Superbonus 110% e opere di sostegno: cosa dice la Commissione
di Gianluca Oreto - 27/10/2021
Benché il sismabonus sia in vigore già dal 2017, solo nell'ultimo anno e mezzo si è acceso un vero e proprio riflettore sulle detrazioni fiscali previste gli interventi di riduzione del rischio sismico.
Dal Sismabonus al Superbonus 110%
Il sismabonus ordinario, certamente interessante, aveva un sistema premiale che consentiva di portare in detrazione aliquote fiscali crescenti in funzione del passaggio ad una classe sismica più bassa e della tipologia di beneficiario. Nel caso di intervento di riduzione del rischio sismico (art. 16-bis, comma 1, lettera i) del TUIR) era prevista una detrazione del 50% fino ad un ammontare complessivo delle spese non superiore a 96.000 euro per unità immobiliare componente l'edificio.
Nel caso di interventi da cui derivi una riduzione del rischio sismico che determini il passaggio:
- ad una classe di rischio inferiore, la detrazione sale al 70%;
- a due classi di rischio inferiore, la detrazione sale all'80%.
Infine, qualora gli interventi siano realizzati sulle parti comuni di edifici condominiali, le detrazioni aumentano ulteriormente:
- al 75% con passaggio ad una classe di rischio inferiore;
- all'85% con passaggio a due classi di rischio inferiore.
Con l'art. 119, comma 4 del D.L. n. 34 del 2020 tutto è cambiato e sembrerebbe che qualsiasi intervento di riduzione del rischio sismico possa essere portato in detrazione al 110% (superbonus). Si è posto, quindi, il problema di capire quali siano gli interventi realmente ammissibili.
Gli interventi locali e le opere di sostegno
Sugli interventi locali, ad esempio, la Commissione per il monitoraggio del sismabonus ha pubblicato la risposta n. 3 di marzo 2021, in cui ha fornito, a titolo esemplificativo e non esaustivo, un elenco di interventi ammessi ai benefici fiscali del “Supersismabonus 110%”.
La commissione si è recentemente espressa anche sulle opere di sostegno. La risposta n. 5 di settembre 2021 risponde ad un quesito formulato dal Consiglio Nazionale degli Ingegneri sulla possibilità di portare in detrazione al 110% le spese sostenute per il consolidamento delle opere esterne al perimetro del fabbricato. In questa risposta però, la Commissione ha anche ammesso che "nel corpo delle attestazioni previste dal DM 329/2020, il Progettista, il Direttore dei lavori e, ove previsto, il Collaudatore statico, ciascuno per quanto di competenza, dovranno esplicitare il nesso di causalità tra la stabilità dell’edificio nei confronti dell’azione sismica e l’eventuale carenza da sanare in elementi posti nelle vicinanze delle costruzioni".
La risposta ammette, pure, che "è necessario stabilire qual è l’eventuale contributo alle condizioni di rischio sismico".
La valutazione dell'intervento e il rapporto causa-effetto
Sostanzialmente la Commissione per il monitoraggio del Sismabonus sottolinea, ancora una volta, il ruolo dei professionisti incaricati che dovranno attestare che l'intervento:
- da un contributo in termini di riduzione del rischio sismico;
- se realizzato all'esterno dell'area di sedime, ha un rapporto causa-effetto con la stabilità dell'edificio.
Ne ho discusso con il nostro esperto di sismabonus, l'ing. Cristian Angeli, a cui ho posto le seguenti domande.
Sismabonus: la nuova risposta della Commissione
Domanda - Cosa dice di nuovo l'ultima risposta della Commissione?
La risposta num.5 della Commissione di Monitoraggio esprime dei concetti molto importanti. Peccato che, come al solito, non ce li spiega fino in fondo, lasciando a noi appassionati la gioia di interpretarli.
