Superbonus 110% e CILAS: serve la verifica sullo stato legittimo?
di Gianluca Oreto - 29/03/2022
Attività edilizia, detrazioni fiscali e abusi sono elementi che non vanno per nulla d'accordo. I motivi sono diversi tra i quali gli articoli 44 e 49 del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Reati edilizi: cosa dice la Cassazione
L'art. 44 (sanzioni penali) del testo unico edilizia definisce le condanne per gli abusi edilizie e su questo negli anni sono stati registrati parecchi interventi della giurisprudenza che si sono conclusi in alcuni principi (ormai consolidati) della Corte di Cassazione.
In particolare, alcune sentenze di Cassazione tra le quali la n. 11788/2021 sono state chiarissime nell'ammettere che anche un semplice intervento di manutenzione ordinaria su un immobile in cui sono presenti abusi non ancora repressi, costituisce una ripresa dell'attività criminosa originaria, che integra un nuovo reato.
In tal senso, la verifica dello stato legittimo dell'immobile risulta essere sempre di fondamentale importanza affinché da un banale intervento non si possano avere effetti pesanti di natura penale.
Abusi edilizi e detrazioni fiscali: cosa dice il d.P.R. n. 380/2001
L'art. 49 (Disposizioni fiscali) del testo unico edilizia stabilisce, invece, un principio per molti anni dimenticato: l'impossibilità di utilizzare detrazioni fiscali nel caso di interventi in assenza di titolo o in contrasto con lo stesso, ovvero sulla base di un titolo successivamente annullato. Principio per il quale prima dell'avvio di qualsiasi intervento benefici di detrazioni fiscali, a maggior ragione deve essere preceduto da una accurata valutazione dello stato legittimo.
Abusi edilizi, valutazione dello stato legittimo e Superbonus 110%
Questi principi si sono recentemente scontrati contro l'art. 119, comma 13-ter del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) a seguito del quale, per provare a velocizzare gli interventi che beneficiano delle detrazioni fiscali del 110% (superbonus), nel caso non si intervenga con demolizione e ricostruzione dell'edificio, sono considerati "manutenzione straordinaria" per la quale è stato previsto un particolare regime edilizio e fiscale:
- la CILAS (Comunicazione di Inizio Lavori di Superbonus) che non richiede la verifica dello stato legittimo ma solo il titolo o l'attestazione di legittimità dell'immobile;
- la deroga all'art. 49 del d.P.R. n. 380/2001 e, quindi, l'impossibilità che il superbonus possa decadere in caso di abusi edilizi.
Deroghe che hanno confuso un po' tutti:
- il contribuente sicuro di poter ottenere il superbonus anche in presenza di abusi sostanziali importanti;
- il tecnico che non ha più ritenuto valutare a monte lo stato legittimo per interventi di superbonus (non tutti per fortuna!);
- la pubblica amministrazione che, in alcuni casi, ha inibito l'accesso agli atti per interventi di superbonus 110%.
L'accesso agli atti e il diritto del contribuente
La verifica dello stato legittimo non è solo una prassi indispensabile per evitare problematiche più gravi, è anche un diritto che, purtroppo, spesso si scontra con l'inadeguatezza strutturale e tecnologica della pubblica amministrazione.
Lo ricorda molto efficacemente il TAR per la Campania con la sentenza 14 marzo 2022, n. 1681 resa in riferimento al ricorso presentato per la declaratoria dell'illegittimità del silenzio serbato dal Comune su una richiesta di accesso e per accertare il diritto del ricorrente di prendere visione ed estrarre copia dei documenti richiesti, con conseguente condanna del Comune resistente all'esibizione ed al rilascio dei medesimi.
Una richiesta finalizzata a ricostruire lo stato legittimo di un immobile per avviare la ristrutturazione dell'immobile del ricorrente utilizzando i benefici fiscali del superbonus 110%.
