Superbonus, oltre i costi un volano per la crescita
di Gianluca Oreto - 12/04/2024
Almeno da ottobre 2020, quando si parla di interventi di ristrutturazione edilizia non si può fare a meno di riferirsi al superbonus. Una misura fiscale nata con i migliori propositi (ma anche con parecchi errori) durante la pandemia, che negli anni è stata “spogliata” del meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) ma che ad oggi è stata utilizzata per il 73% dei bonus disponibili (dati MEF).
Gli errori del Superbonus
Stiamo parlando di un bonus edilizio che nella sua prima versione ha consentito, addirittura, di portare in detrazione il 110% delle spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica e riduzione del rischio sismico. Quel 10% in più sarebbe servito per coprire le spese con un certo margine di tolleranza per l’utilizzo del bonus con le opzioni alternative. Solo a partire dal 2023 questa aliquota è progressivamente diminuita e arriverà al 65% nel 2025.
Tralasciando i gravi errori commessi nella definizione del primo meccanismo di cessione del credito (sono tanti!), le principali criticità da evidenziare per il superbonus sono essenzialmente 3:
- l’assenza di una pianificazione degli interventi - inizialmente non si è previsto alcun limite sulle prime o seconde case, né sulla condizione di partenza degli immobili (si sarebbe potuto cominciare dalle prime case e dagli edifici strutturalmente ed energeticamente più compromessi);
- la creazione di due superbonus non interconnessi - superecobonus e supersismabonus sono state due alternative previste dal Decreto Rilancio, mentre sarebbe stato più utile vincolare il bonus energetico previa, quantomeno, valutazione di vulnerabilità sismica;
- la previsione di coperture (necessarie per la bollinatura da parte della Ragioneria Generale dello Stato) senza l’attivazione di meccanismi di controllo effettivi della spesa (la realtà ha superato ogni più rosea aspettativa).
Gli edifici riqualificati
Fatto sta che, nonostante i citati errori di prospettiva, il superbonus (almeno la sua anima eco) è servito per riqualificare 494.406 edifici di cui:
- 132.492 condomini;
- 244.682 edifici unifamiliari;
- 117.224 unità immobiliari con accesso autonomo e indipendenza funzionale;
- 8 castelli (aperti al pubblico).
Considerato che secondo i più recenti dati ISTAT, il numero di edifici residenziali in Italia sono oltre 12,1 milioni e di questi i condomini sono circa 1,2 milioni (in cui vivono 14 milioni di persone), una lettura poco attenta porterebbe a dire che grazie al superecobonus sono stati riqualificati in 4 anni l’11% dei condomini e appena il 4% degli edifici residenziali censiti in Italia. Qualcuno dirà “troppo poco”, altri invece ammetteranno che il processo di riqualificazione del patrimonio immobiliare era appena cominciato.
I dati, infatti, vanno considerati in proiezione ed in base alle necessità di un Paese che si appresta a sottostare agli obblighi della Direttiva Green. In che modo Governo e Parlamento decideranno di raggiungere gli obiettivi europei? Sarebbe interessante conoscere la risposta dei diretti interessanti ma, al momento, pensare ad un progetto così vasto senza l’aiuto dei bonus edilizi è pressoché inverosimile.
Oltretutto, senza scomodare i dati relativi all’attuazione del PNRR o i tempi di realizzazione di un’opera pubblica, quale investimento consente di sviluppare gli stessi numeri del superbonus, attivando l’economia “reale” per le piccole e medie imprese? Il tutto al netto dei tanti errori commessi su questa misura e che andrebbero certamente analizzati per ripartire con un vero testo unico dei bonus edilizi.
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