Annullamento SCIA in autotutela: illegittimo se fatto oltre tempi ragionevoli
No all’esercizio dello ius poenitendi oltre i limiti consentiti e rispetto alla posizione di affidamento del soggetto destinatario dell’atto di ritiro, in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione della d.i.a. annullata.
Annullamento provvedimenti amministrativi: l'esercizio dell'autotutela
Tesi che Palazzo Spada ha condiviso. Sul punto, il Consiglio ha ricordato che l’art. 21-nonies della l. n. 241 del 1990, nel testo vigente ratione temporis, stabiliva, al comma 1, che «Il provvedimento amministrativo illegittimo ai sensi dell'articolo 21-octies può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di interesse pubblico, entro un termine ragionevole e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall'organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge».
A tale disposizione rinviava il testo dell’art. 19, comma 3, della l. n. 241 del 1990 vigente al tempo della presentazione della DIA, il quale stabiliva – per quanto qui di interesse – che «L’amministrazione competente, in caso di accertata carenza delle condizioni, modalità e fatti legittimanti, nel termine di trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 2, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attività e di rimozione dei suoi effetti, salvo che, ove ciò sia possibile, l'interessato provveda a conformare alla normativa vigente detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall'amministrazione, in ogni caso non inferiore a trenta giorni. È fatto comunque salvo il potere dell'amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies».
Inoltre il d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico Edilizia), sempre nel testo vigente al momento della presentazione della DIA:
- all’art. 22 ammetteva la realizzabilità «mediante denuncia di inizio attività gli interventi non riconducibili all'elenco di cui all'articolo 10 e all'articolo 6»;
- all’art. 23, comma 6, che «Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove entro il termine indicato al comma 1 sia riscontrata l'assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all'interessato l'ordine motivato di non effettuare il previsto intervento, e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l'autorità giudiziaria e il consiglio dell'ordine di appartenenza. È comunque salva la facoltà di ripresentare la denuncia di inizio di attività, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia».
L’evoluzione della disciplina – che ha visto, tra l’altro, la DIA trasformarsi in SCIA – ha previsto che «all’immediata intrapresa dell’attività oggetto di segnalazione si accompagnino successivi poteri di controllo dell’amministrazione, più volte rimodulati, da ultimo dall’art. 6 della legge 7 agosto 2015, n. 124 (recante «Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche»).
Nel caso in esame, l’Amministrazione ha ritenuto di «annullare» gli effetti della DIA trascorsi più di sei anni dalla presentazione della denuncia di inizio attività: tale tempo si configura come non ragionevole rispetto ai limiti posti all’esercizio dello ius poenitendi tratteggiato dalla primigenia disciplina dell’autotutela contenuta nella l. n. 241 del 1990 e rispetto alla posizione del soggetto societario destinatario dell’atto di ritiro.
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