Requisiti di capacità tecnica: la discrezionalità della SA
di Redazione tecnica - 06/02/2024
L’applicazione del principio del “favor partecipationis” costituisce un criterio di interpretazione e può trovare applicazione solo a fronte di clausole ambigue, suscettibili di plurime interpretazioni. Diversamente, se ragionevoli e proporzionate, le clausole relative ai requisiti di capacità economica e tecnica non possono essere considerate anticoncorrenziali.
Requisiti di capacità economica e di capacità tecnica: i limiti al favor partecipationis
Si tratta di un limite all’apertura alla concorrenza che il Consiglio di Stato ha confermato con la sentenza del 1° febbraio 2024, n. 1048, con la quale ha respinto l’appello presentato da un operatore economico, originariamente aggiudicatario dell’affidamento di un servizio. Aggiudicazione che il TAR aveva già annullato, riconoscendo l’assenza dei requisiti di capacità tecnica ed economica richiesti dal disciplinare.
Queste in particolare le previsioni della lex specialis:
- "la capacità tecnica professionale è data dall’aver eseguito nell’ultimo triennio almeno un servizio uguale a quello oggetto dell’appalto, per un importo equivalente a quello stimato annuo a base della presente gara”;
- "il requisito di capacità economico - finanziaria è comprovato dall’aver realizzato un fatturato specifico medio annuo nel settore di attività oggetto dell’appalto riferito agli ultimi n. 3 esercizi finanziari (2019-2020-2021) non inferiore all’importo annuale stimato a base d’asta della presente iniziativa (€ 1.171.465,00)”.
Già in primo grado il TAR aveva fatto presente che la SA ha richiesto, con la clausola dei requisiti di capacità economico finanziaria, la dimostrazione dello svolgimento di un servizio di punta, intendendo come tale quel servizio la cui regolare prestazione dimostra l'elevata capacità tecnico-professionale del concorrente, sia economica, che organizzativa, necessaria per l'adempimento dell'obbligo contrattuale conseguente all'aggiudicazione della gara. Al concorrente è stato, dunque, richiesto di dimostrare di essere in grado di svolgere il servizio attraverso la prova dell'averne già espletato uno uguale per un importo almeno pari a quello in gara, con la conseguenza che il requisito non poteva essere ritenuto frazionabile.
Secondo l’appellante, invece, il disciplinare non richiedeva lo svolgimento di un unico servizio determinato o specifico, ma di almeno un servizio uguale tra quelli indicati nel bando, nel triennio di riferimento fino all’importo stimato annuo a base di gara senza fare alcun riferimento specifico alla impossibilità di frazionamento, motivo per cui il servizio richiesto non poteva essere qualificato come requisito “di punta”, senza che nulla vietasse di soddisfare la richiesta del requisito di carattere tecnico professionale anche mediante ricorso all’avvalimento plurimo.
Inoltre, acclarata l’equivocità della disposizione del disciplinare, il primo giudice avrebbe dovuto escludere l’interpretazione più restrittiva, in ossequio al principio del favor partecipationis.
La sentenza del Consiglio di Stato
Il Consiglio di Stato ha invece sposato la tesi del TAR, sottolineando il significato inequivocabile della clausola già sul piano letterale, tra l’oggetto del servizio svolto e l’importo richiesto: la stazione appaltante ha chiaramente richiesto, quale requisito di ammissione, la dimostrazione di avere effettuato nel triennio precedente almeno un servizio uguale e per un importo stimato annuo di € 1.171.465,00, non frazionabile.
Quanto alla motivazione della richiesta di un determinato servizio di punta, spiega Palazzo Spada, la stessa è logicamente ravvisabile nella finalità di consentire la selezione di un operatore che abbia già espresso la capacità di eseguire un servizio che presenti caratteristiche tecniche analoghe a quello oggetto di affidamento. Sotto questo profilo, è corretto il rilievo del primo giudice, secondo cui “è naturale che la struttura organizzativa necessaria a effettuare un servizio di rilevante entità è diversa dalla struttura operativa necessaria all’operatore economico per svolgere molteplici servizi di dimensione economica più limitata”.
In relazione all’applicazione del principio del “favor partecipationis”, ribadisce il Consiglio, esso costituisce un criterio di interpretazione e può trovare applicazione solo a fronte di clausole ambigue, suscettibili di plurime interpretazioni, ipotesi che, come rilevato, non ricorre nella fattispecie concreta in esame.
Requisiti di capacità professionale: la discrezionalità delle Stazioni Appaltanti
Nè una clausola può essere definita anticoncorrenziale quando è dentro i confini della ragionevolezza e della proporzionalità: è infatti facoltà della stazione appaltante prevedere determinati requisiti di capacità professionale, nei limiti di ragionevolezza e proporzionalità, come previsto dal previgente Codice dei Contratti (art. 83, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016), dall’attuale codice dei contratti (art.10, comma 3, d.lgs. n. 36/2023), in attuazione del principio della direttiva 2014/24/UE laddove si prevede, con riferimento alle capacità tecniche e professionali, che “le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre requisiti per garantire che gli operatori economici possiedano le risorse umane e tecniche e l'esperienza necessarie per eseguire l'appalto con un adeguato standard di qualità” (art. 58, paragrafo 4), confermando l’impostazione secondo la quale la pubblica amministrazione ha interesse ad incentivare la partecipazione alle gare di soggetti particolarmente qualificati, che garantiscano elevati standard qualitativi al fine di svolgere al meglio le prestazioni oggetto di gara.
In tal senso, la disposizione ha espressamente stabilito che “Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere, in particolare, che gli operatori economici dispongano di un livello sufficiente di esperienza comprovato da opportune referenze relative a contratti eseguiti in precedenza”.
A tale scopo, all’Amministrazione è garantita un’ampia
discrezionalità nell’individuazione dei requisiti tecnici,
ancorché più severi rispetto a quelli normativamente stabiliti,
purché la loro previsione sia correlata a circostanze
giustificate e risulti funzionale rispetto all’interesse
pubblico perseguito.
In questo caso sono stati rispettati sia il limite della congruità
con l’oggetto della gara, che quello della proporzione, atteso che
l’importo del servizio di “punta” è stato commisurato ad una sola
annualità del contratto da affidare.
Di conseguenza le clausole non potevano essere considerate anticoncorrenziali né ambigue, motivo per cui è stata confermata la legittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione della gara in favore del concorrente che non era in possesso dei requisiti previsti dal disciplinare.
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