in quanto non si fa questione di opere di mera pavimentazione o di opere di restauro o risanamento conservativo di un organismo preesistente, ma di realizzazione di una nuova costruzione, di cui non è dimostrata la preesistenza, con trasformazione edilizia e urbanistica del territorio discendente dall’eliminazione del declivio originario e dalla sua sostituzione con un nuovo tracciato. Palazzo Spada ha quindi confermato l’assoggettabilità dell’intervento edilizio al combinato disposto dell’art. 3, comma 1, lett. e), e dell’art. 10, comma 1, D.P.R. n. 380/2001, richiedente il previo rilascio del permesso di costruire.
Intervento va considerato nel suo complesso
Da questo regime non si possono escludere le ulteriori opere sanzionate dal Comune, ossia il cancello in legno e le ulteriori opere di recinzione: come spiega il Consiglio, per valutare l'incidenza sull'assetto del territorio di un intervento edilizio, consistente in una pluralità di opere, va compiuto un apprezzamento globale, atteso che la considerazione atomistica dei singoli interventi non consente di comprenderne in modo adeguato l'impatto effettivo complessivo. I molteplici interventi eseguiti non vanno considerati, dunque, in maniera "frazionata". Di conseguenza, una volta qualificata in termini di nuova costruzione l’edificazione del muro di contenimento, le opere correlate alla sua esecuzione non possono essere valutate in maniera atomistica, concorrendo a delineare l’unitario e complessivo intervento edilizio abusivo posto in essere dalla parte privata: anche il cancello di ingresso, le nuove opere di recinzione e i gradini di ingresso al tracciato devono essere valutati come componenti l’intervento di nuova costruzione e vanno assoggettati alla sanzione demolitoria prescritta, per gli interventi di nuova costruzione in assenza di permesso di costruire, dall’art. 31 DPR n. 380/01.
Nuova costruzione in area vincolata: ci vuole autorizzazione paesaggistica
Infine, il Consiglio ha rilevato che le opere erano assoggettate anche al previo rilascio del titolo paesaggistico, comportando una rilevante modifica dello stato dei luoghi in zona paesaggisticamente vincolata, attraverso l’eliminazione del declivio naturale e la sua sostituzione con un muro di contenimento funzionale alla realizzazione di un nuovo tracciato. Trova quindi applicazione il principio di diritto per cui “In caso di vincolo paesaggistico qualsiasi intervento idoneo ad alterare il pregresso stato dei luoghi deve essere preceduto da autorizzazione paesaggistica e in sua assenza è soggetto a sanzione demolitoria”.
Non si tratta di interventi (quali la manutenzione, la sostituzione o l’adeguamento) su organismi edilizi preesistenti, ma di realizzazione di un nuovo organismo con la modifica dell’andamento naturale del terreno; fattispecie non sottratta all’obbligo del previo rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
L'appello è stato quindi respinto integralmente, confermando l’ordine di demolizione per quella che si configurava come nuova costruzione realizzata in assenza di permesso di costruire e di autorizzazione paesaggistica.
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