Terzo Condono edilizio: no della Cassazione al frazionamento artificioso

di Redazione tecnica - 15/05/2024

Il condono edilizio non può mai essere ammesso in relazione ai tentativi di frazionamento artificioso dell’opera in plurimi interventi, se gli stessi invece risultano finalizzati a realizzare un’unica costruzione.

In tale ottica, bisogna sempre considerare l’opera nel suo complesso, in quanto una visione non unitaria degli interventi non consentirebbe di valutare il reale impatto della costruzione sul territorio, risultando quindi illegittima la distinzione fittizia di opere collegate tra loro, nel tentativo di eludere i limiti di condonabilità disposti in caso di ampliamenti abusivi.

Condono edilizio: elusione limiti volumetrici sempre illegittima

A ribadirlo è la Corte di Cassazione con la sentenza del 16 aprile 2024, n. 15639, respingendo il ricorso contro il diniego della revoca dell’ordine di demolizione su un immobile non condonabile per il superamento dei limiti di ampliamento disposti dalla normativa di cui al Terzo Condono Edilizio (DL n. 269/2003, convertito in Legge n. 326/2003).

L’art. 32 del decreto citato dispone appunto, tra le altre misure, quelle finalizzate all’attività di repressione dell'abusivismo edilizio, e prevede la possibilità di condonare esclusivamente le opere abusive:

  • ultimate entro il 31 marzo 2003;
  • per le quali non si siano verificati ampliamenti del manufatto superiori al 30% o superiori ai 750 mc rispetto alla volumetria preesistente;
  • che siano nuove costruzioni residenziali non superiori a 750 mc per singola richiesta di titolo in sanatoria, a condizione che l’immobile nel suo complesso non superi i 3.000 mc.

A questo proposito, risulta sempre illegittimo il tentativo di condonare un manufatto abusivo presentando più istanze di sanatoria e denunciando fittiziamente la suddivisione dell’opera in più interventi, al fine di rientrare nei limiti di ampliamento previsti per il rilascio della sanatoria, come è accaduto nel caso in esame.

In particolare, oggetto della sentenza sono delle opere conseguite in totale difformità dalla concessione edilizia originariamente approvata, in virtù delle quali l’immobile è risultato essere un organismo edilizio completamente diverso e difforme, per caratteristiche tipologiche e planovolumetriche, da quello assentito.

Al fine di sanare le difformità, il ricorrente ha successivamente presentato ben 16 diverse istanze di condono edilizio, che però sono state giudicate come un tentativo di elusione dei limiti imposti per la condonabilità delle opere, visto che la volumetria dell’edificio residenziale preso nel suo complesso è risultata di oltre 5.000 mc, a fronte di un limite pari a 3.000 mc.

Principio di proporzionalità: quando è applicabile?

Gli ermellini hanno quindi condiviso l’efficacia dell’ordine di demolizione, a nulla rilevando che questo sia stato disposto dopo oltre 20 anni dalla presentazione delle istanze di condono, perché l’Amministrazione è sempre tenuta ad adempiere alle attività di vigilanza e repressione dell’abusivismo, potendo intervenire con la sanzione demolitoria anche se dovessero essere passati molti anni.

Non si rileva, peraltro, alcuna violazione del principio di proporzionalità posto a tutela degli immobili abusivi adibiti ad abituale abitazione del proprietario, come sostenuto dal ricorrente.

Si spiega difatti che, in questi casi, nel dare attuazione all’ordine di demolizione, il giudice è tenuto a valutare:

  • la disponibilità, da parte dell’interessato, di un tempo sufficiente per conseguire la sanatoria, se possibile, oppure per risolvere, con diligenza, le proprie esigenze abitative;
  • la possibilità per il soggetto di far valere le proprie ragioni dinanzi a un tribunale indipendente;
  • l’esigenza di evitare l’esecuzione in momenti per i quali sarebbero compromessi altri diritti fondamentali, come quello dei minori a frequentare la scuola;
  • l’eventuale consapevolezza dell’interessato della natura abusiva dell’attività edificatoria.

La tutela disposta dal principio di proporzionalità non può quindi essere applicata in questo caso, visto e considerato che i ricorrenti:

  • risultano aver commesso numerose contravvenzioni urbanistiche e paesaggistiche;
  • hanno potuto beneficiare di un congruo tempo per poter trovare altre soluzioni abitative;
  • non hanno mai indicato specifiche esigenze che giustificassero il rinvio dell’esecuzione dell’ordine di demolizione per compromissione di altri diritti fondamentali.

Chi intenda avvalersi del principio di proporzionalità, infatti, è tenuto ad allegare, in modo puntuale, i fatti addotti a sostegno del suo rispetto; fatti che non possono basarsi sull’inerzia del soggetto interessato e che non possono dipendere dalla sua volontà.



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