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Autorizzazione paesaggistica: ok a silenzio assenso in caso di inerzia della PA

Il silenzio dell’Amministrazione che rimanga inerte è equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo

di Redazione tecnica - 23/09/2024

Il parere della Soprintendenza per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, reso tardivamente nell’ambito di una conferenza di servizi, è da considerarsi tamquam non esset, essendo intervenuto il silenzio assenso previsto dall'art. 17-bis della legge n. 241/1990.

La norma disciplina gli effetti del silenzio e dell'inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche, nel caso in cui l'amministrazione procedente deve acquisire, su uno schema o proposta di provvedimento l’assenso, concerto o nulla osta, comunque denominati, di altre amministrazioni pubbliche queste devono comunicare la propria determinazione entro un termine tassativo, decorso inutilmente il quale si forma ope legis il silenzio assenso.

Ne deriva che, su un’istanza di parere di compatibilità paesaggistica presentata da un Comune ben 6 anni prima, e su cui la Soprintendenza non ha dato riscontro entro il termine tassativo di 90 giorni, si intende perfezionato il silenzio assenso.

Autorizzazione paesaggistica: quando si forma il silenzio assenso?

A spiegarlo è il TAR Sicilia con la sentenza del 6 settembre 2024, n. 2506, accogliendo parzialmente il ricorso contro il rigetto della richiesta di installazione di impianti pubblicitari in area sottoposta a vincolo paesaggistico e il parere contrario della Soprintendenza, conosciuto soltanto tramite il rigetto comunicato dal Comune.

Secondo il ricorrente il diniego sarebbe stato illegittimo anche per violazione del termine di cui all’art. 146 del d.lgs. n. 42/2004 (Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio) entro il quale l’amministrazione poteva far pervenire la propria determinazione.

Ha pertanto chiesto l’annullamento del provvedimento di diniego della Soprintendenza e l’accertamento dell’intervenuto rilascio dell’autorizzazione da parte del Comune.

Il TAR ha dato ragione al ricorrente: la tardiva adozione del provvedimento di diniego ha determinato la formazione del silenzio-assenso sull’istanza dell’impresa ricorrente, ai sensi dell’art. 17-bis della legge 241/90, che disciplina degli effetti del silenzio e dell'inerzia nei rapporti tra amministrazioni pubbliche, disponendo che nei casi in cui l'amministrazione procedente deve acquisire, su uno schema o proposta di provvedimento l’assenso, concerto o nulla osta, comunque denominati, di altre amministrazioni pubbliche queste devono comunicare la propria determinazione entro un termine tassativo, decorso inutilmente il quale si forma ope legis il silenzio assenso.

Rapporti tra PA: l’evoluzione del silenzio assenso per le autorizzazioni paesaggistiche

Prima del 2015, l’articolo 146, d.lgs. 42 del 2004 prefigurava per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica il diverso meccanismo del silenzio devolutivo, disponendo che, decorso inutilmente il termine senza che la soprintendenza avesse comunicato il parere, il Comune aveva il dovere funzionale di decidere da solo. Il potere della Soprintendenza di esprimere il suo parere non si consumava automaticamente allo scadere del termine di 45 giorni, ma solo nel momento in cui il comune chiudeva il procedimento, ragion per cui il parere ministeriale “tardivo” non era né nullo, né annullabile, ma perdeva solo la sua efficacia vincolante, degradando a mero parere obbligatorio.

Il quadro normativo è radicalmente mutato con la riforma Madia, che ha esteso il silenzio assenso orizzontale tra pubbliche amministrazioni di cui all’art. 17-bis anche al caso in cui l’atto di assenso provenga da un’amministrazione preposta alla cura di interessi sensibili.

Secondo l’univoca interpretazione che ne ha dato la giurisprudenza amministrativa, “l’art. 17-bis riveste nei rapporti tra amministrazioni pubbliche una portata generale analoga a quella del nuovo articolo 21-nonies nei rapporti tra amministrazioni e privati”. Al riguardo, si “ritiene si possa parlare di un ‘nuovo paradigma’: in tutti i casi in cui il procedimento amministrativo è destinato a concludersi con una decisione ‘pluristrutturata’, nel senso che la decisione finale da parte dell’Amministrazione procedente richiede per legge l’assenso vincolante di un’altra Amministrazione, il silenzio dell’Amministrazione interpellata, che rimanga inerte non esternando alcuna volontà, non ha più l’effetto di precludere l’adozione del provvedimento finale ma è, al contrario, equiparato ope legis a un atto di assenso e consente all’Amministrazione procedente l’adozione del provvedimento conclusivo”.

La portata generale di tale nuovo paradigma ha indotto la giurisprudenza ad accedere ad un’interpretazione estensiva dell’istituto, il cui meccanismo è stato esteso anche al procedimento teso al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.

Il parere della Soprintendenza è: “espressione di una cogestione attiva del vincolo paesaggistico. A tali pareri si applicherebbe pertanto l’art. 17-bis della legge n. 241/1990, diversamente che ai pareri consultivi (non vincolanti), che restano assoggettati alla disciplina di cui agli artt. 16 e 17.  Dunque, la formulazione testuale del comma 3 dell’art. 17-bis consente di estendere il meccanismo del silenzio assenso anche ai procedimenti di competenza di amministrazioni preposte alla tutela di interessi sensibili, ivi compresi i beni culturali di modo che, scaduto il termine fissato dalla normativa di settore, vale la regola generale del silenzio assenso".

Di conseguenza il parere della Soprintendenza per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica reso tardivamente nell’ambito di una conferenza di servizi è da considerarsi tamquam non esset.

Applicando i principi al caso in esame, è chiaro che si era formato il silenzio assenso della Soprintendenza, considerato che il parere è stato trasmesso a distanza quasi sei anni dalla richiesta e dunque ben oltre il prescritto termine di 90 giorni.

Comunicazioni tra amministrazioni: il CAD non impone l'uso della PEC

Né la Soprintendenza poteva invocare l’inidoneità della richiesta trasmessa dal Comune a dare avvio al decorso del termine per il rilascio del parere, perché inviata ad indirizzo di posta elettronica non certificata di un’unità operativa successivamente soppressa.

Ciò che rileva, infatti, è che la comunicazione sia stata inviata ad un indirizzo riferibile all’Ufficio, considerato che nessuna norma impone l’utilizzo della posta certificata per le comunicazioni tra pubbliche amministrazioni, come desumibile dagli artt. 47 e 48 del Codice dell’amministrazione digitale, mentre la successiva soppressione dell’unità operativa costituisce un fattore organizzativo interno rientrante nell’esclusiva sfera di dominio del destinatario. Ad ogni modo, la richiesta era stata trasmessa nuovamente nel 2019, di modo che il silenzio assenso era in ogni caso maturato al momento della trasmissione del parere.

La tardività del dissenso reso dalla Soprintendenza ha pertanto determinato la formazione del silenzio assenso "orizzontale" di cui all’art. 17-bis, della l. n. 241/1990.

Il parere di compatibilità non coincide con l'autorizzazione all'intevento

In ogni caso, conclude il TAR in parziale accoglimento del ricorso, il tacito assenso della Soprintendenza non si estende alle autonome valutazioni dell’amministrazione comunale, che conserva il potere di valutare la compatibilità dell’intervento in relazione ai profili di propria competenza, non coperti dal silenzio.

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