Annullamento SCIA in autotutela: illegittimo se fatto oltre tempi ragionevoli

No all’esercizio dello ius poenitendi oltre i limiti consentiti e rispetto alla posizione di affidamento del soggetto destinatario dell’atto di ritiro, in ragione del lungo tempo trascorso dall’adozione della d.i.a. annullata.

di Redazione tecnica - 11/09/2024

I limiti temporali per l'autotutela: termini e dies a quo per la decorrenza

Inoltre va aggiunto che il d.l. n. 133/2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/2014, aveva posto uno sbarramento temporale all'esercizio del potere di autotutela, rappresentato da diciotto mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

Pur se tale norma non è applicabile ratione temporis, in ogni caso, rileva ai fini interpretativi e ricostruttivi del sistema degli interessi rilevanti.

In particolare, è nel principio di buon andamento espresso nell’art. 97 Cost. che «si radica il vincolo per il legislatore di tenere conto, nella disciplina dell’annullamento d’ufficio, anche dell’interesse pubblico alla stabilità dei rapporti giuridici già definiti dall’amministrazione»  con la conseguenza che, proprio nei casi in cui è mancato ab origine un provvedimento ampliativo in senso stretto, l’adozione dell’atto di autotutela avrebbe dovuto avvenire, comunque, in un tempo accettabile – per l’appunto «ragionevole» – idoneo a non determinare la violazione di tale principio di rilevanza costituzionale e comunque tale da non ledere il legittimo affidamento che giocoforza si è determinato in capo al privato in mancanza di tempestivi provvedimenti.

Né, nel caso di specie, può parlarsi di carenza di effetti ab origine della DIA poiché essa conteneva la documentazione minima necessaria; quanto alle difformità di ordine sostanziale – peraltro non del tutto nitide – evidenziate in sede di autotutela, la relativa rilevanza ai fini degli effetti dell’efficacia della DIA era esclusa dalla previsione del potere di cui all’art. 23, comma 6, d.P.R. n. 380 del 2001 e dal termine perentorio ivi contemplato, non rispettato dall’Amministrazione.

È stato condivisibilmente evidenziato che l’articolo 21-nonies, in definitiva, contempla, oggi due categorie di provvedimenti – differenziabili in ragione dell'uso della disgiuntiva "o" – che consentono all'Amministrazione di esercitare il potere di annullamento d'ufficio oltre il termine di diciotto mesi dalla loro adozione, a seconda che siano, appunto, conseguenti a false rappresentazioni dei fatti o a dichiarazioni sostitutive false.

La ratio dell’illustrato comma 2-bis, infatti, risiede nell’esigenza che il dies a quo di decorrenza del termine per l’esercizio dell’autotutela debba essere individuato nel momento della scoperta, da parte dell’amministrazione, dei fatti e delle circostanze posti a fondamento dell’atto di ritiro (cfr. Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, n. 8 del 17 ottobre 2017, riferita peraltro al concetto di termine “ragionevole”, in quanto involgente una fattispecie concreta venuta in essere prima della riforma).

La “scoperta” sopravvenuta all’adozione del provvedimento di primo grado deve tradursi in una impossibilità di conoscere fatti e circostanze rilevanti imputabile al soggetto che ha beneficiato del rilascio del titolo edilizio, non potendo la negligenza dell’Amministrazione procedente tradursi in un vantaggio per la stessa, che potrebbe continuamente differire il termine di decorrenza dell’esercizio del potere.

In sostanza, il differimento del termine iniziale per l’esercizio dell’autotutela deve essere determinato dall’impossibilità per l’Amministrazione, a causa del comportamento dell’istante, di svolgere un compiuto accertamento sulla spettanza del bene della vita nell’ambito della fase istruttoria del procedimento di primo grado.

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