Sanatoria edilizia: gli effetti sull'ordine di demolizione
di Gianluca Oreto - 12/05/2023
Benché il d.P.R. n. 380/2001 sia privo di una parte dedicata ai principi che dovrebbero guidare gli attori in tutti i processi edilizi, ne esiste uno ormai chiaro a tutti: la vigilanza sull'attività urbanistico-edilizia dei territori compete alla pubblica amministrazione che ha il dovere di accertare che qualsiasi intervento sia conforme alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni degli strumenti urbanistici ed alle modalità esecutive fissate nei titoli abilitativi.
La repressione degli abusi edilizi
Ecco che nel caso in cui sia accertata la violazione di una delle norme urbanistico-edilizie è un obbligo della amministrazione ripristinarne la legittimità. Nel caso di interventi:
- eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali;
- di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;
- eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;
- abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato o di enti pubblici;
- eseguiti in base a permesso annullato;
il primo passo è accertarne l’abusività per poi procedere con un’ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi.
La natura dell’ordine di demolizione
Come chiarito da una copiosa giurisprudenza di ogni ordine e grado, è ormai pacifico che l'ordine di demolizione, come tutti gli atti di repressione degli abusi edilizi, ha natura di atto vincolato. L'ordinanza di demolizione viene emessa dal Comune come atto dovuto che non necessita di altra motivazione oltre all’accertamento dell’abusività dell’intervento.
L’ordine di demolizione serve unicamente per reprimere un abuso edilizio e non ha scadenza. Il tempo che intercorre tra la realizzazione dell’abuso e l’eventuale provvedimento demolitorio non crea alcuna forma di legittimo affidamento in caso al proprietario. Le possibilità di intervento della pubblica amministrazione con un ordine di demolizione sono, cioè, sine die.
La sanatoria edilizia
Com’è noto, però, la normativa edilizia concede la possibilità di sanare un abuso di tipo formale (non sostanziale come hanno previsto i 3 condoni edilizi del 1985, 1994 e 2003) utilizzando l’istituto dell’accertamento di conformità mediante due distinti strumenti (utilizzabili in funzione della tipologia di intervento da sanare):
- il permesso di costruire in sanatoria (art. 36 del d.P.R. n. 380/2001);
- la SCIA in sanatoria (art. 37 del d.P.R. n. 380/2001).
Nel caso in cui l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dello stesso, sia al momento della presentazione della domanda (doppia conformità) è possibile sanare e ripristinare lo stato legittimo.
La data di presentazione dell’istanza di sanatoria
Occorre, però, ricordare un aspetto relativo alle date di presentazione della sanatoria e a quella del provvedimento di demolizione emesso dalla pubblica amministrazione. Un aspetto certamente determinante e sul quale possono dipendere le sorti dell’ordine di demolizione stesso.
È possibile suddividere due diverse casistiche:
- nella prima la pubblica amministrazione emette l’ordine di demolizione dopo che il privato ha già presentato un’istanza per l’ottenimento della sanatoria edilizia;
- nella seconda l’ordine di demolizione viene emesso prima dell’istanza di sanatoria.
Le differenze tra i due casi sono sostanziali, infatti nel primo caso l’ordine di demolizione stesso risulta essere stato emesso in pendenza di un’istanza di sanatoria e, per questo motivo, va considerato illegittimo. La pubblica amministrazione avrebbe potuto emetterlo solo dopo aver concluso l’iter di sanatoria.
Nel secondo caso, invece, l’istanza di sanatoria “congela” l’ordine di demolizione e le tempistiche previste all’interno del T.U. Edilizia. Solo dopo aver concluso l’istanza di sanatoria l’ordine di demolizione:
- sarà ritirato se lo stato legittimo è stato ripristinato;
- riprende il suo corso in caso contrario.
Accertamento di conformità: le differenze tra l’art. 36 e 37 del T.U. Edilizia
Parlando adesso di accertamento di conformità occorre distinguere le possibilità di sanatoria offerte dagli articoli 36 e 37 del T.U. Edilizia. Il presupposto sanante è sempre lo stesso ovvero la doppia conformità (che personalmente non ritengo sia più al passo dei tempi e dello stato di salute dei nostri territori) ma le differenze tra i due articoli sono notevoli nella forma e nella sostanza.
L’art. 36 definisce l’accertamento di conformità degli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformità da esso, ovvero in assenza di segnalazione certificata di inizio attività alternativa. La sanatoria è possibile presentando un permesso di costruire in sanatoria sul quale la pubblica amministrazione deve rispondere entro 60 giorni. Nel caso in cui non lo faccia l’istanza si intende rifiutata.
L’art. 37 viene utilizzato per sanare gli interventi edilizi realizzati in assenza della o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività. È un’istanza di sanatoria che viene portata avanti mediante la cosiddetta SCIA in sanatoria sui cui effetti si parla ancora troppo.
Essendo una SCIA, infatti, si dovrebbero applicare i medesimi principi di cui all’art. 19 della legge n. 241/1990, per cui la sanatoria viene considerata dal momento in cui un tecnico, valutati i presupposti della doppia conformità, li certifica con questa segnalazione. Una segnalazione sulla quale la pubblica amministrazione può accertarne la carenza dei requisiti e dei presupposti entro 30 giorni, residuando poi l’annullamento d’ufficio entro 12 mesi o l’annullamento nel caso in cui l’istanza sia priva degli elementi essenziali.
Purtroppo, però, sulla SCIA in sanatoria si sono formati 3 distinti orientamenti della giurisprudenza relativi al silenzio della pubblica amministrazione a seguito di istanza di cui all’art. 37:
- un primo orientamento considera il silenzio sull'istanza di sanatoria di cui agli art. 37 al pari di quello dell'art. 36, con la conseguenza di un silenzio-rigetto;
- un secondo qualifica il silenzio sulla SCIA in sanatoria come assenso;
- un terzo orientamento ritiene che il procedimento può ritenersi favorevolmente concluso per il privato solo allorquando vi sia un provvedimento espresso dell'amministrazione procedente, pena la sussistenza di un'ipotesi di silenzio inadempimento.
Sull’argomento ho già scritto un approfondimento che vi invito a leggere.
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