In realtà le cose che dice questa volta in relazione al quesito posto dal CNI, per quanto importanti, non sono nuove dal punto di vista dell’approccio rigorista “antismisismico” della Commissione, che già negli altri pareri si era espressa senza mezzi termini mettendo in dubbio gli interventi “poco efficaci” dal punto di vista della riduzione del rischio sismico.
Quindi non mi stupisco che in questo parere si parli esplicitamente di “efficienza del sistema in condizioni sismiche” e dell’obbligo di esplicitare “il nesso di causalità tra la stabilità dell’edificio nei confronti dell’azione sismica e l’eventuale carenza da sanare…”. È solo l’approfondimento di un solco che era già stato tracciato in precedenza, che ora diventa più difficile da scavalcare, con buona pace di coloro che continuano a dire che il Sismabonus vale per qualunque intervento strutturale.
Io ritengo che le puntualizzazioni espresse dalla Commissione siano più che giuste ed anche necessarie, perché altrimenti si rischiava di andare nella direzione sbagliata, ovvero di spendere le risorse dello Stato per sanare carenze strutturali ininfluenti sulla “stabilità dell’edificio nei confronti dell’azione sismica”. Quindi carenze strutturali qualunque, potenzialmente tali da non pregiudicare la stabilità dell’edificio in caso di sisma. Scusate se l’ho ripetuto, ma è importante.
Non è altro che l’ennesima conferma di quanto sia rischioso e, ormai, controcorrente, attivare il Sismabonus (con tutto ciò che ne deriva anche in termini di opere trainate) pensando di sostituire un controsoffitto.
In realtà il parere dice anche altre cose interessanti, ma che esulano da questo argomento.
Ad esempio, nelle ultime tre righe del primo quesito, accenna a una “nuova” attestazione inerente alla tipologia di edificio (unifamiliare, condominio o intervento sovra condominiale). Stò ancora riflettendo sul senso e sulla valenza che essa potrebbe avere, magari ne parleremo in un’altra occasione.
Tutto questo a proposito di ciò che dice. Però ci sono anche cose che il parere avrebbe potuto dire in più, a proposito del manufatto di sostegno oggetto del quesito.
Secondo me sarebbe stato opportuno aggiungere che l’ammissibilità al Sismabonus di un’opera di rinforzo esterno alla sagoma del fabbricato non può prescindere dalla “pertinenzialità” dello stesso all’edificio. In assenza di questo requisito ci può essere tutta l’attenzione antisismica che si vuole, ma il manufatto resterebbe escluso dal Superbonus.
Sismabonus: progettazione antisismica e per azioni statiche
Domanda - Che differenza c'è tra progettazione "antisismica" e progettazione per azioni "statiche"?
Domandone… Semplificando al massimo diciamo che in condizioni statiche si devono prendere in considerazione esclusivamente i carichi gravitazionali e quindi le verifiche risultano più semplici da realizzare, sia a livello fondale che per le strutture in elevazione, dato che non si tiene conto delle componenti di forza orizzontale. Per cui le verifiche possono essere svolte principalmente in SLU.
In condizioni sismiche bisogna aggiungere un tagliante orizzontale modulato in relazione all’accelerazione propria della zona e delle caratteristiche del terreno. In questo caso le verifiche devono essere condotte in SLU, SLV, SLD, in presenza della componente sismica, che genera spostamenti e sollecitazioni più elevati, per cui le verifiche risultano più difficili da soddisfare.
Ciò risulta particolarmente evidente negli elementi verticali (nelle pareti in muratura ad esempio) che potrebbero andare in crisi anche per azioni di pressoflessione fuori piano e di ribaltamento.
Questioni tecniche dunque, anche un po' difficili da sintetizzare e che competono, queste si, esclusivamente all’ingegnere strutturista…
Quello che conta però è un concetto più semplice: il Sismabonus è nato per aumentare la sicurezza degli edifici e per salvaguardare la vita umana. In quest’ottica occorre evidenziare che i crolli “spontanei” ovvero quelli che avvengono per cause gravitazionali, in Italia, sono sempre stati un evento rarissimo, a differenza di quanto avviene in altre aree geografiche. Questo perché l’Italia è un paese frequentemente e diffusamente interessato da scuotimenti sismici, che mettono in evidenza le carenze strutturali degli edifici e del territorio, allertando la società.
