Superbonus 110%, superata la soglia fondi fino al 2036
di Redazione tecnica - 27/06/2022
A metà 2022 le richieste per il Superbonus 110% hanno già superato i 33,7 miliardi di euro, a fronte di uno stanziamento di 33,3 miliardi previsto dal Governo fino al 2036. È questa la principale criticità segnalata da Conflavoro PMI nell’ambito dell’indagine conoscitiva deliberata dalla commissione Finanze della Camera, all’attenzione del Presidente della Commissione Luigi Marattin.
Fondi per Superbonus 110%, l'allarme di Conflavoro PMI
Non solo fondi insufficienti, ma anche il caro materiali, ritardi nei lavori e, soprattutto, la paralisi nel sistema della cessione dei crediti d’imposta da parte delle banche. Un quadro desolante, che secondo Conflavoro PMI va modificato pensando a una riforma organica e strutturale degli incentivi e delle agevolazioni attualmente esistenti, in un’ottica di semplificazione e di coordinamento.
Spiega Roberto Capobianco, Presidente di Conflavoro PMI: “Le imprese che hanno visto nei bonus edilizi uno spiraglio di ripresa da una crisi che dal 2008 stenta a concludersi, dopo aver anticipato milioni di euro per l’avvio e la realizzazione dei cantieri, dopo aver assunto manodopera specializzata e acquisito materiali e attrezzature, oggi si ritrovano con un cassetto fiscale pieno di crediti e prive di liquidità, considerata l’impossibilità di monetizzarli. La paralisi della loro attività ha causato la sospensione dei lavori”.
Capobianco ha anche richiamato le cifre del Rapporto Superbonus 110% di ENEA: al 31 maggio 2022 erano in corso 172.450 interventi edilizi incentivati, per un totale di circa 30,6 miliardi di investimenti ammessi che porteranno a detrazioni per oltre 33,7 miliardi di euro. Per oltre il 65% dei casi, si tratta di lavori già realizzati. Questo significa carenza di fondi, a cui va aggiunta l’approssimazione del sistema normativo.” Le ripetute modifiche alla disciplina hanno provocato confusione, determinando unanimi prese di posizione contro le limitazioni multiple alla cessione del credito maturato sia da parte dei costruttori ma anche degli ordini degli architetti e degli ingegneri”.
La situazione è resa ancora più complicata dal “vincolo di compensazione”, previsto dalla legge, che obbliga gli operatori del mercato ad avere crediti fiscali, tra cui quelli dei bonus edilizi, non superiori ai livelli di imposte e contributi versati dall’istituto bancario. Per questo motivo, le banche che superano questo limite, non hanno più la possibilità di acquistare crediti e quindi di compensare, e sono costrette a non accettare più le pratiche di cessione.
Cessione del credito, le soluzioni possibili
Continua Capobianco: “Siamo di fronte a un circolo vizioso che, di fatto, impedisce agli operatori edili di trasformare in finanza i crediti provocando, quindi, il dissesto delle imprese per asfissia finanziaria dovuta alla mancata monetizzazione. Il Governo, nei molti interventi legislativi degli ultimi anni, non ha tenuto conto delle esternalità negative che, nel caso specifico, rischiano di bloccare interamente il comparto edilizio. Reputiamo sia necessario implementare e potenziare il ruolo delle imprese private nel campo della cessione del credito”. Il richiamo è a quanto dichiarato da InfoCamere secondo cui l’intervento delle imprese in qualità di acquirenti dei crediti può rendere più sostenibile la capacità di assorbimento del mercato considerata la loro capienza fiscale stimata in circa 50 miliardi di euro.
“Chiediamo anche che venga ripristinata per le banche la possibilità di cedere liberamente i crediti acquisiti, a prescindere dalla natura soggettiva del cessionario. Riteniamo, infatti, possa già considerarsi ampiamente superato il problema relativo al rischio di frodi, sia per i controlli previsti dal DL Antifrodi, sia per le procedure di verifica e approfondimento svolte direttamente dal sistema bancario”, conclude il presidente di Conflavoro PMI.
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