Ante ’67, cambio di destinazione d'uso, carico urbanistico ed edilizia libera: chiarimenti dal Consiglio di Stato
Palazzo Spada riporta in un'interessante sentenza alcuni principi fondamentali per valutare la legittimità (o meno) di manufatti e interventi edilizi
Realizzazione soppalco: attività edilizia minore o nuova costruzione?
L’originario piano terra del fabbricato è stato suddiviso in due livelli comunicanti destinati ad abitazione, mediante realizzazione, dopo il 1967, di un piano ammezzato, attraverso la costruzione di un solaio intermedio raggiungibile con una scala. Il tutto in un'area ricadente in zona RUA – Recupero Urbanistico - Edilizio e Restauro Paesistico –Ambientale, che, vieta qualsiasi intervento che comporti incremento dei volumi esistenti.
Spiega il Consiglio che considerato che la normativa vigente nel territorio non consente aumento dei carichi urbanistici (che inevitabilmente comporta la realizzazione di nuova superficie residenziale) e, inoltre, vieta agli strumenti urbanistici generali ed attuativi di consentire nuova edificazione a scopo residenziale, il Comune ha contestato legittimamente la realizzazione dell’ammezzato.
Nel caso di specie, la realizzazione di un piano ammezzato utilizzato ad abitazione ha comportato la creazione di nuovi volumi e superfici (precisamente, l’aumento della superficie utile abitabile), da ricondurre agli ‘interventi di nuova costruzione', ex art. 3, co. 1, lett. e) d.P.R. n. 380/2001, necessariamente implicanti una trasformazione edilizia e urbanistica del territorio, presupponente il rilascio del permesso di costruire.
Ricordano i giudici di Palazzo Spada che, in tema di soppalco, ovvero di spazio aggiuntivo che si ricava all'interno di un locale tramite l’interposizione di un solaio, va apprezzata caso per caso la riconducibilità nell'ambito degli interventi edilizi minori, che è condizionata alla circostanza che il manufatto sia tale da non incrementare la superficie dell'immobile, ad esempio quando lo spazio realizzato mediante il soppalco consista in un vano chiuso, senza finestre o luci, di altezza interna modesta, tale da renderlo non fruibile alle persone, come un ripostiglio, che in tal caso inquadra l’intervento nell’edilizia libera.
Invece, secondo la consolidata giurisprudenza, è necessario il permesso di costruire quando il soppalco:
- sia di dimensioni non modeste
- comporti una sostanziale ristrutturazione dell'immobile preesistente, con incremento delle superfici dell'immobile e, in prospettiva, ulteriore carico urbanistico.
La realizzazione di un soppalco come quello in esame, funzionale a creare volumi calpestabili e abitabili, implica ulteriori utilità per i locali abitativi, formando parte funzionalmente integrante dell'abitazione stessa, ed incrementando evidentemente la superficie dello stabile, con conseguente necessità del permesso di costruire.
Stessa sorte per i 5 vani finestra realizzati per dare luce ed aria agli ambienti realizzati al piano ammezzato: essi implicano la realizzazione ex novo di un sistema aero-illuminante necessario a dare luce ed aria al livello ammezzato edificato, senza titolo, rispetto al fabbricato originario. I vani finestra realizzati dunque, devono considerarsi un unico sistema edilizio unitamente al nuovo piano ammezzato, così come la scala, funzionale ad accedervi.
Fiscalizzazione abusi edilizi: non sempre è consentita
Non solo: non è possibile applicare a priori la sanzione pecuniaria in sostituzione del ripristino dello stato dei luoghi (c.d. fiscalizzazione dell'abuso), atteso che essa va disposta solo a seguito della valutazione dell'impossibilità di demolire le opere abusive, che deve essere effettuata nella fase esecutiva del provvedimento di demolizione, successiva ed autonoma rispetto all'ingiunzione stessa.
L’art. 34 del d.P.R. n. 380/2001 ha infatti valore eccezionale e derogatorio, e di conseguenza non è l'Amministrazione a dover valutare, prima di emettere l'ordine di demolizione dell'abuso, se essa possa essere applicata, piuttosto incombendo sul privato interessato la dimostrazione, in modo rigoroso e nella fase esecutiva, della obiettiva impossibilità di ottemperare all'ordine stesso senza pregiudizio per la parte conforme.
Gli abusi edilizi vanno considerati nella loro unitarietà
Trova inoltre applicazione il pacifico principio giurisprudenziale secondo il quale la valutazione dell'opera, ai fini della individuazione del regime abilitativo applicabile, deve riguardare il risultato dell'attività edificatoria nella sua unitarietà, non potendosi considerare separatamente i singoli componenti, al fine di evitare elusioni del regime dei titoli abilitativi edilizi attraverso la suddivisione artificiosa dell'attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più blando, per la loro più modesta incisività sull'assetto territoriale.
Alla stregua di tale principio, ove la parte avesse realizzato aperture o allargamenti di finestre, esse sono funzionali a tale disegno e non possono essere spezzettate per essere ricondotte ai vari regimi abilitativi.
Trova quindi applicazione, nel caso in questione, il principio secondo il quale la valutazione dell'abuso edilizio presuppone una visione complessiva e non atomistica delle opere realizzate; né è data la possibilità di scomporne una parte per negare l'assoggettabilità ad una determinata sanzione, in quanto il pregiudizio arrecato al regolare assetto del territorio deriva non da ciascun intervento a sé stante bensì dall'insieme delle opere nel loro contestuale impatto edilizio e nelle reciproche interazioni; rimanendo quindi irrilevante il frazionamento dei singoli interventi avulsi dalla loro incidenza sul contesto immobiliare unitariamente considerato.
Documenti Allegati
SentenzaINDICE
IL NOTIZIOMETRO