È chiaro quindi che i due concetti (statica/sismica) sono strettamente correlati, ma operando in chiave antisismica si risolvono anche i problemi statici. Non sempre è vero il contrario.
Sismabonus: l'efficacia degli interventi
Domanda - Sostanzialmente l'efficacia degli interventi deve essere apprezzabile numericamente. Cosa significa?
Sappiamo tutti, ormai è più che assodato, che il Decreto rilancio ha tolto ogni premialità antisismica. Quindi in un primo tempo è passato il concetto del “va bene tutto” poi, progressivamente, la Commissione di Monitoraggio ci ha aiutato a capire che non può essere proprio così. Io sono stato un pioniere di questa teoria prudenziale, che spesso definisco anti-patica, oltre che anti-sismica.
Quando si dice che gli interventi devono essere apprezzabili numericamente si intende (almeno io intendo questo) che la loro efficacia deve poter essere dimostrata in modo oggettivo e ai sensi delle norme vigenti. Tra ingegneri viene spontaneo fare riferimento ai numeri, ma in realtà andrebbe bene, perché no, anche il metodo tabellare offerto dall’allegato A del DM 28/02/2017, nei rari casi in cui può essere applicato. Vediamo un esempio così ci capiamo meglio.
Un tipico intervento locale (perché la confusione nasce per quelli, non per i miglioramenti o per gli adeguamenti sismici) di dubbia ammissibilità è rappresentato dal consolidamento delle sole fondazioni. È dubbio poiché, in termini generali, ha scarsi effetti sulla duttilità dell’edificio e perché è volto a “modificare un elemento o una porzione limitata della struttura” (rif. parere CSLLPP n.3/2021).
Ciò però non significa che l’intervento di consolidamento fondale debba essere escluso sempre e comunque. Se si interviene su un edificio in cui le carenze da sanare (es. dei cedimenti) hanno un nesso di causalità con “la stabilità dell’edificio nei confronti dell’azione sismica” e l’intervento (ad esempio l’introduzione di micropali) ha un effetto “nel processo di riduzione del rischio sismico” (rif. parere CSLLPP n. 5/2021), allora esso può rientrare nel Sismabonus.
Ma quanto sopra - per stare tranquilli - deve essere dimostrato con una modellazione dello stato ante e dello stato post, mettendo a confronto ad esempio le deformazioni delle pareti, che dovranno risultare apprezzabilmente inferiori a seguito dell’introduzione dei micropali.
Sismabonus: chi può mettere in discussione l'efficacia degli interventi?
Domanda - I contribuenti si rimettono nelle mani dello strutturista, il quale assevera l'efficacia degli interventi. Chi può mettere in discussione la scelta di un tecnico di far portare in detrazione le spese sostenute per un intervento di miglioramento delle condizioni statiche della struttura?
Partiamo da un presupposto. Quando un intervento edilizio viene “liquidato” con le modalità del Sismabonus, indifferentemente che sia una detrazione diretta o una cessione del credito, alla base ci devono essere sempre le attestazioni del tecnico asseveratore (mod. B, B-1, 1), nelle quali è prevista la dichiarazione di efficacia antisismica degli interventi. È previsto in ogni modulo, anche in più passaggi.
Quindi è facile comprendere che la scelta di portare in detrazione le spese per interventi “discutibili” dal punto di vista dell’efficacia antisismica può potenzialmente essere contestata da chiunque, un domani, ci metta il naso.
Chiaro che, non sapendo come verranno svolti i controlli, non si possono fare tante congetture. Se il controllo sarà di tipo formale/documentale allora passerà tutto davvero, nel senso che una volta che l’asseverazione di riduzione del rischio sismico è presente ed è completa di tutti i dati, nessuno si accorgerà di nulla, anche se l’intervento non è impostato in chiave antisismica.
