Vendere casa dopo il Superbonus può attirare il mirino del Fisco

di Cristian Angeli - 29/08/2024

Il Superbonus, si sa, ha rappresentato tante cose dalla sua entrata in vigore nel 2020. Non si è trattato, infatti, “solo” di una generosissima detrazione fiscale per incentivare l’efficientamento energetico e sismico del patrimonio edilizio esistente, ma anche di una vera e propria “leva” economica, attraverso la quale i proprietari di immobili hanno potuto programmare la realizzazione di lavori (quasi) gratis, aumentando nel migliore dei casi il valore del proprio bene.

In questo senso, il Superbonus è stato anche uno strumento speculativo, con soggetti che hanno realizzato gli interventi agevolati proprio con l’intenzione di “lucrare”, programmando ad esempio di vendere l’immobile una volta ristrutturato.

Il legislatore sulle speculazioni

Per quanto tale scelta sia assolutamente legittima, il legislatore è intervenuto di recente per penalizzare simili comportamenti, introducendo una disciplina speciale di tassazione delle plusvalenze realizzate da compravendite messe in atto prima del trascorrere di 10 anni dalla conclusione dei lavori agevolati.

Tale “extra tassa” si applica alle vendite realizzate a partire dal 1° gennaio 2024, ma non è affatto l’unica criticità che gli eventuali venditori si troveranno davanti.

Non è detto, infatti, che vendere l’immobile ristrutturato con Superbonus sia considerata dal Fisco una semplice attività “privata”, soprattutto quando gli importi in gioco sono elevati. Passando in rassegna la prassi dell’Agenzia delle Entrate in materia e la giurisprudenza di Cassazione, infatti, emerge come simili compravendite possano piuttosto essere considerate attività d’impresa, con la conseguenza che in caso di controlli il contribuente potrebbe vedersi accusato di non aver versato l’Iva e l’Irap, ma anche di non aver correttamente fruito del Superbonus.

CONTINUA A LEGGERE

© Riproduzione riservata