Terzo Condono edilizio e limiti volumetrici: il no del TAR
di Redazione tecnica - 12/04/2022
La presentazione di diverse istanze di condono su più unità immobiliari omogenee rappresenta un mero tentativo di aggirare l’ostacolo dei limiti di cubatura: a confermarlo è il TAR Lazio, con la sentenza n. 1402/2022, inerente il ricorso presentato a seguito del rigetto da parte di un’Amministrazione comunale delle domande presentate ai sensi della legge n. 326/2003 (Terzo Condono Edilizio) per la concessione in sanatoria di quattro unità immobiliari per superamento dei limiti volumetrici.
Condono e frazionamento artificioso: la sentenza del TAR
Secondo il Comune, non si trattava di distinte unità immobiliari riconducibili a prima abitazione, ma di una sola abitazione, dato che erano tutte di proprietà di un unico soggetto.
Di diverso avviso il ricorrente per il quale:
- le istanze erano state presentate in forza della legge n. 326/2004 e prima dell’entrata in vigore della L.R. Lazio n. 12/04 ( norma che riduceva i limiti volumetrici ammissibili a condono rispetto alla legge statale), per cui l’Ufficio avrebbe erroneamente applicato retroattivamente la norma;
- le quattro unità abitative non avrebbero rappresenterebbero una "struttura unica”, essendo ciascuna ubicata al piano terra e piano mansarda, nonché risultanti da due diversi corpi di fabbrica con solo in comune un muro portante divisorio centrale;
- i limiti massimi sarebbero rispettati: anche a voler considerare il limite preso a riferimento dal Comune (600 mc per ogni nuova costruzione), questo avrebbe dovuto essere moltiplicato per due, trattandosi di due distinti corpi di fabbrica, con il risultato che la cubatura concedibile (1200 mc) si avvicinava alquanto a quella effettivamente realizzata (mc 1247,30);
- tenendo conto che circa il 60% dei volumi realizzati era ed è tuttora destinata a prima abitazione, si sarebbe dovuto concludere che in ogni caso i limiti legislativamente previsti fossero stati rispettati.
Applicabilità norme sul condono
Il TAR ha respinto il ricorso. Il giudice amministrativo, oltre a confermare che la legge regionale era applicabile perché conteneva una clausola di transizione che consentiva la riproposizione di domande di condono conformi, ha spiegato che l’ufficio tecnico ha anche correttamente applicato quanto previsto dalla norma.
Essa, nello specifico, all’art. 2 dispone che sono suscettibili di sanatoria opere di nuova costruzione a destinazione esclusivamente residenziale realizzate in assenza del o in difformità dal titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici approvati o adottati al 31 marzo 2003 che:
- non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 450 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria, a condizione che la nuova costruzione non superi, nel suo complesso, 900 metri cubi, nel caso in cui si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza;
- non abbiano comportato la realizzazione di un volume superiore a 300 metri cubi per singola domanda di titolo abilitativo edilizio in sanatoria a condizione che la nuova costruzione non superi, nel suo complesso, 600 metri cubi, nel caso in cui non si tratti di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza.
Condono e limiti volumetrici
Anche l’aggiramento dei limiti volumetrici non ha trovato scampo. Il Collegio ha sottolineato che per consolidata giurisprudenza “Uno stesso soggetto legittimato non può utilizzare separate domande di sanatoria per aggirare il limite massimo di volumetria previsto dall' art. 39, comma 1 della Legge n. 724/1994, dovendosi, in tal caso, necessariamente unificare le richieste quando si tratti della medesima costruzione da considerarsi in senso unitario.”
La natura unitaria o meno dell’immobile e delle rispettive abitazioni in esso ricomprese va apprezzata, naturalmente, secondo un giudizio casistico da condursi volta per volta in base ai dati di fatto: nel caso in esame ciò è confermato da due fatti:
- proprietà in capo al ricorrente di tutte le unità immobiliari e del complesso edilizio nel suo insieme;
- struttura del complesso edilizio formata da elementi tipologici principali unitari.
Mentre secondo il ricorrente il limite volumetrico era pari a mc 900 trattandosi di “di unità immobiliare adibita a prima casa di abitazione del richiedente nel comune di residenza”, il TAR ha specificato che tale previsione (art. 2, comma 1, nr. 1 della LR 12/2004) è riferita all’unica abitazione che costituisca prima casa, non a un immobile che, sia pure unitario, è articolato in più unità indipendenti solo una delle quali è adibita a prima casa; inoltre, quest’ultima condizione è prevista in favore della prima casa “del richiedente” e non di terzi soggetti.
Considerato che in questo caso la cubatura complessiva era di oltre 1.200 mc e che ai sensi della legge n. 326/2003 e della L.R. Lazio n. 12/2004, l’Ufficio è tenuto a respingere le istanze di condono aventi ad oggetto abusi per volumetrie superiori a quelle tassativamente previste dalla legge, il ricorso è stato respinto. Come ha spiegato il TAR nelle conclusioni, la norma sul condono introduce una deroga alla disciplina edilizia ordinaria, essa è di stretta interpretazione e non sono consentite applicazioni di tipo discrezionale come quella che il ricorrente ha prospettato.
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