Riforma Codice dei contratti: quale mercato e quale futuro?
di Edoardo Bianchi - 16/01/2023
Il nuovo Codice degli appalti dopo un primo passaggio in Consiglio dei Ministri ha ora iniziato il viaggio per l’esame parlamentare. Ancora prima di vedere definitivamente la luce, si ipotizza una sua approvazione e messa in naftalina perché dispieghi i propri effetti in un momento successivo alla sua preventivata entrata in funzione.
Entrate in vigore nuovo Codice dei contratti
Il Codice, tra l’altro, mette a regime alcuni provvedimenti straordinari che i DL Semplificazioni 1 e 2 avevano previsto valevoli fino a giugno 2023, per fare uscire il Paese dalle secche della pandemia sanitaria, accentuando la discrezionalità che la pubblica amministrazione ha di utilizzare procedure flessibili.
Per uscire dalla pandemia bellica e far atterrare il PNRR si eleva ad ordinaria la procedura negoziata senza bando, quanto meno sino alla soglia comunitaria, e si stabilizza l’appalto integrato nelle varie declinazioni.
Quanto al primo profilo potrebbero emergere due problematiche.
La prima connessa alla tematica della “conoscibilità delle procedure di gara” (pubblicità) che male si concilierebbe, peraltro, con il principio informatore del nuovo codice ex articolo 3 dell’accesso al mercato. Pubblicità non solo ex ante, per conoscere cioè quali gare sono bandite dalla mano pubblica, ma anche nella fase ex post, che avrebbe dovuto garantire una verificabilità degli inviti e delle rotazioni dei singoli operatori.
La seconda connessa alla procedura di infrazione verso il nostro paese, anche, a causa dell’utilizzo distorto ed eccessivo fatto sino ora della procedura negoziata.
Tralasciando le implicazioni di siffatto approccio che determina la morte dell’istituto della Associazione Temporanea di Impresa.
La fase esecutiva
Relativamente alla fase di esecuzione, quella che manda avanti i lavori e produce i SAL per intenderci, forse sarebbe servita una presa di posizione più concreta sia sul tema di un meccanismo automatico relativo all’adeguamento dei prezzi (in aumento o in diminuzione), sia sul tema della indeterminatezza dell’illecito professionale nonché sul tema della soluzione delle dispute durante il corso dei lavori.
Sono Istituti previsti ma il cui funzionamento effettivo è molto improbabile.
In considerazione della rilevanza sempre maggiore dei “settori speciali” rispetto ai “settori ordinari”, forse anche una più stringente disciplina dei primi sarebbe stata auspicabile così come una parola di chiarezza sui contenuti dell’ex articolo 177 così come novellato dall’intervento della Corte Costituzionale forse sarebbe stata apprezzabile.
La progettazione
Sul tema della progettazione, ottima è la scelta di puntare sulla tecnologia BIM auspicando che la scommessa (perduta) già fatta nel Codice 50 abbia questa volta successo.
Il BIM costituisce uno step essenziale sulla strada di un progettazione che possa assicurare tempi e costi certi di esecuzione. Potrebbe essere utile comprendere perché le previsioni ex articolo 6 del DM del MIT del 01.12.17, che dal primo gennaio 2023 prevedevano l’utilizzo del BIM obbligatorio per tutte le gare pubbliche superiori ad 1 milione di euro, sia stato largamente disatteso.
Alcune scelte di fondo sono state tracciate ma la compilazione degli allegati ci fornirà il quadro definitivo di assieme.
Quale “idea” di mercato?
Quello che preme qui evidenziare non è tanto una esegesi su i singoli istituti della nuova legge dei contratti pubblici, quanto quale idea di mercato attraverso il Codice il legislatore si prefigge di disegnare.
Sembrerebbe emergere, il condizionale è d’obbligo, un mercato spaccato tra pochi grandissimi player da una parte e moltissime micro imprese dall’altro con in mezzo un vuoto esiziale.
Analizzando il disposto combinato tra le più recenti gare di appalto e la normativa in materia di procedure di gara si delinea un quadro preoccupante.
Si assiste da una parte ad un taglio medio degli appalti sempre più alto e dall’altro alla volontà, per gli importi più contenuti, di creare una sorta di riserve di caccia per le micro imprese a livello territoriale.
Sono completamente spariti gli appalti per le piccole e medie imprese, quasi si volesse riservare alle stesse il ruolo principale di subappaltatori.
La centralizzazione delle stazioni appaltanti
Anche il recente utilizzo di stazioni appaltanti centralizzate ha avuto l’effetto di ampliare questo fenomeno.
Per crescere in termini di professionalità e competenza le stazioni appaltanti necessitano di risorse economiche ed umane, ma lasciando di fatto solo le gare di piccoli importi alle stazioni appaltanti non centralizzate si determina, indirettamente, un condizionamento del mercato.
Il ruolo delle piccole e medie imprese non ha un futuro in termini di dignità imprenditoriale in un contesto dove i “settori speciali” coprono più del 50% in termini di risorse del mercato dei llpp, dove l’importo dei bandi di gara si caratterizza da un lato da bandi molto grandi e dall’altro da bandi molto piccoli. Ciò con l’ulteriore criticità derivante dalla scelta delle stazioni appaltanti di mandare in gara, come di recente, appalti integrati complessi in cui viene chiesto a tutti i partecipanti l’implementazione del livello progettuale dalla fattibilità al livello definitivo con ciò aggravando il costo di partecipazione per singola gara che non potrà essere sopportato a lungo dalle medie e piccole imprese.
Questo eccessivo favor verso il gigantismo, con la concentrazione innaturale nelle mani di pochissimi player, presenterà tra qualche anno il conto con la definitiva distruzione di un settore invece strategico nella vita del Paese.
E’ connaturato alla vita dell’imprenditore voler crescere ed aumentare il proprio perimetro di azione, anche le piccole e medie imprese sono pronte ad affrontare la sfida del PNRR per consolidare il proprio status e tentare di crescere nella speranza che le riforme prospettate e la opzione di maggiore spesa per investimenti possano costituire un tratto distintivo dei prossimi anni.
Solo così, con un percorso virtuoso lungo e permanente tra qualche anno ci troveremo davanti a dimensioni aziendali più ampie e strutturate rispetto a quelle attuali.
Per crescere in maniera virtuosa senza esporsi a sbilanciamenti innaturali occorre tempo e continuità non dimenticando che solo il 14% degli appalti in Italia, in termini di importi, va alle piccole e medie imprese contro la media del 51% che si registra in Europa.
Non si possono non condividere valori operativi quali “l’accesso al mercato, la fiducia, ed il risultato” oppure principi quali “la conservazione dell’equilibrio contrattuale, la buona fede, la applicazione dei contratti collettivi di lavoro o la tassatività della clausole di esclusione”; tutti valori e principi finalizzati a che la esecuzione possa avvenire con tempestività e nel miglior rapporto qualità/prezzo.
Ottimo, come non essere d’accordo.
Sarebbe, altresì, auspicabile che il favor verso la piccola e media impresa trovasse, questa volta, finalmente concreta attuazione senza mortificare la spina dorsale produttiva di questo Paese relegandola, di fatto, nel settore dei lavori pubblici, al ruolo di cottimista e subappaltatore.
Edoardo Bianchi
Imprenditore edile
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