Terzo condono edilizio: no alla sanatoria in area vincolata

di Redazione tecnica - 17/12/2023

Non può essere condonato un abuso edilizio consistente in un intervento di demolizione e ricostruzione, con realizzazione di nuovi volumi e nuove superfici in area sottoposta a vincolo paesaggistico, nè può essere considerato quale abuso meramente formale.

Condono edilizio e vincolo paesaggistico: no alla sanatoria

Lo spiega molto bene il Tar Lazio, con la sentenza del 1 dicembre 2023, n. 18077, confermando la legittimità del rigetto operato da un'Amministrazione comunale sulla domanda di condono relativa a un intervento di demolizione e ricostruzione di un preesistente edificio, con destinazione residenziale, in area sottoposta a tutela ambientale e paesaggistica.

Sulla questione il TAR ha ricordato che alla luce delle coordinate applicative del cd. Terzo condono, come introdotto dal decreto legge n. 269 del 2003, convertito in legge n. 326 del 2003, ed attuato, in sede regionale, con la legge della Regione Lazio n. 12 del 2004, risultano condonabili solo determinate tipologie di interventi – c.d. abusi formali – se realizzati in aree sottoposte a vincolo.

In particolare, la realizzazione di nuovi volumi e superfici in aree vincolate, indipendentemente dalla data di imposizione del vincolo e dalla natura di vincolo assoluto o relativo alla edificabilità, è estranea all’ambito di applicazione della disciplina dettata sul terzo condono, come recata, congiuntamente, dalla legge n. 326 del 2003 e dalla legge Regione Lazio n. 12 del 2004 e come costantemente applicata dalla giurisprudenza amministrativa, nonché secondo le coordinate interpretative individuate dalla Corte Costituzionale.

L'ambito di applicabilità del Terzo Condono Edilizio

Sempre sul punto il giudice ricorda la portata più restrittiva della disciplina del terzo condono rispetto a quella dettata dalla legge n. 47 del 1985 e a quella inerente il condono di cui alla legge n. 724 del 1994: sulla base delle previsioni dettate dall’art. 32, commi 26 e 27, del decreto legge n. 269 del 2003 e dagli artt. 2 e 3, comma 1, lettera b), della legge regionale del Lazio n. 12 del 2004, possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'Allegato 1 del decreto legge n. 269 del 2003, corrispondenti a opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi interviene una preclusione legale alla sanabilità delle opere abusive.

Rispetto alle precedenti discipline sul condono, quello introdotto con il decreto legge n. 269 del 2003 risulta avere un ambito applicativo più ristretto, in quanto – oltre ad imporre, al comma 25, relativamente alle nuove costruzioni residenziali, un limite complessivo di cubatura – definisce analiticamente le tipologie di abusi condonabili (comma 26 e Allegato 1), introducendo altresì alcuni nuovi limiti all'applicabilità del condono (comma 27), che si aggiungono a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985.

La norma statale di cui all’art. 32, comma 27, del decreto legge n. 269 del 2003, è chiara nell’indicare come ostativa alla possibilità di rilascio del condono la realizzazione di opere recanti nuove superfici e nuovi volumi – quale quella in esame – su aree soggette a vincoli posti a tutela dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e delle aree protette nazionali, regionali e provinciali, qualora istituiti prima della esecuzione di dette opere, declinando la condonabilità degli abusi su aree vincolate in ragione della loro tipologia.

E in senso ancor più restrittivo è intervenuta la legge regionale della Regione Lazio n. 12 del 2004, la quale, all’art. 3, comma 1, lettera b), prevede la non sanabilità delle opere realizzate, anche prima della apposizione del vincolo, in assenza o in difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici, su immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e regionali a tutela dei monumenti naturali, dei siti di importanza comunitaria e delle zone a protezione speciale, non ricadenti all'interno dei piani urbanistici attuativi vigenti, nonché a tutela dei parchi e delle aree naturali protette nazionali, regionali e provinciali.

Mentre, quindi, per la legge nazionale assume rilievo, ai fini della condonabilità delle opere, la data di apposizione del vincolo, che deve essere successiva rispetto alla data di realizzazione delle opere abusive, e la conformità alle norme e agli strumenti urbanistici, per la legge regionale del Lazio n. 12 del 2004, è irrilevante che il vincolo sia stato apposto in data successiva alla realizzazione delle opere abusive, essendo le stesse – in relazione a talune tipologie di interventi – ritenute comunque non condonabili anche se realizzate prima della apposizione di vincoli.

Nella ricostruzione del quadro normativo di riferimento assume quindi decisivo rilievo il comma 26 dell’art. 32 del decreto legge n. 269 del 2003, che, sotto il profilo generale, ammette a sanatoria solo determinate tipologie di abusi, distinguendole a seconda che l’area sia o meno interessata dai vincoli di cui all’art. 32 della legge n. 47 del 1985, mentre la legge regionale n. 12 del 2004, nel mantenere ferma l’ammissibilità del condono in relazione solo ad alcune tipologie di opere, come individuate dalla legge statale, specifica il discrimine temporale relativamente alla vigenza dei vincoli.

Ne consegue che, alla luce delle illustrate disposizioni della legge statale, da coniugarsi con gli artt. 2 e 3, comma 1, lettera b), della legge regionale del Lazio n.12 del 2004, possono ritenersi suscettibili di sanatoria, nelle aree soggette a vincoli, solo le opere di minore rilevanza, corrispondenti alle tipologie di illecito di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato 1 del decreto legge n. 269 del 2003, riconducibili a opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria, mentre per le altre tipologie di abusi la sanabilità risulta preclusa ex lege.

La non condonabilità degli abusi realizzati in una zona soggetta a vincolo paesaggistici e che non siano riconducibili ai cd. “abusi minori” di cui alle tipologie 4, 5 e 6 dell’Allegato 1 al decreto legge n. 269 del 2003, e quindi la preclusione normativa ed ex lege alla sanatoria per opere che abbiano comportato un aumento di superficie o di volume, è stata confermata dalla Corte Costituzionale con sentenza n. 196 del 2004, precisando i limiti di applicabilità del c.d. terzo condono, circoscritto ai soli abusi formali, ovvero realizzati in mancanza del previo titolo a costruire ma non in contrasto con la vigente disciplina urbanistica, e che siano al contempo riconducibili agli abusi minori di cui ai nn. 4, 5 e 6 dell'allegato I al decreto legge 269 del 2003, convertito nella legge n. 326 del 2003.

Applicando queste coordinate al caso in esame, emerge chiaramente che l’abuso non era condonabile  in quanto comportante aumento di superficie e di volume in area sottoposta a vincoli, risulta ex lege non condonabile.

La richiesta di parere di compatibilità paesaggistica diventa inutile

Ne consegue che essendoci una preclusione normativa al condono per determinate tipologie di opere, non vi è alcuna necessità di procedere all’accertamento di compatibilità delle opere con il vincolo paesaggistico tramite acquisizione del parere.

Al riguardo, il TAR  come anche il Consiglio di Stato abbia più volte affermato “che, ai sensi dell'art. 32 comma 27 lett. d) del decreto legge su menzionato, come convertito, sul terzo condono, sono sanabili le opere abusivamente realizzate in aree sottoposte a specifici vincoli, fra cui quello ambientale e paesistico, solo se si tratta di opere minori senza aumento di superficie (restauro, risanamento conservativo, manutenzione straordinaria), non essendo necessaria quindi, laddove l’abuso ricada in zona vincolata e non rientri tra gli abusi minori, l’acquisizione del parere dell’Autorità preposta al vincolo, in linea con l’esigenza di economicità dell'azione amministrativa, essendo superflua, in acclarata mancanza dei presupposti di legge per la condonabilità delle opere, la effettuazione di un inutile vaglio di compatibilità paesaggistica” .

Ne discende che l'estraneità dall'ambito applicativo del c.d. terzo condono dell’opera:

  • consistente nella demolizione e ricostruzione di un fabbricato su area vincolata, con creazione di nuovi volumi e superfici;
  • non riconducibile alle tipologie 4, 5 o 6 del menzionato Allegato 1 di abusi c.d. minori

Conclude il TAR quindi che integra idonea ragione ostativa al rilascio del condono, risultando il provvedimento di diniego conforme alla disciplina di riferimento, dettata dall’art. 32, comma 27, lett. d) del citato decreto legge e dalla legge regionale n. 12 del 2004, di cui è stata fatta corretta e coerente applicazione stante l’accertata assenza dei requisiti prescritti per legge per la sanatoria.



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