Ristrutturazione edilizia o nuova costruzione: interviene Palazzo Spada
di Redazione tecnica - 22/02/2022
Ampliamenti, demolizione e ricostruzione, modifica di sagoma e/o sedime, innovazioni edilizio-urbanistiche, distanze minime, qualificazione dell'intervento e titolo edilizio. C'è davvero di tutto nel parere n. 378 del 15 febbraio 2022 emesso dalla Adunanza di Sezione del Consiglio di Stato che ci consente di approfondire meglio il tema legato alla ristrutturazione edilizia "leggera" e "pesante" con relativo titolo abilitativo.
Ristrutturazione edilizia vs nuova costruzione: il parere del Consiglio di Stato
A finire sul banco degli imputati è un piccolo (6 mq) ampliamento orizzontale di una lavanderia, con formazione di tetto piano, non comportante aumento di superficie coperta in quanto realizzato all’interno dell’ingombro dell’edificio attuale. Intervento che il ricorrente avrebbe qualificato come ristrutturazione edilizia presentando una segnalazione certificata di inizio attività (SCIA).
Dalla relazione tecnica i giudici hanno evidenziato che l’originario locale deposito veniva ampliato nella sua consistenza in senso orizzontale e in altezza per tutto il suo nuovo ingombro. Inoltre, la copertura originaria in eternit, a conformazione inclinata, viene sostituita da un tetto in c.a. piano e sulla parete prospiciente la strada viene prevista l’apertura di due finestre (dalla documentazione fotografica ne risulta realizzata solo una); evidenziandosi, altresì, che due delle originarie pareti del deposito risultano essere state demolite e ricostruite, mentre rimangono non modificate la parete a confine con la proprietà della controinteressata e quella adiacente al fabbricato di proprietà del ricorrente.
A seguito della SCIA l'intervento è stato sottoposto ad ordinanza di sospensione dei lavori per chiarire meglio la sua qualificazione dal punto di vista edilizio. Da qui il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.
La qualificazione dell'intervento
Dal punto di visto della qualificazione, i giudici di Palazzo Spada hanno rilevato che l'intervento edilizio descritto rimarrebbe nell’ambito della ristrutturazione edilizia e non può, nel suo complesso, essere considerato quale intervento di nuova costruzione. Ma non è questo il punto.
L’opera progettata amplia, in lunghezza ed in altezza, il precedente locale ripostiglio. L’area di sedime resta, salvo l’ampliamento in orizzontale, la medesima e due delle pareti originarie non risultano oggetto di demolizione e ricostruzione, conservandosi pure l’originaria destinazione a ripostiglio del manufatto.
La modifica della sagoma, dell’altezza, dei prospetti e del volume della originaria costruzione non consentono di qualificare l’intervento come ristrutturazione edilizia ordinaria (art. 3, comma 1, lettera d) del DPR n. 380 del 2001), rientrando invece lo stesso nella diversa categoria della ristrutturazione edilizia “pesante”, contemplata dall’articolo 10 del Testo Unico dell’edilizia.
La richiamata lettera d) dell’articolo 3, nel testo vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato, dispone che rientrano nella ristrutturazione edilizia “gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi e impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica…”; precisandosi, altresì, che “Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia solo ove sia rispettata la medesima sagoma dell’edificio preesistente”.
Dalla lettura della disposizione emerge chiaramente come non rientrino nella nozione di ristrutturazione urbanistica “ordinaria” tutti quegli interventi edilizi sulle preesistenze che comportino incrementi volumetrici e, nelle zone vincolate, quelli che comportino modifiche della sagoma degli edifici.
L’articolo 10 del Testo unico (nella formulazione vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato) prevede, invece, che “Costituiscono interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio e sono subordinati a permesso di costruire: …c) gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente e che comportino modifiche della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti…nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma di immobili sottoposti a vincoli ai sensi del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modificazioni”.
Ristrutturazione edilizia pesante
Da tale norma è dato di ricavare la sostanziale assimilabilità dell’intervento di ristrutturazione edilizia caratterizzato da incrementi volumetrici ovvero di sagoma e prospetti a quello di nuova costruzione, quantomeno per le porzioni che costituiscono un novum rispetto alla preesistenza.
In buona sostanza, quando l’intervento edilizio sulla preesistenza modifichi quest’ultima con riferimento ai parametri urbanistico-edilizi sopra evidenziati, l’opera in relazione a questi ultimi deve essere valutata come una innovazione rilevante in termini di trasformazione urbanistico-edilizia del territorio ed è soggetta, per le parti di interesse, alle regole generali che presidiano e disciplinano l’edificazione sul territorio comunale.
Distanze legali
La realizzazione di interventi di ristrutturazione edilizia “pesante” restano assoggettati al previo rilascio del permesso di costruire e soggiacciono al regime delle distanze previsto dalla normativa urbanistica. Indipendentemente dalla qualificazione di un intervento in termini di ristrutturazione o di nuova costruzione, nell’ipotesi in cui un manufatto venga ricostruito senza il rispetto della sagoma preesistente e dell’area di sedime, occorrerà comunque il rispetto delle distanze prescritte poiché esso – quanto alla sua collocazione fisica – rappresenta un novum, come tale tenuto a rispettare le norme sulle distanze; precisandosi, altresì, che la distanza preesistente può essere conservata quando ci si contenga nei limiti preesistenti di altezza, volumetria e sagoma dell’edificio, mentre si ha un novum e, dunque, una nuova costruzione per ciò che eccede.
Dai principi giurisprudenziali innanzi richiamati, emerge chiaramente che ove l’intervento edilizio di ristrutturazione comporti incrementi volumetrici ovvero modifiche della sagoma, che si realizzino, come nella fattispecie in esame, nell’incremento dell’altezza del preesistente manufatto e nella realizzazione di una copertura piana in luogo di quella originaria inclinata, tali parti, connotate da innegabili profili di novità rispetto alla preesistenza, soggiacciono al limite delle distanze e non possono essere assorbiti dalla regola della mera osservanza delle distanze preesistenti applicabile alla porzione di edificio originaria.
La ristrutturazione edilizia post Decreto Semplificazioni
Ricordiamo che l'art. 3, comma 1, lettera d) del Testo Unico Edilizia è stato innovato a seguito delle modifiche introdotte dal D.L. n. 76/2020 (Decreto Semplificazioni). Oggi, sono interventi di ristrutturazione edilizia, quello volti a "trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l’eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria".
© Riproduzione riservata
- Tag: