Superbonus e Fotovoltaico: il TAR sul diniego di autorizzazione paesaggistica
di Redazione tecnica - 02/05/2023
Si parla continuamente di green, di sistemi di incentivazione delle fonti e comunità energetiche rinnovabili, ecobonus, superbonus, ma quanto è pronto il nostro Paese ad accogliere la transizione energetica richiesta a gran voce dall’Unione Europea?
Superbonus e Fotovoltaico: interviene il TAR
A guardare la “fine” del superbonus e del meccanismo di cessione del credito, si potrebbe immediatamente rispondere “poco”. Benché la direttiva case green abbia imposto paletti molto stringenti a tutti gli Stati Membri, è evidente la situazione di “disagio” sociale che aleggia intorno ad una “imposizione” europea che deve fare i conti con un patrimonio immobiliare (quello italiano) molto particolare, un territorio particolarmente sismico (rispetto agli altri Paesi UE) ed una normativa che non ha ancora reale coscienza dell’importanza delle fonti energetiche rinnovabili.
A dimostrarlo è l’interessante sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo n. 214 del 20 aprile 2023 chiamato per risolvere una delle tante “questioni” paesaggistiche che riguardano l’utilizzo delle rinnovabili in zone sottoposte a vincolo paesaggistico.
Il caso riguarda 3 proprietari che avrebbero voluto utilizzare i benefici delle detrazioni fiscali del 110% concesse dall’art. 119 del Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio) per l’efficientamento energetico di un edificio a tre livelli.
L’intervento prevedeva anche l’istallazione di 3 impianti fotovoltaici ciascuno a servizio di ognuna delle n. 3 unità abitative, tramite l’installazione sulla falda unica rivolta verso ovest, posta a copertura dell’intero immobile, di n. 60 pannelli fotovoltaici i quali saranno “inseriti a livello delle tegole, dello stesso colore delle stesse e non saranno riflettenti” disposti in n. 3 gruppi da n. 20 pannelli in corrispondenza ciascuno di ognuna delle tre cellule servite.
Peccato che l’area su cui ricade l’intervento è tutelata paesaggisticamente ai sensi dell'art. 136, comma 1, lett. c) e d) del D.Lgs. 42/2004. Da qui la richiesta di autorizzazione paesaggistica alla Sovrintendenza che ha assentito in parte i lavori, escludendo l’installazione sul tetto del fabbricato degli impianti fotovoltaici ritenuti incompatibili con i valori del contesto paesaggistico analizzato.
Tralasciando i tempi previsti per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, la parte interessante della sentenza riguarda proprio le motivazioni di diniego addotte dalla Sovrintendenza.
Il diniego della Sovrintendenza
Come rileva il TAR, secondo le valutazioni effettuate dalla Soprintendenza il manufatto su cui i ricorrenti intendono installare i pannelli, con particolare riguardo alla specificità del manto di copertura in laterizi, qualificano in maniera identitaria e riconoscibile il paesaggio tutelato in quanto sono espressione dei caratteri corali tradizionali che trovano riscontro nel complesso delle cose immobili sottoposto a tutela. In particolare i connotati delle coperture in laterizio comuni alla quasi totalità degli edifici ricompresi nel complesso individuato assumono particolare rilievo nella percezione visiva dei luoghi in argomento per via della morfologia dell’insediamento in esame.
Per questo motivo, la Soprintendenza ha rilevato, negli atti di diniego opposti, che la presenza dei pannelli fotovoltaici “si ritiene non compatibile con l’immagine tradizionale in coppi di laterizio. In ragione della particolare ubicazione dell’edificio e dell’orientamento della falda interessata, infatti, l’intervento risulterebbe notevolmente percepibile nonché rilevante paesaggisticamente in considerazione dei valori del paesaggio rurale e del paesaggio naturale sopra rappresentati”.
L'autorizzazione paesaggistica
Il TAR ha preliminarmente ricordato che il giudizio della Soprintendenza costituisce espressione dell'ampia discrezionalità tecnica di cui l'amministrazione dispone in materia e dalla quale discende la sua sindacabilità solo nei ristretti limiti costituiti dalla manifesta illogicità ed evidente travisamento dei fatti.
Ed è sulla manifesta illogicità che si concentra il tribunale di primo grado.
Per costante giurisprudenza il diniego - anche parziale - dell’autorizzazione paesaggistica deve contenere una sufficiente esternazione delle peculiari ragioni per le quali si ritiene che un’opera non sia idonea a inserirsi nell'ambiente, attraverso l’esame delle sue caratteristiche concrete e l’analitica individuazione degli elementi di contrasto con il vincolo da tutelare.
Puntuali e analitiche debbono essere le ragioni del diniego qualora l’autorizzazione richiesta riguardi la realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, nei cui confronti l’ordinamento esprime un chiaro favore, potendo essi concorrere, indirettamente, alla salvaguardia degli stessi valori paesaggistici.
La valutazione richiesta ai fini della tutela del vincolo paesaggistico non può, di conseguenza, ridursi all'esame dell’ordinaria contrapposizione interesse pubblico/interesse privato, ma deve farsi carico di tutti gli interessi pubblici coinvolti e favorire la soluzione che consenta, ove possibile, la realizzazione dell’intervento con il minor sacrificio dell’interesse paesaggistico nella sua declinazione meramente estetica.
L’art. 12 del D.Lgs. n. 387/2003 qualifica “di pubblica utilità” le opere per la realizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili. L’art. 11 del D.Lgs. n. 28/2011 stabilisce l’obbligo di integrare le fonti rinnovabili negli edifici di nuova costruzione e negli edifici esistenti sottoposti a ristrutturazioni rilevanti, come già l’art. 4, comma 1-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia).
Da qui ne discende una constante giurisprudenza in materia, per la quale l’impiego di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili è qualificato dalla legislazione vigente come opera di pubblica utilità ed è incentivato dalla legge in vista del perseguimento di preminenti finalità pubblicistiche correlate alla difesa dell’ambiente e dell’ecosistema, sicché le motivazioni del diniego devono essere particolarmente stringenti.
Fotovoltaico: nessun “disturbo” per il paesaggio
La giurisprudenza ha più volte rimarcato che il favor legislativo per le fonti energetiche rinnovabili richiede di concentrare l'impedimento assoluto all'installazione di impianti fotovoltaici in zone sottoposte a vincolo paesaggistico unicamente nelle "aree non idonee" espressamente individuate dalla Regione, mentre, negli altri casi, la compatibilità dell'impianto fotovoltaico con il suddetto vincolo deve essere esaminata tenendo conto della circostanza che queste tecnologie sono ormai considerate elementi normali del paesaggio in quanto la presenza di impianti fotovoltaici sulla sommità degli edifici non è più percepita come fattore di disturbo visivo, bensì come un'evoluzione dello stile costruttivo accettata dall'ordinamento e dalla sensibilità collettiva.
In simili fattispecie, vengono in rilievo pariordinati e concorrenti interessi pubblici, entrambi di matrice ambientale:
- da un lato la tutela del paesaggio;
- d'altro lato la promozione delle fonti energetiche rinnovabili, finalizzate al contenimento ed alla riduzione dei fenomeni di inquinamento, che richiedono un rigoroso ed analitico bilanciamento, onde stabilire a quale di essi occorra annettere prevalenza nel caso concreto.
Poiché il passaggio alla produzione di energia da fonti rinnovabili costituisce un obiettivo di interesse nazionale conforme al diritto eurounitario, non è più possibile applicare ai pannelli fotovoltaici categorie estetiche tradizionali, le quali condurrebbero inevitabilmente alla qualificazione di questi elementi come intrusioni. Essendo cambiato il quadro normativo, e anche la sensibilità collettiva verso l'utilizzo di energia da fonti rinnovabili, risulta inevitabilmente diverso anche il modo in cui sono valutate le modifiche all'aspetto tradizionale dei luoghi. Occorre quindi focalizzare l'attenzione sulle modalità con cui i pannelli fotovoltaici sono inseriti negli edifici che li ospitano e nel paesaggio circostante.
Il caso di specie
Nel caso di specie, la Soprintendenza si è limitata a inferire, in via automatica ed apodittica, l'alterazione dell'equilibrio paesaggistico del contesto territoriale di riferimento dalla mera circostanza della prevista installazione di pannelli fotovoltaici senza farsi carico del dovuto bilanciamento fra tutela paesaggistica ed esigenze di sostenibilità energetica.
La Soprintendenza, anziché suggerire la praticabilità di soluzioni alternative al posizionamento dei pannelli fotovoltaici sulla falda di copertura che non interferiscano con le visuali panoramiche, ha espresso una valutazione radicalmente ostativa alla realizzazione dell’intervento progettuale ritenendo preclusa in assoluto l’installazione dei pannelli fotovoltaici ed invitando di fatto i ricorrenti ad optare per tecnologie e modalità di sfruttamento di fonti energetiche rinnovabili diverse da quella solare che possano risultare meno impattanti dal punto di vista paesaggistico.
Peraltro, i pareri contestati si dimostrano rispondenti ad una valutazione in concreto della compatibilità paesaggistica dell'intervento, dal momento che l'affermata non conformità dei pannelli fotovoltaici alla tutela paesaggistica sembra rinvenirsi prevalentemente nell'aspetto cromatico e nella “tradizionalità” delle coperture impiegate nella zona, di modo che l'introduzione di elementi “tecnologici” sarebbe inevitabilmente e, comunque, preclusa. Per l'effetto, viene prescritto non già l'impiego di un colore o di una forma maggiormente consoni al contesto, bensì di non utilizzare affatto i pannelli, in tal modo pervenendosi ad una conclusione basata su presupposti apodittici e generali, avulsi da una valutazione in concreto riferita allo specifico contesto paesaggistico.
La soluzione progettuale proposta nel caso di specie, invece, va nella direzione di contemperare l'interesse generale alla tutela del paesaggio con l'interesse, altrettanto generale, allo sviluppo dell'uso di fonti energetiche rinnovabili attraverso l’adozione di specifiche cautele tese a minimizzare l'impatto della installazione di che trattasi. Il posizionamento parallelo alla falda di copertura, l'utilizzo di colorazioni dei materiali usati identico, o comunque compatibile, con quello della struttura della falda stessa, la caratteristica non riflettente degli stessi “mimetizzano” al massimo l'impianto, riducendo così al minimo il suo impatto sulla struttura ed armonizzandosi con la stessa proprio in un’ottica di rispetto dell'area circostante.
In definitiva, il TAR ha accolto il ricorso e annullato il diniego di istallazione dell’impianto fotovoltaico. Peccato solo che dal provvedimento di diniego e dalla sentenza siano trascorsi 9 mesi in cui, parlando di superbonus, è successo di tutto.
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