Nel caso di specie, a seguito dell'istanza il Comune rispondeva che “non è stato possibile rinvenire il faldone della citata Licenza edilizia”, nel contempo attestandosi “che dal Registro delle Licenze Edilizie dall’anno 1959 all’anno 1968 nella disponibilità di questo Settore, risulta trascritto, al di fuori dei margini del registro, senza continuità cronologia e temporale ed a parere di chi scrive di dubbia validità, che in data 17/06/1968 venne rilasciata Licenza Edilizia n° XXX/1968”.
Per questo arriva l'istanza di accesso agli atti volta alla acquisizione degli atti necessari a ricostruire l'attività edilizia e disvelare i titoli legittimanti la costruzione dell’immobile. Istanza a cui, però, il Comune non ha dato alcun esito. Da qui il ricorso al TAR.
La decisione del TAR
Il TAR rileva subito la fondatezza del ricorso evidenziando la sussistenza del diritto di accesso alla documentazione richiesta, funzionale all’esercizio delle indefettibili prerogative di proprietario dell’immobile che ne occupa.
Secondo il tribunale non vi è dubbio sulla sussistenza di un interesse personale, attuale e concreto della ricorrente all’ottenimento degli atti afferenti alla legittimità edilizia ed urbanistica dell’immobile di cui è proprietario. Richiesta funzionale alla tutela di altra, diversa, situazione giuridica, afferente al diritto di proprietà (art. 42 della Costituzione).
Il Tribunale conferma anche la natura strumentale del diritto di accesso, in quanto situazione giuridica che:
- ex se non garantisce la acquisizione o la conservazione di beni della vita e, dunque, non assicura al suo titolare il conseguimento di utilità finali;
- è strumentale, piuttosto, al soddisfacimento (o al miglior soddisfacimento) di altri interessi giuridicamente rilevanti (diritti o interessi), rispetto ai quali si pone in posizione ancillare.
La conoscenza dei documenti amministrativi deve essere correlata - in modo diretto, concreto e attuale - ad altra “situazione giuridicamente tutelata” (art. 22, comma, 1, l. 241/90 e la definizione di “interessati” ivi contenuta): non si tratta, dunque, di una posizione sostanziale autonoma, ma di un potere di natura procedimentale, funzionale alla tutela di situazioni stricto sensu sostanziali, abbiano esse consistenza di diritto soggettivo o interesse legittimo.
La stessa nozione di legittimazione all’accesso vale:
- a rivelare la ontologica natura strumentale del “diritto di accesso” rispetto ad altra, effettiva, posizione sostanziale (che non può ridursi ad un mero “diritto all’informazione”);
- a precludere che un tale potere si risolva in un controllo generalizzato, anche di natura meramente esplorativa o emulativa, sull’agere amministrativo.
Nel caso di specie non vi sono dubbi sulla sussistenza di una specifica posizione legittimante del ricorrente, afferendo gli atti richiesti giustappunto alla res di sua proprietà.
Per questo motivo, il ricorso è stato accolto e il Comune condannato
- ad esibire la documentazione richiesta entro sessanta giorni;
- al pagamento delle spese di lite;
nella speranza che le strette tempistiche connesse al superbonus non abbiano tolto al ricorrente ogni speranza di intervenire sul suo immobile utilizzando questo strumento fiscale.
Il diritto di accesso agli atti: riflessioni finali
A questo punto, dopo la sentenza del TAR si dovrebbe riflettere sulla reale necessità di accesso agli atti non necessariamente collegata ad un passo successivo come la presentazione di una comunicazione o un titolo che necessitino della valutazione dello stato legittimo. Chiaro è che la presentazione di una SCIA o di un PdC abbiano come presupposto esplicito la dichiarazione dello stato legittimo. Nel caso di superbonus, e quindi di CILAS, qualche Comune potrebbe presupporre che il diritto di accesso agli atti non sia collegato ad un presupposto esplicito (visto che la CILA non richiede la verifica edilizia-urbanistica) e negare, quindi, la possibilità all'interessato. Niente di più sbagliato! Il solo art. 44 del TUE e le relative sentenze della Cassazione, dovrebbero sufficientemente confermare che l'accesso agli atti per la ricostruzione dello stato legittimo è attività propedeutica per qualsiasi intervento edilizio, prescindendo dalla necessità di un titolo o di una comunicazione.
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