Appalti di servizi: no di ANAC a fatture a 120 giorni
Le disposizioni sui termini di pagamento sono imperative e inderogabili ed eventuali difformità possono essere eterointegrate con la normativa di riferimento
Una stazione appaltante non può indicare nel contratto di un appalto di servizi l’intenzione di pagare le fatture a 120 giorni e non a 30, come previsto dalla normativa.
Si tratta di una norma di carattere inderogabile e che può eventualmente essere eterointegrata ex art. 1339 c.c. nel caso la SA imponga delle clausole inique e difformi dalle previsioni in materia.
Pagamento fatture per appalti di servizi: pagamento entro 30 giorni
A specificarlo è ANAC con il Parere di funzione consultiva del 10 aprile 2024, n. 4 in risposta a una richiesta di parere sulla disciplina dei termini di pagamento. La questione riguarda una procedura di gara indetta ai sensi del d.lgs. n. 50/2016 ("vecchio" Codice dei Contratti Pubblici), in relazione alla presunta illegittimità di una clausola dello schema di contratto che prevedeva il termine di pagamento delle fatture a centoventi giorni, in asserita violazione dell’articolo 4 del d.lgs. n. 231/2002.
Sul punto l'Autorità ha richiamato il quadro normativo e i relativi orientamenti interpretativi sulla disciplina dei pagamenti. Con d.lgs. n. 231/2002 si è data attuazione alla direttiva 2000/35/CE relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali e che sancisce all'art 4 che:
- 2. Salvo quanto previsto dai commi 3, 4 e 5, il periodo di
pagamento non può superare i seguenti termini:
- a) trenta giorni dalla data di ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente. Non hanno effetto sulla decorrenza del termine le richieste di integrazione o modifica formali della fattura o di altra richiesta equivalente di pagamento;
- b) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla data di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento;
- c) trenta giorni dalla data di ricevimento delle merci o dalla prestazione dei servizi, quando la data in cui il debitore riceve la fattura o la richiesta equivalente di pagamento è anteriore a quella del ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi;
- d) trenta giorni dalla data dell'accettazione o della verifica eventualmente previste dalla legge o dal contratto ai fini dell'accertamento della conformità della merce o dei servizi alle previsioni contrattuali, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta equivalente di pagamento in epoca non successiva a tale data.
- 3. Nelle transazioni commerciali tra imprese le parti possono pattuire un termine per il pagamento superiore rispetto a quello previsto dal comma 2. Termini superiori a sessanta giorni, purché non siano gravemente iniqui per il creditore ai sensi dell'articolo 7, devono essere pattuiti espressamente. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto.
- 4. Nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione le parti possono pattuire, purché in modo espresso, un termine per il pagamento superiore a quello previsto dal comma 2, quando ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. In ogni caso i termini di cui al comma 2 non possono essere superiori a sessanta giorni. La clausola relativa al termine deve essere provata per iscritto».
Norme sui termini di pagamento sono imperative e inderogabili
La norma pone pertanto una limitazione all’autonomia contrattuale e alla derogabilità della disciplina dei termini prorogabili solo nella misura massima di giorni sessanta, nei casi in cui la natura particolare del contratto o talune sue caratteristiche ne giustifichino oggettivamente la proroga, previa approvazione per iscritto della relativa clausola contrattuale.
Pattuizioni contrattuali in violazione di tali prescrizioni sono pertanto nulle e, per effetto dell’eterointegrazione normativa, si determina l’applicazione della disciplina i cui all’articolo 4 del d.lgs. 231/2002.
Si tratta di norme imperative, applicabili anche alle pubbliche amministrazioni, che non sono derogabili mediante la tacita accettazione delle condizioni difformi con la presentazione di una offerta in una gara pubblica di appalto. Conseguentemente, sono inique le clausole di un bando di gara che prevedono il pagamento del corrispettivo a 60 giorni dal ricevimento della fattura, anziché ai 30 giorni, previsti dall’art. 4 del D.Lgs. n. 231/2002, ovvero la decorrenza degli interessi moratori dal 180° giorno anziché dal 30° giorno successivo alla scadenza del termine di pagamento, previsto dal citato art. 4, ovvero ancora il saggio di interesse dell’1% anziché dell’8% previsto dall’art. 5 del medesimo decreto legislativo».
