Riforma Codice dei contratti e prestazioni professionali gratuite: norma in contrasto con l’equo compenso
di Gianluca Oreto - 31/05/2022
Mentre il disegno di legge delega per la riforma della normativa sui contratti pubblici entra nel vivo, era impossibile pensare che non si cominciasse a parlare di uno dei criteri contenuti che sdoganerebbe ufficialmente l'idea che si possa fornire una prestazione professionale ottenendo come compenso il "guadagno di immagine".
Prestazioni professionali
All'interno della delega è stato, infatti, previsto che all'interno del futuro testo di riforma del D.Lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti) si dovrà inserire il divieto di prestazione gratuita delle attività professionali, "salvo che in casi eccezionali e previa adeguata motivazione". In questo modo le pubbliche amministrazioni, dietro appunto adeguata motivazione, potranno prevedere bandi per prestazioni a titolo gratuito.
Sull'argomento ho già sentito Franco Fietta (Fondazione Inarcassa), il cui commento negativo è stato confermato anche da Armando Zambrano, presidente del Consiglio Nazionale degli Ingegneri.
Il commento del CNI
Come confermato da Zambrano, l'attuale formulazione della delega prevede una possibilità per la quale "una prestazione professionale (un progetto, una direzione dei lavori, un incarico per il supporto al Rup e così via) potrà essere resa a costo zero per la pubblica amministrazione, purché la prestazione gratuita sia adeguatamente motivata".
Sul punto Zambrano ha, però, ricordato che "ai sensi del comma 8 ter dell’art. 24 del Codice dei Contratti è esclusa questa fattispecie per i servizi di ingegneria e architettura, essendo esclusa la possibilità che il professionista possa essere ristorato con altro tipo di utilità se non quella del pagamento del corrispettivo dovuto per l’espletamento del servizio svolto. Con il decreto correttivo, proprio per tutelare il lavoro professionale e i professionisti, sono stati inseriti all’articolo 24 del codice i commi 8 bis e 8 ter. Col comma 8 bis è stato stabilito che deve esserci la copertura finanziaria per procedere all’affidamento dei servizi di ingegneria e architettura; col comma 8 ter, come detto, che questi servizi non possano essere a titolo gratuito. Questa può essere considerata una conquista dei professionisti Italiani dopo la scandalosa sentenza che legittimava l’ormai celebre bando per l’elaborazione del piano regolatore del Comune di Catanzaro per 1 euro".
Contrasto con l'equo compenso
Il Presidente Zambrano sottolinea che "Questa previsione, al
di là dell’evidente contrasto con il principio dell’equo compenso e
con l’art. 36 della Costituzione, sembra sottintendere il messaggio
per il quale il professionista può “accontentarsi” della
gratificazione e della soddisfazione personale del servizio
prestato alla cosa pubblica.
Stupisce come, in una fase di ampia discussione in tutti i paesi
europei di una soglia minima di remunerazione per i lavoratori e di
una comprensibile spinta sociale all’aumento dei salari, il
Parlamento, con modalità insolitamente compatte, intenda andare
controcorrente e riservare all’Amministrazione la facoltà di
dotarsi di professionisti qualificati gratuiti".
Nel dossier predisposto dalla Camera viene ricordata la sentenza del
Consiglio di Stato n. 7442 del 2021 che secondo il Presidente
del CNI sarebbe stata utilizzata impropriamente. "Il richiamo
alla sentenza 7442/2021 - conferma Zambrano - dà origine
ad un’argomentazione impropria che si basa sul seguente assunto: le
tutele economiche per il lavoro (anche dei professionisti)
presuppongono l’onerosità della prestazione; sicché quando la
prestazione è gratuita, liberale, esse non valgono. Questo modo di
argomentare lascia molto perplessi poiché ribalta la base dell’art.
36 della Costituzione: il lavoro va sempre remunerato
adeguatamente.
La stessa riflessione sarebbe applicabile al lavoro dipendente,
poiché anche un lavoratore dipendente potrebbe voler lavorare per
arricchire il suo curriculum o per maturare esperienze o relazioni,
senza pretendere una retribuzione. Peccato che tale ipotesi
argomentativa sia stata sempre considerata illogica ed
inaccettabile dai Tribunali del Lavoro che, volendo giustamente
tutelare i lavoratori, hanno sempre ritenuto non conforme
all’ordinamento una prestazione lavorativa gratuita".
Zambrano pone una domanda provocatoria: "perché la prestazione lavorativa del dipendente ha una presunzione assoluta di onerosità, non sindacabile da alcuno, mentre quella del professionista potrebbe essere gratuita pur muovendosi nel medesimo contesto ordinamentale?".
Il paradosso della norma
"La citata sentenza del Consiglio di Stato e la legge delega in approvazione - evidenzia Zambrano - intendono legittimare e considerare conforme all’ordinamento la seguente paradossale ipotesi. Prendiamo ad esempio una qualsiasi prestazione professionale. Se essa è svolta da un dipendente che dichiari di non voler essere remunerato, dinanzi ad un Tribunale del lavoro vedrebbe l'Amministrazione sempre soccombente e condannata (la manifestazione di volontà del dipendente verrebbe considerata dal Tribunale nulla perché in contrasto con l’art. 36 della Costituzione). Se essa, invece, viene svolta da un professionista vincitore di una selezione per Avviso che non prevede remunerazione, qualora quest'ultimo se ne lamentasse in giudizio, risulterebbe soccombente in applicazione del principio sopra contestato".
Le direttive comunitarie
Il presidente del CNI evidenzia anche un possibile contrasto con le direttive europee cui anche la prossima riforma si dovranno ispirare. "Va rilevato - continua Zambrano - che le direttive comunitarie di cui la legge delega costituisce attuazione non prevedono in alcun modo tale “possibilità di gratuità” e la stessa legge delega prevede, come principio cardine, il divieto di norme aggiuntive od ulteriori rispetto ai principi comunitari espressi dalle Direttive di riferimento (divieto di gold plating). Ricordiamo, infatti, che le recenti pronunce della Corte di giustizia sul subappalto, l’avvalimento, le riserve a favore della mandataria di un RTI, hanno evidenziato l’illegittimità delle disposizioni normative italiane che le prevedevano perché non fondate sulle Direttive che dovevano attuare! Non pare difficile prevedere medesima sorte per una disposizione quale quella che il Parlamento si appresta a varare".
Senza giri di parole il Presidente del CNI si chiede "Come possa dirsi tale assurdità compatibile con gli artt. 3 e 36 della Costituzione non è dato comprendere".
Le motivazioni della P.A.
Per ultimo il Presidente Zambrano rimarca anche la pessima decisione di lasciare la decisione sulla gratuità della prestazione all'"adeguata motivazione" della P.A. "Il legislatore - conclude Zambrano - non intende prendere in prima persona la responsabilità di una norma ordinaria in violazione dell’art. 36 della Costituzione dettandone con chiarezza i presupposti, ma rimanda alle singole Amministrazioni l’elaborazione di una adeguata motivazione. Ne deriverà certamente una forte disparità di trattamento ed un significativo contenzioso, anche in barba agli obblighi del PNRR".
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