Il problema sorge se, per qualcuno motivo, la pratica viene data in pasto a un tecnico.
Allora si che lui sarà in grado di entrare nel merito delle cose e potrà chiedere chiarimenti sul perché da una parte (nelle asseverazioni di cui al mod. B, B-1, 1) è stata attestata la riduzione del rischio sismico e dall’altra (nei progetti) ci sono opere rilevanti solo sotto il profilo statico, di cui magari è impossibile dimostrare l’efficacia antisismica. Ho detto “dimostrare”, non spiegare.
Insomma, non so più come dirlo. Vale la pena giocare d’azzardo? La posta in gioco è alta, poiché se un intervento venisse considerato estraneo al Superbonus, potrebbe decadere l’intera CILAS (per interventi realizzati in difformità dalla CILAS stessa).
Poi qualcuno mi ha anche risposto “L’Agenzia delle Entrate perderà in Tribunale”. Può essere vero anche questo, certo. Che dire… C’è a chi piace in un modo e a chi piace in un altro.
Sismabonus e contenzioso: i rischi del procedimento
Domanda - In caso di contenzioso il contribuente in quali rischi può incorrere?
In caso di contenzioso sono problemi seri, soprattutto per il contribuente. Problemi non solo economici, ma direi anche psicologici.
La signora Maria si troverà di fronte due opzioni succulente:
- Restituire entro 60 giorni dall’avviso bonario dell’Agenzia delle Entrate, in forma di soldi, non più di crediti fiscali, gli importi che ha indebitamente ceduto o compensato, maggiorati di eventuali sanzioni e tornare come se niente fosse a fare la propria vita, senza chiedere niente a nessuno;
- Tentare di difendersi in giudizio, qualora vi siano i presupposti per poterlo fare.
Scartando per un attimo la prima ipotesi, che richiede una certa magnanimità, la seconda prevede una serie di passaggi impegnativi.
Anzitutto si tratterà di nominare dei consulenti di parte, tecnici e fiscali. Professionisti molto competenti in materia (immagino anche giustamente cari) che possano valutare (dal punto di vista progettuale e tributario) se vi sono gli estremi per impostare una causa e per decidere contro chi farla.
Potrebbe succedere infatti che non vi siano i presupposti per contestare la cartella dell’Agenzia delle Entrate e allora bisogna davvero pagare, salvo poi rifarsi sui professionisti che, secondo il parere dei consulenti di parte, hanno sbagliato. O comunque contro quelli che possono essere ritenuti solidalmente responsabili.
Diciamo che, in un caso di media entità, si potrebbe trattare di citare in giudizio una decina di convenuti, tra soggetti direttamente e indirettamente coinvolti e relative assicurazioni. Roba da far passare la voglia ancor prima di pensarla.
Ah dimenticavo, il procedimento per arrivare al recupero di quanto versato “in provvisoria esecuzione” all’Agenzia delle Entrate, potrebbe durare 7-8-10 anni, data la complessità della materia.
Quindi significa che la nostra signora Maria, in caso di contenzioso si troverà, da sola, a far fronte alle sanzioni e alle revoche con il proprio patrimonio, per poi rifarsi (forse) sugli eventuali “colpevoli” e vedersi riconosciuti i propri diritti dopo circa un decennio. Sempre che il giudizio in sede civile vada per il verso giusto e che i perdenti risultino vivi, solvibili e correttamente assicurati.
Se poi vi sono di mezzo anche dei reati penali… apriti cielo: un altro processo, un altro avvocato, un altro perito, altri rischi. E questa volta ben più seri dei primi.
È per questo che dico sempre che non vale la pena rischiare. Aspetta, lo ripeto, NON VALE LA PENA RISCHIARE! Le cose vanno fatte per bene, con professionalità e con la giusta attenzione. Che non significa non farle. Ed è questo che spiego sempre ai miei clienti. E, con queste ragioni, li convinco quasi sempre a fare ciò che si deve e come si deve.
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