Alla luce di tale consolidato orientamento interpretativo, pertanto, sono da ritenersi illegittimi la lettera d’invito ed il capitolato normativo nella parte in cui impongono, a pena di esclusione, l’accettazione della clausola che prevede il pagamento entro 120 giorni decorrenti dalla data di ricevimento della fattura.
Le stazioni appaltanti non possono inserire autoritativamente nei bandi di gara clausole che prevedano il pagamento entro un termine superiore a quello fissato dall’art. 4 del d.lgs. n. 231 del 2002 ovvero una misura degli interessi di mora difforme da quella ex art. 5 del decreto, cui può soltanto derogarsi a seguito di libera negoziazione tra le parti interessate, né la partecipazione ad una procedura di gara può mai valere come accettazione tacita di condizioni di pagamento più sfavorevoli di quelle predeterminate ex lege; devono considerarsi inique le clausole di un bando di gara con cui la stazione appaltante stabilisca unilateralmente un termine di pagamento ed una decorrenza degli interessi moratori difformi da quelli stabiliti dall’art. 4 del suddetto decreto, nonché un saggio d’interesse diverso da quello previsto dall’art. 5 del decreto.
Termini di pagamento: le previsioni del Codice dei Contratti
Inoltre la nuova formulazione dell’articolo 113-bis, ad esito della Legge Europea 2018, che impone l’effettuazione dei pagamenti entro trenta giorni dal certificato di pagamento, dispone: «“1. I pagamenti relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono effettuati nel termine di trenta giorni decorrenti dall’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. I certificati di pagamento relativi agli acconti del corrispettivo di appalto sono emessi contestualmente all’adozione di ogni stato di avanzamento dei lavori e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dall’adozione degli stessi. 2. All’esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, e comunque entro un termine non superiore a sette giorni dagli stessi, il responsabile unico del procedimento rilascia il certificato di pagamento ai fini dell’emissione della fattura da parte dell’appaltatore; il relativo pagamento è effettuato nel termine di trenta giorni decorrenti dal suddetto esito positivo del collaudo o della verifica di conformità, salvo che sia espressamente concordato nel contratto un diverso termine, comunque non superiore a sessanta giorni e purché ciò sia oggettivamente giustificato dalla natura particolare del contratto o da talune sue caratteristiche. Il certificato di pagamento non costituisce presunzione di accettazione dell’opera, ai sensi dell’articolo 1666, secondo comma, del Codice civile. 3. Resta fermo quanto previsto all’articolo 4, comma 6, del decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231».
Appare evidente che la ratio che sottende la disposizione di cui all’articolo 113-bis sia la stessa dell’articolo 4 del d.lgs. n. 231/2002, volta dunque a tutelare l’operatore economico e a limitare l’autonomia contrattuale della stazione appaltante.
La norma difforme può essere eterointegrata
Dal carattere inderogabile della disposizione discende il potere di eterointegrazione della norma stessa, che trova applicazione anche nel caso in cui la lex specialis di gara sia silente o preveda clausole difformi, che devono ritenersi sostituite di diritto ex articolo 1339 c.c.
Come noto, infatti, «il meccanismo sostitutivo ex articolo 1339 c.c. riesce ad operare solo in presenza di norme imperative recanti una rigida predeterminazione dell’elemento destinato a sostituirsi alla clausola difforme. Viceversa, esso non trova applicazione laddove siano comunque affidati alle parti la quantificazione e l’esatto corrispettivo, nonché il metodo e la concreta manifestazione dell’elemento in questione».
Ne consegue che in questo caso la disciplina di possa considerarsi eterointegrata processo attraverso cui, conclude ANAC, il riferimento ai “centoventi giorni” di pagamento deve essere inteso quale “trenta giorni” ai sensi dell’articolo 113-bis del d.lgs. n. 50/2016.
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