Appalti di lavori di restauro beni culturali: no al cumulo alla rinfusa

Per assicurare una effettiva e adeguata tutela al bene culturale oggetto di intervento, chiunque esegua i lavori deve essere dotato in proprio di qualificazione specialistica

di Redazione tecnica - 06/06/2024

Nell'esecuzione dei contratti aventi ad oggetto beni culturali, la consorziata esecutrice al 100% dei lavori deve essere in possesso del requisito richiesto per l'esecuzione, restando irrilevante la circostanza che il concorrente sia un consorzio stabile o un consorzio di cooperative.

Questo perché trattandosi di beni culturali, trova applicazione la relativa disciplina di settore, dettata dagli artt. 132-134 e dall’All. II. 18 del d.Lgs. n. 36/2023 (Codice dei Contratti Pubblici), derogatoria rispetto ai principî generali in ordine alla qualificazione degli operatori economici, in quanto diretta a garantire che soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica esegua i lavori relativi a tali beni, in modo da assicurarne la loro effettiva e adeguata tutela.

Appalti di lavori su beni culturali: l'esecutrice deve possedere requisiti in proprio

Sono questi i presupposti su cui il TAR Toscana, con la sentenza del 4 giugno 2024, n. 682, ha annullato il provvedimento di aggiudicazione in favore di un consorzio, accogliendo il ricorso del secondo classificato, nell’ambito di una procedura di affidamento di lavori di restauro e conservazione di un edificio storico.

Nello specifico, la lex specialis richiedeva:

  • la qualificazione nella categoria OG2, clasifica IV, trattandosi di lavori di restauro di beni sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali;
  • in caso di partecipazione di Consorzi di società cooperative di produzione e lavoro o di Consorzi Stabili (di cui all’art. 65, comma 2, lett. “b”, “c” e “d”, D. Lgs. n. 36/2023) e trattandosi, appunto, di beni culturali, che i requisiti di capacità economica e finanziaria, nonché tecnica e professionale fossero posseduti direttamente dalla singola impresa consorziata, eventualmente designata per l’esecuzione;
  • lo stesso Disciplinare vietava il cd. cumulo alla rinfusa, prescrivendo che “l’operatore che esegue i lavori deve essere dotato in proprio di una qualificazione specialistica, al fine di assicurare una effettiva e adeguata tutela al bene culturale oggetto di intervento”.

Questi requisiti erano richiesti a pena di esclusione dalla procedura di gara, “Tenuto conto, infatti, della particolare specificità del settore dei beni culturali, caratterizzati da una particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, (…) con una compressione del principio di concorrenzialità allorquando la stessa sia sorretta da “giustificati motivi” - e in aderenza a quanto operativamente previsto dall’articolo 9, co. 4, dell’Allegato II.18 al Codice dei Contratti, si applica per l’appalto di specie il regime speciale dei beni culturali di qualificazione “in proprio” e il c.d. divieto di cumulo alla rinfusa. Pertanto, l’operatore che esegue i lavori deve essere dotato in proprio di una qualificazione specialistica, al fine di assicurare una effettiva e adeguata tutela al bene culturale oggetto di intervento”.

Finalità della disciplina è quella di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati, a prescindere dall’esistenza di un soggetto che se ne assuma la responsabilità nei confronti dell’Amministrazione. Si tratta di un profilo che attiene alla funzione di tutela dei beni culturali, che giustifica, sul piano della comparazione dei valori, anche una limitazione della regola della concorrenzialità, con il suo portato del favor partecipationis.

Lavori di restauro di beni culturali: la disciplina derogatoria del Codice dei Contratti

Dopo l’aggiudicazione, la seconda classificata ha presentato ricorso in quanto:

  • l’aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso in quanto in possesso della qualificazione nella categoria OG2 ma in una classifica inferiore a quella richiesta dalla lex specialis
  • la ricorrente, in possesso della classifica III bis, con l’incremento premiale del 20%, avrebbe potuto esegure i lavori per la classifica IV richiesta;
  • nel caso di specie, trattandosi di beni culturali, troverebbe applicazione la relativa disciplina di settore, dettata dagli artt. 132-134 e dall’All. II. 18 del D.Lgs. n. 36/2023;
  • tale disciplina è derogatoria rispetto ai principî generali in ordine alla qualificazione degli operatori economici, in quanto diretta a garantire che soltanto l’operatore dotato di una qualificazione specialistica esegua i lavori relativi a tali beni, in modo da assicurarne la loro effettiva e adeguata tutela;
  • l’art. 133 D. Lgs. n. 36/2023 demanda all’All. II.18 la disciplina derogatoria concernente “i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori” e l’art. 9, comma 4, dell’All. II.18 D. Lgs. n. 36/2023 specifica che, ai fini della qualificazione dell’operatore economico, possono essere utilizzati soltanto i lavori “effettivamente eseguiti dall'impresa, anche se eseguiti in qualità di impresa subappaltatrice. L'impresa appaltatrice non può utilizzare ai fini della qualificazione i lavori affidati in subappalto”.

Nel prevedere che i lavori eseguiti da un operatore possano essere utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti, la norma stabilisce un legame imprescindibile tra la reale esecuzione dei lavori e la necessaria qualificazione, per cui solo l'operatore effettivamente qualificato per lavori di specifica categoria e importo è autorizzato a eseguirli.

Questa conclusione non trova eccezione o smentita nel caso in cui l’operatore economico partecipante assuma la veste di un consorzio non necessario e, segnatamente, come nel caso di specie, di un consorzio tra società cooperative ex art. 65, comma 1, lett. “b”, D.Lgs. n. 36/2023, in quanto prevale in ogni caso la disciplina speciale per i beni culturali e non può quindi trovare applicazione il meccanismo del “cumulo alla rinfusa”, disciplina a cui la SA si è autovincolata nella lex specialis.

La sentenza del TAR

Nel valutare la questione il Collegio toscano ha osservato che l’oggetto del contendere si riduce a come interpretare la lex specialis di gara che:

  • secondo la ricorrente, avrebbe imposto il possesso della classifica IV anche alla ditta esecutrice dei lavori al 100%;
  • secondo il consorzio controinteressato, avrebbe imposto il possesso della classifica IV solo al titolare di classifica superiore e non anche alla consorziata esecutrice.

Spiega il TAR che dal testo della norma di gara emerge chiaramente che chiunque esegua i lavori “deve essere dotato in proprio di una qualificazione specialistica, al fine di assicurare una effettiva e adeguata tutela al bene culturale oggetto di intervento”.

Il disciplinare infatti afferma chiaramente che la finalità di richiedere la classifica IV “è quella di evitare che l’intervento sui beni culturali sia effettuato da soggetti non qualificati, a prescindere dall’esistenza di un soggetto che se ne assuma la responsabilità nei confronti dell’Amministrazione”.

Ne consegue che il consorzio aggiudicatario avrebbe dovuto essere escluso dalla gara perché la consorziata indicata come esecutrice dei lavori al 100%, era in possesso della classifica III-bis, inferiore a quella (IV) richiesta dagli atti di gara, senza applicazione del c.d. “cumulo alla rinfusa”, come previsto dalla disciplina speciale per lavori su beni culturali.

Il ricorso è stato quindi accolto, con annullamento del provvedimento di aggiudicazione.

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