Sanatoria paesaggistica: quando è consentita?
di Redazione tecnica - 04/02/2025
L’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica è concedibile solo per gli interventi, realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica che non abbiano determinato creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati, che non abbiano previsto l'impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall'autorizzazione paesaggistica, oppure quando si tratti di lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia.
Autorizzazione paesaggistica postuma: quando è consentita la sanatoria?
A ribadire le condizioni per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica postuma è il Consiglio di Stato con la sentenza del 15 novembre 2024, n. 9169, respingendo l’appello contro il diniego sull’accertamento di conformità paesaggistica ed urbanistica e l’ordine di demolizione e rispristino dello stato dei luoghi relativo a un muro di contenimento in pietra e altre opere di sistemazione e riassetto del terreno, realizzate in area classificata come agricola e “destinata alla conservazione dell’ambiente, per cui non è consentita l’edificazione di nuovi edifici né ampliamenti di quelli esistenti”.
Per gli interventi, la Soprintendenza aveva emesso parere favorevole, con la prescrizione di ridurre l’altezza del muro a minimo 2 metri fuori terra.
Dopo aver verificato il mancato rispetto di questa prescrizione, il Comune aveva emesso il diniego d’accertamento di conformità per:
- altezza dei muri eccedente il limite massimo di mt 2;
- aumento di superficie utile di mq. 600;
- stesura di terreno stabilizzante anziché coltivato;
- alterazione delle pendenze del terreno.
Nel diniego, le opere sono state qualificate come interventi di manutenzione ordinaria suscettibili, ex art. 167 d.lgs. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio), di sanatoria paesaggistica e ritenuti insanabili dal TAR, Ex art. 167, commi 4 e 5, d.Lgs. 42/2004, “atteso che creano nuovo volume e nuova superficie e, come tali, inibiscono l’operatività dell’art. 167 D.Lgs. 42/2004”.
Il giudice amministrativo ha sottolineato come si trattasse di opere realizzate in “zona destinata alla conservazione dell’ambiente, per cui non è consentita l’edificazione di nuovi edifici né ampliamenti di quelli esistenti”, e che dalla documentazione fotografica è emersa “la consistenza dei manufatti, che, per le loro connotazioni ben visibili sono evidentemente sussumibili nell’alveo categoriale dei nuovi volumi e delle nuove superfici, come tali insuscettibili di sanatoria postuma ex art. 167 D.Lgs.”
Abusi in area vincolata: le condizioni per la sanatoria paesaggistica
Secondo il ricorrente, le opere erano state realizzate per salvaguardare l’assetto dei luoghi interessato da eventi sismici di smottamento e esondazione, mentre il Comune sosteneva che il muro non avrebbe avuto la funzione di presidio del territorio, ma solo di reggere e mantenere il terreno riportato ed utilizzato per realizzare il piazzale di 600 mq ca., anch’esso abusivo.
Inoltre, il TAR ha precisato che i commi 4 e 5 dell'art. 167, d.lgs. n. 42/2004 sanciscono, in linea di principio, la regola della non sanabilità ex post degli abusi, sia sostanziali che formali, aventi rilevanza paesaggistica.
L’accertamento postumo di compatibilità paesaggistica è, infatti, concedibile per gli interventi, realizzati in assenza o difformità dell'autorizzazione paesaggistica, che non abbiano determinato:
- la creazione di superfici utili o volumi ovvero aumento di quelli legittimamente realizzati;
- l'impiego di materiali diversi da quelli prescritti dall'autorizzazione paesaggistica;
- lavori configurabili come interventi di manutenzione ordinaria o straordinaria ai sensi della disciplina edilizia.
Ai fini dell’accertamento di conformità paesaggistica, l'impatto dell'intervento sull'originario assetto del territorio va verificato per qualsiasi opera edilizia calpestabile che può essere sfruttata per qualunque uso.
Nel caso in esame, il parere negativo della Soprintendenza ha precisato che il materiale utilizzato si configura come "nuova superficie esclusa dalla sanatoria di cui all’art. 167 d.lgs. 42/2004…rilevato che le opere realizzate abusivamente risultano visibili e sono tali da alterare l’impatto del costruito nell’ambito tutelato confliggendo con le esigenze di conservazione dell’area”.
L’area di sedime delle opere, è ricompresa in zona che vieta ogni tipo d’intervento che alteri lo stato dei luoghi.
Né si può condividere l’affermazione, secondo cui il ripristino non sarebbe materialmente eseguibile, in quanto i muri non svolgevano alcuna funzione di contenimento e messa in sicurezza dell’intera area dal rischio di frane, posto che, come già precisato, gli interventi eseguiti vanno a modificare le pregresse condizioni di equilibrio statico del terreno.
Il ricorso è stato quindi respinto, confermando l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione paesaggistica postuma in presenza di interventi non rientranti tra quelli ammissibili per la sanatoria.
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